Aptos

Microsoft è un’azienda fondamentale nella storia dell’informatica. Quando il pc è diventato un prodotto di massa, nove su dieci avevano un sistema operativo Microsoft. Quindi le scelte che sono state fatte nel corso del tempo sono entrate per forza di cose nell’immaginario collettivo. I font inclusi nel sistema operativo e nelle applicazioni sono quelli che sono entrati nell’uso comune delle persone, e che sono comparsi poi qua e là nelle comunicazioni di negozi, associazioni, istituzioni.

Quando il Times New Roman era il carattere di default, era la prima cosa che veniva in mente quando si pensava alla tipografia. Ricordo un articolo di giornale che parlava di un’iniziativa dedicata a Manuzio, e nel sommario si diceva “Senza Manuzio non avremmo il Times New Roman”. Un accostamento strano, tenuto conto che tra l’uno e l’altro ci sono vari secoli di distanza. Perché mai citare il Times invece che il Garamond o il Baskerville? Perché il Times era il font di default, quello che molta gente usava non per scelta estetica, ma perché è la scelta automatica del programma.

In seguito si è passati al Calibri. Una vera e propria rivoluzione, tenuto conto che si tratta di un senza-grazie. Per secoli sono esistiti solo caratteri con grazie (oltre agli stili gotico e italico). I senza-grazie sono nati alla fine dell’Ottocento. Ma da quel momento in poi hanno ottenuto sempre più spazio, fino a diventare dominanti. Oggi non soltanto usiamo i senza grazie nella rubrica del telefono, nella sovrimpressione tv, nella messaggistica, ma anche negli articoli lunghi (siti web o Wikipedia) e perfino nella letteratura (nessuno vieta in un e-book reader di impostare il testo di certi documenti in caratteri senza grazie).

Il Calibri ha poi un aspetto caratteristico che lo distingue dagli altri senza-grazie, tipo Arial o Helvetica, con gli angoli appuntiti. È arrotondato, e quindi molto più rassicurante agli occhi di chi legge.

Ma nessuna scelta è eterna, l’evoluzione non si ferma.

Nel 2021 è uscito un post sul blog di Microsoft che annunciava cinque nuovi font commissionati apposta dall’azienda, tra i quali poteva essere scelto il nuovo font di default.

Tutti e cinque erano sans-serif, e tutti sarebbero stati comunque aggiunti al sistema operativo.

Si trattava di: Tenorite, Bierstadt, Skeena, Seaford e Grandview.

Il post riportava le parole dei disegnatori che se ne erano occupati, che raccontavano come avevano avuto l’ispirazione e quali scelte avevano fatto.

C’era chi aveva avuto indicazioni di realizzare un sans serif grottesco, come l’Helvetica, e chi invece aveva dovuto realizzare qualcosa di più umanistico, ispirandosi alle proporzioni dei serif.

Non mancava neanche qualcosa ispirato alla “classica segnaletica di strade e ferrovie tedesche”, insomma un alternativa al Din, dove nella O ci sono due tratti verticali rettilinei.

Ma quale di questi è stato scelto come font di Default?

Cerco con Google e il primo risultato che ottengo proviene dal sito del supporto Microsoft. Un breve comunicato senza data, che annuncia che il nuovo font di default di Office è... Aptos. Un font che apparentemente non fa parte della lista diffusa nel 2021.

Un paio di link ci portano a un articolo di Medium in cui viene presentato l’Aptos, successore del Calibri.

Il disegnatore che se n’è occupato è Steve Matteson, che tra l’altro ha lavorato al Segoe.

L’articolo entra nel dettaglio delle caratteristiche del font, ad esempio il modo in cui la I è stata differenziata dalla l, e delle emozioni che il disegnatore ha voluto metterci dentro.

E viene fuori che il font faceva già parte della lista dei cinque, solo che aveva un diverso nome: era il Bierstadt.

Bierstadt vuol dire Città Della Birra.

Aptos invece è una parola della lingua ohlone che significa “the people” (il popolo, la gente), ma è anche una città californiana nella contea si Santa Cruz.

L’Aptos può essere scaricato gratuitamente dal sito di Microsoft.

Lo zip contiene 28 stili diversi. Oltre ai vari pesi con relativi italici, è prevista la versione display, da usarsi in grandi dimensioni, la Narrow (stretta), la Mono (monospace) e anche la Serif (con grazie).

La pagina web non fornisce nessuna informazione sulla licenza, ma nello zip c’è una eula (accordo di licenza con l’utente finale) in cui c’è scritto chiaramente che “tu puoi installare e usare qualsiasi numero di copie del software sui tuoi dispositivi”, ma che non hai il diritto di redistribuire il software o una sua parte.

“Questo software è concesso in licenza, non è venduto”, specifica il documento. “Questo accordo ti da solo alcuni diritti a usare il software. Microsoft si riserva tutti gli altri diritti”.

Segue l’elenco di cose che non si possono fare.

Non si parla esplicitamente di modifiche, ma si dice che non si può “lavorare intorno a limitazioni tecniche del software” o “fare reverse engineering, decompilare o disassemblare il software”.

Sarebbe interessante sapere quali cause legali sono collegate con tutto ciò, quante ne sono e come vanno a finire.

Giusto per curiosità: se io “disassemblassi” il font, a che pena potrei essere condannato? In base a quale legge? Quante volte è già successo?

Ma i problemi al mondo sono ben altri, queste informazioni di solito non vengono riportate da nessuna parte.

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