La C senza grazie

Un tempo tutti i caratteri senza grazie mi parevano uguali. Vedevo un sans serif e dicevo: Helvetica, o roba del genere. Caratteri etruschi.
Stendiamo un velo pietoso.
Adesso invece non tollero che si dica una cosa del genere. Appena vedo un carattere sans, l’occhio cade sui qualche lettera che possa fornirmi qualche indicazione in proposito. La t ha il tetto in discesa o no? La g ha due occhielli o uno solo? Com’è fatta la l? Il puntino sulla i è quadrato o tondo?
Ma una delle mie lettere preferite è la C maiuscola.
A parte lo spessore e le proporzioni tra base e altezza (è circolare? Ha tratti rettilinei?) quello che conta è fare caso a dove puntano le estremità.
Ci sono quattro modi, per quanto ne so, di terminare una C senza grazie.
Il primo è con le estremità che si guardano in faccia l’un l’altra. Come Helvetica, o Roboto. 
Il secondo, è con le estremità ad angolo, come nel Century Gothic.
Il terzo, è con entrambe le estremità che guardano in avanti, terminano con una verticale come se avessero sbattuto su un muro. Come nel Verdana, per esempio.
E il quarto? È il più strano di tutti, e il meno usato ovviamente. Un’estremità guarda in alto, e l’altra guarda in basso. Come fa, dici? Come nell’ITC Anna. Curvatura minima.
In questo caso si può andare a guardare anche quello che fa la S. Pure lei ha una curvatura minima, e guarda in alto e in basso.
Normalmente la C e la S sono collegate, vengono disegnate secondo uno stile simile. Ma non è detto che adottino la stessa soluzione. Se la C è fatta con le estremità che si fronteggiano, non si può escludere che la S finisca ad angolo.
E lo stesso discorso vale per la G. Nell’Itc Anna, per esempio, mentre la C e la S sono tagliate in orizzontale, l’estremità superiore della G è tagliata in verticale.
L’Anna è un font molto usato per il suo stile retrò. Eppure non è antico: Identifont lo data al 1991, designer Daniel Pelavin. “Ispirato all’era Art Deco” è tutto quello che dice la descrizione.

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