Nebitype

Le linotype che si usavano nel Novecento per la composiziona a caldo dei testi da stampare erano compatibili soltanto con caratteri di piccole dimensioni. Ad esempio la Model 4 poteva montare caratteri da corpo 5 a corpo 14 punti.

Inizialmente quindi sui quotidiani, mentre gli articoli venivano composti con la linotype, i titoli dovevano essere composti a mano, pescando una lettera alla volta dagli appositi scompartimenti di una cassa di caratteri.

Il rischio era quello di restare senza lettere disponibili, avendole utilizzate tutte.

Vennero così inventate delle macchine titolatrici, che si basavano sullo stesso principio delle linotype: il testo veniva composto usando le matrici, dopodiché su queste veniva pompato del piombo fuso che si solidificava, ottenendo la riga di testo col titolo da mettere insieme con l’articolo all’interno della pressa. Le stesse matrici potevano quindi essere riutilizzate per comporre altri titoli.

A differenza della linotype però qui mancava un elemento fondamentale: la tastiera. Le parole non venivano composte digitando sui tasti, bensì prendendo a mano le matrici, una alla volta, dagli appositi scompartimenti della cassa.

La più famosa macchina titolatrice credo che sia la Ludlow.

Trattandosi di un ammasso di leve e ingranaggi, era facile studiarne il funzionamento e costruire qualcosa di simile. Per cui altre aziende avevano iniziato a produrre delle alternative.

Una di questa si chiama Nebitype, ed era prodotta in Italia, a Torino, dall’industria Nebiolo, che era un colosso nel settore.

Il sito Lombardia Beni Culturali dedica una pagina a questa macchina, mostrando un paio di fotografie dell’esemplare che si trova esposto al Museo della Stampa e della Stampa d’Arte di Lodi.

Il sito dice che la macchina era in grado di produrre caratteri di dimensioni tra i 16 e i 48 punti tipografici.

Manca però un’informazione fondamentale: l’anno di fabbricazione.

Il sito inglese Metal Type riporta la storia di come è stata restaurata una Nebitype che si trova addirittura a Stratford, Nuova Zelanda, donata dal Museo della Stampa di Wellington, in pratica dall’altra parte del mondo.

Una delle principali difficoltà per i restauratori è stata quella di trovare i manuali per la macchina. Quelli che sono riusciti a trovare si riferivano a un modello successivo, leggermente diverso.

“Dalle storie aneddotiche che circolano sulle pagine web in giro per il mondo dubito molto che esista un altro modello funzionante di questa Nebitype in qualsiasi altro posto”, scrive il sito.

L’autore dell’articolo “crede” che la macchina è stata fabbricata negli anni Cinquanta.

La macchina poteva essere adattata per funzionare con le matrici progettate per la Ludlow. Senza adattamento si otteneva uno “splash”, dice il sito. Immagino che il piombo fuso usciva da al di fuori dello stampo in maniera imprevista.

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