Old is gold
Cercavo su internet un video che facesse vedere come funzionava la tipografia ai vecchi tempi. Ce ne sono molti noiosi, o molti che si soffermano su altri aspetti della questione. Uno di quelli che mi piacciono di più, dal punto di vista tecnico, è questo “Old is gold” pubblicato qualche tempo fa da Steampunk Tendencies su Facebook.
Purtroppo manca la musica, forse problemi di copyright, è di un silenzio spettrale. E manca qualsiasi informazione su chi sono le persone che si vedono lavorare, o anche in quale parte del mondo si trovano.
Però si vede bene il modo in cui si doveva procedere, che pare assurdo a chi oggi pensa che stampare sia un processo meccanico: si clicca su un pulsante, e da un apposito macchinario viene fuori un libro già impaginato.
All’epoca di Gutenberg invece bisognava prendere i caratteri a mano, da un’apposita cassa suddivisa in tanti scomparti, e montarli nelle varie parole usando un apposito strumento. C’è da dire che la forma delle lettere era incisa al contrario, e le righe si componevano a testa in giù. Scrive qualche utente che ha fatto il tipografo, nei commenti, che dopo un po’ si imparava a leggere un testo capovolto e all’inverso più speditamente che nel modo normale.
Poi si fissavano le righe all’interno del telaio, usando dei pezzetti di legno. Si inchiostrava il tutto con due grossi tamponi, e si metteva il tutto sotto la pressa.
Lo stampatore pigiava con un’apposita leva, in due posizioni diverse per fare in modo che la pagina venisse stampata in maniera uniforme. Poi tirava fuori il foglio e lo metteva con gli altri.
E questa era soltanto la prima parte del lavoro. I fogli dovevano essere tagliati a mano, rilegati utilizzando ago e filo, sistemati poi con martello e taglierino. Una copertina di pelle doveva essere incollata sulla parte esterna del libro, sulla quale si realizzavano delle decorazioni utilizzando del ferro caldo.
Il video è stato visualizzato un milione e trecento mila volte, ha totalizzato 17 mila likes, 25 mila condivisioni, e 900 commenti.
Chi commenta è un ex tipografo, o è figlio di un ex tipografo e ricorda i vecchi tempi, persone che non ci sono più. Oppure è gente che scopre questo mestiere per la prima volta, gente che ne è affascinata. O gente che non vorrebbe lavorare in quelle condizioni per nessun motivo al mondo.
Pochi chiedono dove e perché è stato realizzato quel filmato, e non ottengono risposta.
Alcuni cercano di capire che libro è quello che si vede nel filmato: solo il sapere come è stato fabbricato gli dà un certo fascino.
Non ottengono nulla. Ma una pagina del libro viene inquadrata dopo la stampa. Si riconoscono le parole, scritte in un inglese primitivo, e alcuni nomi in corsivo. Si può fare una ricerca su internet. Ne viene fuori che si tratta di “The Countess of Pembroke’s Arcadia", opera di un certo Philip Sidney, scritto verso la fine del sedicesimo secolo.
La pagina che si vede è tratta dal capitolo quindicesimo del libro terzo. “But in the end it hapned, that Anaxius found Amphialus (vnknowen) in a great danger, and saued his life.”
Il testo completo dell’opera si trova gratis su internet. In inglese, ovviamente.
Purtroppo manca la musica, forse problemi di copyright, è di un silenzio spettrale. E manca qualsiasi informazione su chi sono le persone che si vedono lavorare, o anche in quale parte del mondo si trovano.
Però si vede bene il modo in cui si doveva procedere, che pare assurdo a chi oggi pensa che stampare sia un processo meccanico: si clicca su un pulsante, e da un apposito macchinario viene fuori un libro già impaginato.
All’epoca di Gutenberg invece bisognava prendere i caratteri a mano, da un’apposita cassa suddivisa in tanti scomparti, e montarli nelle varie parole usando un apposito strumento. C’è da dire che la forma delle lettere era incisa al contrario, e le righe si componevano a testa in giù. Scrive qualche utente che ha fatto il tipografo, nei commenti, che dopo un po’ si imparava a leggere un testo capovolto e all’inverso più speditamente che nel modo normale.
Poi si fissavano le righe all’interno del telaio, usando dei pezzetti di legno. Si inchiostrava il tutto con due grossi tamponi, e si metteva il tutto sotto la pressa.
Lo stampatore pigiava con un’apposita leva, in due posizioni diverse per fare in modo che la pagina venisse stampata in maniera uniforme. Poi tirava fuori il foglio e lo metteva con gli altri.
E questa era soltanto la prima parte del lavoro. I fogli dovevano essere tagliati a mano, rilegati utilizzando ago e filo, sistemati poi con martello e taglierino. Una copertina di pelle doveva essere incollata sulla parte esterna del libro, sulla quale si realizzavano delle decorazioni utilizzando del ferro caldo.
Il video è stato visualizzato un milione e trecento mila volte, ha totalizzato 17 mila likes, 25 mila condivisioni, e 900 commenti.
Chi commenta è un ex tipografo, o è figlio di un ex tipografo e ricorda i vecchi tempi, persone che non ci sono più. Oppure è gente che scopre questo mestiere per la prima volta, gente che ne è affascinata. O gente che non vorrebbe lavorare in quelle condizioni per nessun motivo al mondo.
Pochi chiedono dove e perché è stato realizzato quel filmato, e non ottengono risposta.
Alcuni cercano di capire che libro è quello che si vede nel filmato: solo il sapere come è stato fabbricato gli dà un certo fascino.
Non ottengono nulla. Ma una pagina del libro viene inquadrata dopo la stampa. Si riconoscono le parole, scritte in un inglese primitivo, e alcuni nomi in corsivo. Si può fare una ricerca su internet. Ne viene fuori che si tratta di “The Countess of Pembroke’s Arcadia", opera di un certo Philip Sidney, scritto verso la fine del sedicesimo secolo.
La pagina che si vede è tratta dal capitolo quindicesimo del libro terzo. “But in the end it hapned, that Anaxius found Amphialus (vnknowen) in a great danger, and saued his life.”
Il testo completo dell’opera si trova gratis su internet. In inglese, ovviamente.
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