Simboli per le note a piè pagina
Normalmente in editoria per indicare le note a piè pagina si usano i numeri. Esistono tuttavia anche altri sistemi che fanno uso di simboli particolari. Girando su internet ne ho trovato uno che non si vede spesso: per ogni nota viene usato un simbolo tipografico diverso, che viene ripetuto uguale sia nel richiamo che a piè pagina. Un asterisco per la nota 1, una croce per la 2, una doppia croce per la 3 e il simbolo della sezione per il 4.
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| Alcune righe di testo coi richiami alle note indicati da simboli. | 
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| Tutte le note della stessa pagina. | 
Il libro è stato stampato a Londra per la Hakluyt Society nell’anno “MDCCCLXXI”, ossia 1871.
È un sistema desueto ma non sconosciuto: Wikipedia in italiano indica altri due simboli che potevano essere utilizzati al posto dei numeri 5 e 6: la doppia barra verticale e il simbolo del paragrafo.
L’edizione inglese dell’enciclopedia presenta tutti e sei i simboli in una lista numerata, con tanto di nomi: la croce si chiama dagger, la doppia croce è la crossed dagger, seguono section sign, vertical bar e pilcrow.
In caso di necessità si può proseguire col cancelletto, la lettera greca delta maiuscola (un triangolo), la losanga, la freccia in giù ed eventualmente la manicula, ossia una manina con l’indice puntato verso il testo.
L’articolo in italiano fornisce anche i valori Unicode dei simboli appositi che si usano nei testi in arabo e in giapponese.
Sul mio libro di inglese delle superiori, oltre alle note numerate, si inseriva la traduzione delle parole più insolite usando un pallino nero. In quel caso la nota era a margine: se in una riga c’erano due o tre parole col pallino, le traduzioni a margine venivano messe una dopo l’altra, separate da una barra, quindi era facile capire a quale parola si riferisse ognuna.
Il simbolo più usato per le note ovviamente è l’asterisco, che troviamo anche nella pubblicità: quando il messaggio è troppo ottimista, di solito c’è un asterisco che rimanda a una scritta minuscola che svela quali sono le limitazioni.
Quando ci sono più note a piè pagina nella stessa pagina di un libro non si può usare lo stesso simbolo per tutte, a meno di effettuare ripetizioni. La prima nota è contrassegnata da un asterisco, la seconda da due, la terza da tre. Se devono essercene più di tre, è meglio passare ai numeri: l’occhio umano distingue al volo due asterischi da tre, ma non è in grado di distinguere otto asterischi da nove senza doverli contare col dito, e in piccole dimensioni questo può essere complicato.
Normalmente i numeri vengono aggiunti in piccolo in apice (ossia rialzati), nel testo, in certi casi anche fra parentesi tonde o quadre.
I software sono predisposti per gestire le note in automatico. In OpenOffice per inserire una nota bisogna cliccare sul menù Inserisci e poi su Nota A Piè Pagina, e l’impostazione di default è Numerazione Automatica. Questo significa che il programma sceglie automaticamente il numero della nota sulla base di quante ce ne sono nel testo che precede, ed eventualmente aggiorna anche i numeri già assegnati a quelle presenti nel testo che segue. Se mettiamo una nuova nota dopo tra la 1 e la 2, viene numerata 2 mentre la 2 diventa 3.
Tra le opzioni che è possibile impostare inserendo ciascuna nota, c’è anche la possibilità di digitare un simbolo. Ad esempio l’asterisco, o gli asterischi. In questo caso però non c’è nessun automatismo. Non si può avere in automatico la sequenza di simboli che si usavano nell’Ottocento, e nemmeno fare in modo che il programma aumenti in automatico il numero degli asterischi ad ogni nota. È l’utente che sceglie il simbolo o il numero di asterischi.
Tuttavia ci sono delle personalizzazioni possibili: basta cliccare su Strumenti e poi Note A Piè Pagina.
Qui si può scegliere di numerare le note coi numeri romani, o con la versione minuscola dei numeri romani, o con le lettere alfabetiche maiuscole, o con quelle minuscole. Ovviamente dopo la z si ricomincia dalla a. Ma c’è anche un’altra possibilità: usare più lettere dell’alfabeto contemporaneamente. Dopo la z, si riparte da aa, ab, ac e così via. In linea teorica dopo zz si ripartirebbe da aaa, ma stiamo parlando di numeri che superano il 26 al quadrato, ossia oltre la nota 676!
Di solito non c’è bisogno di arrivare ad un numero del genere, anche perché il software dà la possibilità di azzerare il conteggio per pagina o per capitolo.
Un altro pulsante permette di stabilire se si vuole che le note siano inserite nella parte inferiore della pagina corrispondente oppure tutte quante alla fine del documento.
Wikipedia spiega quali sono i casi in cui si inseriscono le note in un testo.
Nella letteratura accademica le note possono contenere riferimenti bibliografici completi relativi a un autore o un’opera citata vagamente nel testo (titolo, editore, città, anno, magari anche il numero di pagina a cui è attinta la citazione).
In alcuni libri è l’autore che aggiunge precisazioni o considerazioni alla sua trattazione, anche lunghe parecchie righe, per integrarla e approfondirla senza appesantirla o interromperne il filo logico.
Oppure è il curatore che scrive delle note per commentare e integrare il testo dell’autore.
Nella narrativa scolastica l’editore, non potendo alterare il testo dell’autore, fa aggiungere in nota i significati delle parole che gli studenti potrebbero non conoscere: yarde, sesterzi, pappafico...
Il libro ottecentesco in questione è un caso del genere: visto che nel testo vengono elencate alcune specie vegetali coltivate dagli Inca chiamandole col nome usato dai nativi, la nota spiega di cosa si tratta e fornisce il loro nome scientifico. 
 



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