Calligrafia
Un tempo ogni cosa doveva essere scritta a mano. Anche i libri.
I romani avevano varie grafie diverse per scrivere i libri: la Capitalis Quadrata, la più lussuosa e costosa, la Capitalis Rustica, più economica e pratica.
Avevano anche una corsiva, in cui la forma delle lettere è così diversa da quella a cui siamo abituati da rendere pressoché irriconoscibile il testo. Ai nostri occhi, e talvolta anche a quelli dei contemporanei.
I romani scrivevano solo con le maiuscole. All’epoca di Carlo Magno venne inventata la Minuscola Carolina, in cui alcune lettere hanno tratti ascendenti e discendenti.
Poi venne il periodo definito Gotico. Le lettere diventarono più strette e spigolose.
Quando Gutenberg mise a punto la stampa, disegnò i suoi caratteri proprio prendendo a modello le lettere gotiche, che all’epoca si chiamavano Littera Moderna, per distinguerla dall’Antiqua che era appunto quella degli antichi romani.
Manuzio, Garamond e altri puntarono sull’Antiqua, che in pratica è quella che si usa ancora oggi nei documenti stampati, insieme coi caratteri cosiddetti senza grazie (detti talvolta Etruschi).
Manuzio, mise a punto i caratteri aldini, inclinati verso destra, che in inglese vengono detti italic, italici, appunto. Il disegno è attribuito a Francesco Griffo, che lavorava per lui.
Comunque, uno dice: inventata la stampa, la gente ha smesso di scrivere. Invece no. Perché per stampare un testo ci voleva un tipografo. E non si poteva mica andare dal tipografo per stampare un accordo commerciale o diplomatico o una semplice lettera. E comunque, al tipografo bisognava consegnargli un manoscritto di qualche tipo.
Così sopravvissero varie grafie, diverse da quelle librarie. C’era la cancelleresca, a volte con tratti ascendenti lunghissimi, secondo i nostri standard (da cui discende il Lucida Calligraphy, per esempio), che veniva usata per i documenti ufficiali di stato da parte delle cancellerie (ma anche per scrivere alcuni libri); e c’era la mercantesca, usata in ambito commerciale (ma anche in alcuni libri).
All’epoca si scriveva ancora con la penna d’oca. Nell’800 venne inventato il pennino metallico, più avanti la stilografica. Il tratto si fece più fluido, la forma delle lettere si modificò di conseguenza. La l, la b, la f, acquisirono i loro occhielli.
Si poteva scrivere in tondo (con aste verticali) o in italico (aste oblique). Vennero elaborate calligrafie diverse in Francia, Germania, Inghilterra.
Esisteva la professione del calligrafo. Con un apposito corso, si potevano imparare i vari stili (tondo, in calligrafia inglese, francese, tedesca, gotica antica e moderna, lettere capitali) e trovare lavoro nelle aziende. Dove c’era parecchio da fare, dalle intestazioni a mano sui libri mastri ai testi completi dei documenti ufficiali. In stili diversi, con pennini diversi.
Non mi ero mai posto il problema che ci potessero essere discussioni sul tipo di scrittura da insegnare ai ragazzi fino a quando ho letto che c’è un dibattito per l’abolizione dell’insegnamento della corsiva inglese, in America.
I giovani trovano solo lettere stampatelle su internet, sul telefono, sui segnali stradali... a che serve la calligrafia? Insegniamo loro a fare a mano... solo le lettere stampatelle (maiuscole e minuscole).
Qualcuno si è stracciato le vesti: come faranno i giovani a leggere la dichiarazione di indipendenza americana, scritta in corsiva inglese? Eh già, perché anche se la rivoluzione contro l’Inghilterra avvenne nel 1776, in piena era tipografica, e la dichiarazione venne subito stampata in lungo e largo, a caratteri Caslon, ne vennero subito commissionate varie versioni ai calligrafi. Che hanno un fascino infinitamente superiore ad ogni testo stampato.
Già, ma tutto questo che c’entra con la tipografia? C’entra eccome, perché i font calligrafici continuano ad essere usatissimi. Si trovano sui pacchi di biscotti o sulle confezioni di detersivo, perché suggeriscono un’idea di famiglia e di morbidezza. Si trovano sulle insegne e pubblicità di gioiellerie e profumerie, perché suggeriscono un’idea di prestigio. Si trovano sulla carta intestata di certi Ministeri, in ricordo dei vecchi tempi. E si trovano sugli scuolabus o sui volantini di prodotti per la scuola. Perché alla fine è così che abbiamo imparato a scrivere: a mano. Siamo stati gli ultimi?
