Telegrammi

Ho trovato vecchi telegrammi del 1976. All’epoca le telescriventi non sapevano ancora andare a capo. Tutto il testo usciva sulla stessa linea. L’impiegata doveva prendere la lunga strisciolina di carta, tagliare a mano le varie righe e incollarle sul foglio. Lo spiega in lungo e in largo questo documentario su Youtube (al minuto 9:30, in inglese, purtroppo). 
 
 
Diamo un’occhiata ai caratteri: solo lettere stampatelle, senza grazie.
La particolarità principale è lo zero. Per distinguerlo dalla O era sottolineato. Una soluzione che poi è stata abbandonata ed è caduta nel dimenticatoio. Nessuno dei font digitali ispirati a quell’epoca ha adottato questa soluzione. I computer ci hanno abituato a vedere lo zero barrato, o col punto al centro, o con un accenno di barra spezzata. Mai la sottolineatura.

1979. Il mondo è cambiato, le telescriventi sanno come si va a capo. Non c’è più bisogno di tagliare le striscioline, la stampa avviene su un foglio sottile, che comunque viene incollato all’interno di una specie di busta.
Le lettere sono maiuscole. I caratteri sono nuovi: con grazie. C’è anche la possibilità di stampare in rosso.
Lo zero però... è ancora sottolineato! Evidentemente lo facevano apposta, erano proprio convinti della scelta.
C’è anche la presenza di un carattere speciale, a forma di croce, che si mette all’inizio e alla fine di ogni messaggio (c’era anche nel ’76).



Gli ultimi telegrammi che ho trovato risalgono al 2002. Avevo paura di andarli a prendere, perché mi aspettavo di trovarci un banalissimo Courier New. E invece, sorpresa: dei caratteri a matrice di punti.



Era qualcosa che si vedeva sulle vecchie stampanti degli anni ’80, le stampanti ad aghi. A differenza di quelle che erano diffuse in precedenza, queste erano le prime a non avere al loro interno i martelletti coi caratteri. C’era una serie di aghi che battevano sul nastro inchiostrato, lasciando traccia sul foglio. Il vantaggio era che potevano stampare disegni oltre che lettere dell’alfabeto, e con alcuni accorgimenti potevano anche trasformare i caratteri in italici o raddoppiarne la larghezza.
Nulla del genere nei telegrammi, ovviamente. Ma è bello vedere la forma frastagliata delle lettere. Lo zero non è più sottolineato, né barrato, né niente. Si distingue dalla O per via della forma. La O è più quadrata, ha il tratto superiore e inferiore composto da più punti. Lo zero è più romboidale.
Ma la mia lettera preferita è quella A dalla forma così particolare, che si può spiegare solo sapendo come funziona una matrice di pixel.
Nei vecchi computer c’era una memoria molto limitata da destinare ai caratteri, con delle regole molto rigide. Per disegnare un carattere si aveva a disposizione una griglia che poteva essere di 8 per 8 (8 byte di memoria occupati per ogni carattere)
L’inclinazione del tratto non si poteva variare, a meno di appesantirlo troppo. Da un punto all'altro ci si poteva muovere in orizzontale, in verticale, o a 45 gradi.
A volte si sceglieva di fare la A a cima piatta e fianchi paralleli. Qui invece si scende a 45 gradi dalla punta fino ai bordi della griglia, e poi si va giù paralleli.

In alcuni paesi le poste hanno abolito il servizio telegrammi. In Italia ancora no. È viva la tradizione di spedire un telegramma in caso di matrimoni, funerali, nascite. Un telegramma è più concreto rispetto ad un messaggio in chat, e può essere conservato.
Non so con quali caratteri vengono scritti i telegrammi oggi, ma non mi aspetto niente di eccezionale. Spedire, ricevere, stampare messaggi scegliendo il tipo di carattere è una cosa così comune che l’aspetto grafico di un telegramma non suscita particolare interesse.

Stavo cercando le tariffe telegrafiche del passato. A quanto ne so i telegrammi si pagavano a parole, e le parole più lunghe costavano di più. Ma nessuno ha digitalizzato il tariffario. È una cosa che non interessa, purtroppo, e che è destinata a perdersi.

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