290 tipi di carattere?!?

Nel video “Gutenberg e i caratteri mobili” caricato su Youtube da Pane & Grafica si dice che Gutenberg riuscì, entrando in società con Fust, ad acquistare il materiale per la produzione di “290 tipi di caratteri”.

L’informazione mi pare un po’ strana. Cerco conferma su Wikipedia e viene fuori che l’articolo in italiano dice esplicitamente che “furono fusi 290 tipi di carattere”.

Nella versione inglese del sito il numero 290 non compare mai.

Cerco conferme con Google e il primo sito che viene fuori è quello di Rogiosi Editore, che scrive: “Con quanti caratteri è stata stampata la Bibbia di Gutenberg, il primo libro della storia? 290!”.

Tutto qui. Molto sensazionalismo, e poche informazioni.

Stesso discorso per un altro dei risultati in evidenza, tratto dal sito Mangialibri: “XV secolo. 3000 lettere al giorno ad opera di un singolo lavoratore, complessi e multiformi sistemi di font, 290 caratteri per comporre la prima Bibbia Latina, creazione di maiuscole decorate e dimostrazioni di stampa a due colori”, sono le frasi accatastate nell’incipit. L’articolo serve solo a presentare un saggio di Jeff Jarvis, intitolato “Gutenberg il geek”.

Purtroppo internet è pieno di articoli scritti superficialmente, così come di articoli tradotti a cavolo dai traduttori automatici. A tutto questo materiale può attingere l’intelligenza artificiale, che quindi può produrre articoli nonsense, che a loro volta verranno dati in pasto ad altre intelligenze artificiali. Quello che ne può venire fuori è un ammasso di parole che descrivono situazioni senza senso, o comunque notevolmente diverse rispetto alla realtà.

Prima di parlare di un argomento bisognerebbe capire di cosa si sta parlando e mettersi d’accordo sulla terminologia.

Quando si parla di tipi di carattere ci si riferisce spesso a quello in inglese si chiama typeface o font, due termini che spesso vengono usati come sinonimi ma che hanno significati diversi, anche se non tutti sono d’accordo su quali siano questi significati.

Nei moderni programmi per il desktop publishing ci sono due menù, uno che serve per selezionare il nome della famiglia, ad esempio Arial, e uno per lo stile, ad esempio Regular, Bold o Italic.

Nei software da ufficio c’è un solo menù ma con l’aggiunta di pulsanti per alcuni degli stili.

Fatto sta che se uno chiede “fammi l’esempio di un tipo di carattere”, si può rispondere “Times New Roman”, oppure “Times New Roman Regular” (o Italic), e queste risposte sono corrette, in certi contesti.

Ora: è possibile che Gutenberg, nei pochi anni che ha lavorato a stampare la Bibbia, abbia realizzato “290 tipi di caratteri”? Che ci doveva fare? Tutti questi font sono in uso nella pubblicità mentre nei libri stampati ce ne sono molti di meno, uno o due (esclusi i libri di Geronimo Stilton).

A quanto ne so, nella Bibbia di Gutenberg era in uso un solo tipo di carattere, e in una sola dimensione. Qualsiasi altro elemento, inclusi i capolettera, doveva essere aggiunto a mano.

E allora? Non si sta parlando di 290 font, ma di 290 glifi.

E che sono i glifi? Diciamo che ogni lettera dell’alfabeto è un glifo diverso. 26 lettere sono 26 glifi. Ma ogni lettera può essere maiuscola o minuscola, quindi diciamo che la A maiuscola è un glifo diverso dalla a minuscola. Inoltre in un font ci possono essere due forme diverse della stessa lettera tra le quali scegliere. Quindi ad una singola lettera possono essere associati due o più glifi diversi.

A questo possiamo aggiungere le lettere accentate o dotate di altri diacritici particolari. In tipografia una è accentata è un glifo diverso dalla e normale.

Inoltre possono esistere le legature, ovvero due lettere che si uniscono, mettendo magari in comune uno dei loro tratti. Nella tipografia moderna ad esempio si usa ancora la legatura fi, dove l’estremità superiore della f si allunga fino a diventare il puntino sulla i. Quello è un glifo composto da due lettere. E così via per quanto riguarda i numeri e i segni di interpunzione. Il punto è un glifo, i due punti sono un altro glifo (non un glifo ripetuto due volte!).

Ok. Dunque quando Gutenberg mise a punto l’unico tipo di carattere usato nella sua Bibbia, dovette realizzare circa 290 glifi, tra maiuscole, minuscole, lettere accentate e segni di interpunzione (pochi). Questo perché all’epoca si usavano molte legature tra le lettere, visto che fino a quel momento i libri venivano scritti a mano e in quel caso non c’era bisogno di uno sforzo aggiuntivo per unire una lettera all’altra, anzi, si risparmiava spazio e inchiostro.

Inoltre nel medioevo erano in uso parecchie abbreviazioni. Per scrivere tempus, ad esempio, la m non veniva scritta come lettera a parte, ma si aggiungeva un trattino (tilde) al disopra della vocale precedente. Così come per dire per si faceva un trattino sul tratto discendente della lettera p. Oppure c’era un simbolo apposta per la desinenza -us.

Per gli amanuensi tutto ciò semplificava il lavoro, ma per Gutenberg tutto ciò significò fare un grosso lavoro aggiuntivo.

E mentre oggi un type designer può fare copia e incolla del lavoro già fatto e aggiungerci il diacritico di cui ha bisogno, oppure incollare due lettere in una casella e fonderle tra di loro, all’epoca bisognava ricominciare da capo a disegnare e incidere il tutto su un nuovo punzone.

Sul sito Finaltype c’è un articolo in inglese che parla di come è stato giustificato il testo sulla Bibbia di Gutenberg. E c’è una tabella con tutti i glifi identificati nel libro, tratta da un lavoro di Gottfried Zedler del 1929.

Peccato che i glifi che si vedono non sono 290 ma 250.

In certi contesti si può usare la parola carattere per riferirsi al singolo glifo. Quindi Gutenberg avrebbe realizzato 290 caratteri, non tipi di carattere!

Con questo significato, gli inglesi usano la parola character, che è diversa dalle parole font e typeface che sono usate per identificare i tipi di carattere. 

In italiano si usa la parola carattere sia per abbreviare la locuzione tipo di carattere sia per riferirsi al singolo glifo. Insomma si può dire che il Times New Roman è un carattere (nel senso di tipo di carattere o typeface), ma anche che la lettera A è un carattere (nel senso di character). 

Ma la parola carattere è usata anche come sinonimo di battuta, ossia di ciascuna occorrenza di ciascun glifo in un testo. Insomma, Gutenberg può avere usato 290 caratteri per comporre la sua Bibbia, ma la Bibbia è un testo molto più lungo di 290 caratteri! Dovrebbe superare i 4 milioni di caratteri, se non sbaglio. 

In inglese la parola character indica anche il personaggio di un libro o di uno spettacolo teatrale.

Per cui se si trova scritto sul web che un incisore tipografico ha realizzato dei personaggi, di sicuro c’è lo zampino di qualche traduttore automatico che ha tradotto senza capire.

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