I romani avevano varie grafie diverse per scrivere i libri: la Capitalis Quadrata, la più lussuosa e costosa, la Capitalis Rustica, più economica e pratica.
Avevano anche una corsiva, in cui la forma delle lettere è così diversa da quella a cui siamo abituati da rendere pressoché irriconoscibile il testo. Ai nostri occhi, e talvolta anche a quelli dei contemporanei.
I romani scrivevano solo con le maiuscole. All’epoca di Carlo Magno venne inventata la Minuscola Carolina, in cui alcune lettere hanno tratti ascendenti e discendenti.
Poi venne il periodo definito Gotico. Le lettere diventarono più strette e spigolose.
Quando Gutenberg mise a punto la stampa, disegnò i suoi caratteri proprio prendendo a modello le lettere gotiche, che all’epoca si chiamavano Littera Moderna, per distinguerla dall’Antiqua che era appunto quella degli antichi romani.
Manuzio, Garamond e altri puntarono sull’Antiqua, che in pratica è quella che si usa ancora oggi nei documenti stampati, insieme coi caratteri cosiddetti senza grazie (detti talvolta Etruschi).
Manuzio, mise a punto i caratteri aldini, inclinati verso destra, che in inglese vengono detti italic, italici, appunto. Il disegno è attribuito a Francesco Griffo, che lavorava per lui.
Comunque, uno dice: inventata la stampa, la gente ha smesso di scrivere. Invece no. Perché per stampare un testo ci voleva un tipografo. E non si poteva mica andare dal tipografo per stampare un accordo commerciale o diplomatico o una semplice lettera. E comunque, al tipografo bisognava consegnargli un manoscritto di qualche tipo.
Così sopravvissero varie grafie, diverse da quelle librarie. C’era la cancelleresca, a volte con tratti ascendenti lunghissimi, secondo i nostri standard (da cui discende il Lucida Calligraphy, per esempio), che veniva usata per i documenti ufficiali di stato da parte delle cancellerie (ma anche per scrivere alcuni libri); e c’era la mercantesca, usata in ambito commerciale (ma anche in alcuni libri).
All’epoca si scriveva ancora con la penna d’oca. Nell’800 venne inventato il pennino metallico, più avanti la stilografica. Il tratto si fece più fluido, la forma delle lettere si modificò di conseguenza. La l, la b, la f, acquisirono i loro occhielli.
Si poteva scrivere in tondo (con aste verticali) o in italico (aste oblique). Vennero elaborate calligrafie diverse in Francia, Germania, Inghilterra.
Esisteva la professione del calligrafo. Con un apposito corso, si potevano imparare i vari stili (tondo, in calligrafia inglese, francese, tedesca, gotica antica e moderna, lettere capitali) e trovare lavoro nelle aziende. Dove c’era parecchio da fare, dalle intestazioni a mano sui libri mastri ai testi completi dei documenti ufficiali. In stili diversi, con pennini diversi.
Non mi ero mai posto il problema che ci potessero essere discussioni sul tipo di scrittura da insegnare ai ragazzi fino a quando ho letto che c’è un dibattito per l’abolizione dell’insegnamento della corsiva inglese, in America.
I giovani trovano solo lettere stampatelle su internet, sul telefono, sui segnali stradali... a che serve la calligrafia? Insegniamo loro a fare a mano... solo le lettere stampatelle (maiuscole e minuscole).
Qualcuno si è stracciato le vesti: come faranno i giovani a leggere la dichiarazione di indipendenza americana, scritta in corsiva inglese? Eh già, perché anche se la rivoluzione contro l’Inghilterra avvenne nel 1776, in piena era tipografica, e la dichiarazione venne subito stampata in lungo e largo, a caratteri Caslon, ne vennero subito commissionate varie versioni ai calligrafi. Che hanno un fascino infinitamente superiore ad ogni testo stampato.
Già, ma tutto questo che c’entra con la tipografia? C’entra eccome, perché i font calligrafici continuano ad essere usatissimi. Si trovano sui pacchi di biscotti o sulle confezioni di detersivo, perché suggeriscono un’idea di famiglia e di morbidezza. Si trovano sulle insegne e pubblicità di gioiellerie e profumerie, perché suggeriscono un’idea di prestigio. Si trovano sulla carta intestata di certi Ministeri, in ricordo dei vecchi tempi. E si trovano sugli scuolabus o sui volantini di prodotti per la scuola. Perché alla fine è così che abbiamo imparato a scrivere: a mano. Siamo stati gli ultimi?
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