Quanti caratteri ha prodotto Gutenberg?

Dice l’articolo in italiano di Wikipedia che per produrre la sua Bibbia Gutenberg “fuse 290 tipi di carattere”.

L’informazione è stata ripresa qua e là da altri blog e siti web, ma non è del tutto accurata.

Infatti con la locuzione tipo di carattere si indica un insieme di lettere dell’alfabeto, numeri, segni di interpunzione o di altro genere che si usano per comporre un testo omogeneo.

In questa accezione, la Bibbia di Gutenberg è stata realizzata usando un solo tipo di carattere, visto che tutte le lettere sono nello stesso stile e nella stessa grandezza. Infatti non ci sono lettere più grandi per i titoli, o scritte in grassetto o corsivo. Laddove si trovano i capolettera, sono stati aggiunti a mano da un amanuense, appunto perché non c’erano altri caratteri a disposizione.

Il numero 290 semmai si riferisce ai glifi che sono stati realizzati per stampare quest’opera. Incisi, non fusi. Ogni lettera maiuscola è un glifo. Le lettere minuscole sono altri glifi. Ogni lettera accentata o dotata di diacritici o segni particolari è un altro glifo. Ogni legatura, cioè unione tra due lettere diverse è un glifo. Ogni variante, cioè la stessa lettera ma di forma diversa per un motivo o per l’altro, è un altro glifo.

All’epoca di Gutenberg erano ancora in vigore molte convenzioni medievali, inventate dagli amanuensi per risparmiare spazio e inchiostro. Quindi si scriveva usando parecchie legature, e lettere e simboli speciali per abbreviare le parole. C’era un solo carattere per la desinenza -ibus, ad esempio, molto comune in latino.

Per gli amanuensi tutto ciò era una comodità, per un tipografo invece rappresentava un lavoro aggiuntivo.

Per arrivare al numero 290 bisogna contare, oltre a legature e abbreviazioni, anche le varianti che non sono né stilistiche né contestuali, ma che derivano semplicemente dalla constatazione che la stessa lettera in punti diversi della pagina ha una forma leggermente diversa, derivando evidentemente da una diversa matrice. I dettagli del lavoro di Gutenberg purtroppo non li conosciamo, perché non ci sono arrivati resoconti neanche di seconda mano. Esistono varie ipotesi discordanti su come lavorava, quali materiali utilizzava e come si è evoluta la sua attività nel corso del tempo.

Ma nella tipografia tradizionale la terminologia aveva distinzioni precise: per poter stampare la lettera prima si incideva a mano il punzone, dal punzone si otteneva la matrice, e dalla matrice si otteneva il carattere propriamente detto. In pratica, una volta stabilita la forma di una lettera, se ne dovevano produrre numerosi esemplari per poter comporre tutte le parole di una o più pagine.

A quanto si è detto, Gutenberg stampava separatamente una pagina alla volta. E aveva iniziato il lavoro appena aveva avuto a disposizione abbastanza caratteri per comporre una pagina, o meglio due.

In pratica, mentre una pagina era in fase di stampa nella pressa, soltanto un’altra pagina poteva essere in fase di composizione. Quando si erano stampate tutte le copie della prima, la seconda veniva caricata nella pressa. La prima veniva scomposta, cioè tutte le lettere venivano rimesse nei loro scompartimenti nella cassa, e potevano quindi essere utilizzate per comporre la terza pagina, mentre la seconda veniva stampata.

Potrebbe sembrare una miseria dal punto di vista delle risorse a disposizione, ma il lavoro necessario era notevole, tenuto conto che era lo stesso laboratorio che doveva occuparsi della pressa, dei caratteri, dellinchiostro, dellimpaginazione, della stampa e della rilegatura dei libri.

Sul web si può sfogliare per intero qualche copia della Bibbia di Gutenberg. Ho provato a contare i caratteri di una colonna. Sono circa 1300. E questo darebbe almeno 2600 caratteri per ciascuna pagina.
Questo implica che prima di iniziare a comporre bisognerebbe avere fabbricato diciamo tremila caratteri in metallo. E visto che ne servivano altrettanti per comporre la pagina successiva, questo ci porterebbe a seimila caratteri in dotazione alla tipografia.

Ho provato a contare ad esempio le occorrenze della lettera a in una colonna. Sono poco meno di cento, tra accentate e non accentate, escludendo le legature.

Questo significa che bisognava avere a disposizione almeno 200 copie della lettera a minuscola per ogni pagina, 400 in tutto.

In informatica la parola carattere è sinonimo di battuta. Quindi quando Office ci dice che in un documento ci sono, poniamo, mille caratteri, ha contato non soltanto le lettere, i numeri e i segni vari, ma anche gli spazi. Tutto ciò indipendentemente dalla visualizzazione. Anche se sullo schermo è visualizzata la legatura fi, questa viene contata come due caratteri, nel senso di battute, mentre si tratta di un solo glifo. Quindi per Gutenberg era un solo carattere, ossia un solo blocchetto di metallo.

Ricapitolando. Non è vero che Gutenberg ha prodotto 290 tipi di carattere per stampare la sua Bibbia. Lui ha realizzato un solo tipo di carattere, a cui non ha dato nome perché non si trattava di un prodotto commerciale. Era basato su 290 glifi, o 290 matrici, all’incirca. Ogni matrice era stata usata per produrre in serie qualche centinaio di copie della stessa lettera (caratteri in metallo). L’officina poteva avere a disposizione qualche migliaio di caratteri tipografici, ossia blocchetti in metallo, che venivano riutilizzati più volte per comporre le pagine di un’opera che si è lunga circa di 4 milioni di caratteri, nel senso di battute. Che all’epoca non si chiamavano battute, perché le tastiere coi tasti su cui battere vennero inventate solo quattro secoli dopo.

Ok. Ma quanti font ha prodotto Gutenberg nel corso della sua carriera?

Beh, questo è già un po’ più complicato da stabilire. Diciamo che la carriera conosciuta di Gutenberg è stata molto breve, visto che prima ancora di completare la stampa della Bibbia la società venne sciolta e si finì davanti al giudice per questioni economiche. Gutenberg forse continuò la sua attività altrove, ma non ci restano reperti su cui basarci.

Prima di stampare la Bibbia, Gutenberg aveva stampato opuscoli e libri scolastici.

Il primo font della storia viene chiamato dagli studiosi Donatus Kalender perché venne usato appunto per la grammatica latina di Elius Donatus e per un’appello a organizzare una crociata scritto in forma di calendario, con esortazioni ai vari principi che dovevano mobilitarsi mese per mese.

Era lo stesso stile di quello usato per la Bibbia, ma la forma di alcune lettere era leggermente diversa.

Al massimo potrebbe esistere una terza variante, ma non so dove e quando sia stata usata o individuata.

Fatto sta che i libri di Gutenberg sono stampati usando un font ciascuno, e basta. Solo alcuni anni dopo venne pubblicato un libro impaginato usando due font diversi. Tra l’uno e l’altro non cambiava lo stile, ma solo la dimensione: c’era un testo da commentare stampato più in grande mentre il commento al testo era stampato più in piccolo.

Ma quello della tipografia era un mondo completamente diverso rispetto a quello a cui siamo abituati. Erano diverse le tecnologie, ma anche i concetti di base e l’atteggiamento con cui si affrontava il lavoro.

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