Cherokee

L’alfabeto Cherokee è stato inventato all’inizio dell’800 da un indiano di nome Sequoyah.
Narra la leggenda che all’inizio l’inventore cercò di creare un carattere per ogni parola. Passò un anno in questo tentativo, tralasciando di seminare il suo campo, tanto che i suoi amici pensarono che fosse impazzito.
Si dice anche che la moglie diede alle fiamme i suoi primi tentativi pensando che si trattasse di stregoneria.
Visto che nessun adulto voleva imparare il suo sistema, lo insegnò alla figlia. Poi, andò a cercare di convincere i vari capi indiani della riserva che il suo sistema era pratico. E visto che quelli non ci credevano, si fece dettare alcune parole e le mise per iscritto. Poi chiamò sua figlia, che le lesse così come erano state pronunciate. Fu così che i capi si convinsero, e lo autorizzarono ad insegnare il suo alfabeto ad altre persone.
Non si tratta di lettere fonetiche: ad ogni simbolo corrisponde una sillaba. Tutto l’alfabeto è di una ottantina di simboli. Per la forma, si ispirò ad alcune lettere prese a caso da un sillabario. Per cui c’è somiglianza tra i caratteri Cherokee e quelli romani, greci o russi, anche se non c’è nessuna corrispondenza a livello del suono associato a ogni lettera.
Già a partire dalla prima metà dell'Ottocento, con la collaborazione dei missionari, erano stati messi a punto dei caratteri da stampa, coi quali venne realizzato il giornale Cherokee Phoenix (che conteneva anche articoli in inglese).
La lingua Cherokee è capita, almeno in parte, da non più di 11-13 mila persone, tra Oklahoma, Carolina del nord e un po’ in Arkansas.
Il sillabario di Sequoyah è un esempio unico nel suo genere: è stato inventato da un indiano, per gli indiani, ed è stato utilizzato fin dall’inizio per mettere per iscritto idee che avevano a che fare esclusivamente con la cultura degli indiani, come per esempio le formule magiche segrete degli sciamani.
Negli anni 70 era in commercio un font per macchina da scrivere col sillabario Cherokee: bastava installare su una normale Ibm Selectric l’apposita testina rotante (la cosiddetta palla da golf). (E bisognava cambiare il disegno sui tasti...)
Negli ultimi anni la tribù ha collaborato con Google, con Apple e con varie aziende informatiche per fare in modo di rendere disponibili i caratteri nella loro lingua su vari dispositivi, computer, Iphone, cellulari Android.
I parlanti sono pochi, 8 mila, forse, e in gran parte hanno più di cinquant’anni. Se i giovani non trovano i caratteri sui loro cellulari, e nei corsi a scuola come seconda lingua, il Cherokee scomparirà ancora più rapidamente. Di recente sono stati pure tagliati i fondi all’apposito dipartimento. Dice Wikipedia che la lingua Cherokee è una delle più difficile da imparare, per chi parla inglese. Il 75 per cento del linguaggio è costituito da verbi, mentre in inglese la percentuale è il 25. Ogni verbo contiene un prefisso pronominale, una radice, un suffisso d’aspetto e un suffisso modale.
Che c’entriamo noi con tutto questo? Probabilmente niente. Ma se aprendo il word processor ci trovate un font col nome Plantagenet Cherokee, per esempio, andate a guardare tra i caratteri speciali da inserire. Ci sono le forme delle lettere disegnate da Sequoyah, installate di default sui nostri computer, anche se il 99 per cento della popolazione mondiale non solo non conosce la lingua Cherokee, ma nemmeno si imbatterà mai in un sito web con una sola parola in quella lingua.
A proposito del disegno delle lettere: tra gli addetti ai lavori c’è un dibattito aperto. Nei manoscritti di Sequoyah alcune lettere hanno una forma diversa rispetto ai caratteri tipografici che sono stati realizzati a partire dall’ottocento. Gli studiosi si chiedono chi e perché abbia suggerito quel cambiamento nella forma. Non che la cosa ci importi più di tanto, a dire la verità.
Comunque, se uno ha la fortuna di fare il turista da quelle parti, può farsi una foto davanti ai caratteri Cherokee: sono stati utilizzati su alcuni cartelli stradali, sull’insegna di negozi e uffici postali.
Su internet è pure interessante vedere il ritratto dell’inventore Sequoyah: con in testa uno strano turbante, la pipa in bocca, un medaglione al collo, mentre regge tra le mani una copia del suo sillabario. Non è una foto: non esistono foto di Sequoyah. Sono disegni, come quelli che appaiono sui nostri santini. A Sequoyah sono state dedicate anche alcune statue.

Commenti

Post più popolari