Il libro di Kells
Il Book of Kells è il più famoso manoscritto irlandese.
È in mostra permanente a Dublino, alla libreria del Trinity College. È particolarmente famoso per le sue decorazioni e miniature. Prende il nome dalla città di Kells, sempre in Irlanda, dove era custodito e secondo alcuni è stato anche scritto.
Le lettere sono maiuscole insulari, l’anno di creazione circa l’800 dopo Cristo. È uno dei più antichi documenti del cristianesimo sull’isola.
Ogni pagina, in pergamena, ha le dimensioni di 330 per 250 mm, adesso, dopo un restauro dell’Ottocento che le ha un po’ ridotte. La dimensione destinata al testo è di 250 per 170 mm. Ogni pagina ha tra le 16 e le diciotto linee di testo.
Non solo il manoscritto è l’attrazione per chi va a visitare Dublino. È pure in libera consultazione, in alta qualità, su internet, sul sito del Trinity College. Un sito ben fatto, nel quale è possibile saltare facilmente da una pagina all’altra, ingrandire il testo fin nei minimi dettagli o rimpicciolirlo.
Il contenuto del libro è in gran parte il testo dei vangeli in latino (un po’ nella vulgata, un po’ in un’altra traduzione).
Per farsi un’idea di come appare il testo si può andare a pagina 35r (la numerazione non è come nei libri moderni ma va per fogli. Ogni foglio ha un recto, che corrisponde alle nostre pagine dispari, e un verso, che corrisponde a quelle pari. 35R vuol dire il recto del foglio 35).
Siamo nel vangelo di Matteo, capitolo 2: “Cum ergo natus esset ihs in Bethlem / iudae in diebus Herodis regis ecce magi / ab oriente venerunt in Hierusolmam /dicentes ubi est qui natus est rex iudeo /rum vidimus enim stellam eius in oriente Venimus ad adorare eum.” (fino alla penultima riga).
Cosa ha a che vedere un manoscritto con la tipografia? È ovvio che la tipografia discende dalla scrittura a mano: i primi tipografi potevano ispirarsi solo alla calligrafia degli amanuensi. Guthenberg si ispirò ai caratteri gothici, Manuzio alla minuscola umanistica, che a sua volta discendeva dalla carolina e dalle capitali romane. Ma nessuno vieta di creare un font che imita i caratteri del libro di Kells. Come prevedibile è stato fatto. Uno si chiama Kells Sd, realizzato da Steve Deffeyes, in download gratuito su Dafont.
Per ottenere un effetto simile all’originale bisogna impostare la grandezza del carattere a corpo 26, aumentare l’interlinea almeno a 1,5, e condensare il carattere di almeno 1,8 punti. Nel medioevo le lettere erano molto più appiccicate una all’altra di quanto noi moderni consideriamo giusto.
Poi bisogna impostare il colore del testo a marroncino, metterci uno sfondo color pergamena e comunque... il risultato è deludente! Il bello del libro di Kells sono infatti i colori: ogni maiuscola è preziosamente miniata in blu, rosso, giallo, con tanti puntini intorno o nodi celtici. Nulla a che vedere col monotono inchiostro nero con cui stampiamo i nostri libri.
L’Italia è piena di manoscritti: qui c’è il Vaticano, ci sono codici in caratteri bononiensis (bolognesi), ci sono anche qui vangeli preziosi, manoscritti della Divina Commedia. Eppure... quale è il più famoso manoscritto italiano? Su quale sito si può consultare? Chi ha provato ha realizzarne i font in versione digitale?
Da notare che lo stesso autore del Kells Sd ha creato anche un Ramsey Sd, basato sul Salterio di Ramsey del decimo secolo, particolarmente ammirato da un calligrafo vittoriano.
È in mostra permanente a Dublino, alla libreria del Trinity College. È particolarmente famoso per le sue decorazioni e miniature. Prende il nome dalla città di Kells, sempre in Irlanda, dove era custodito e secondo alcuni è stato anche scritto.
Le lettere sono maiuscole insulari, l’anno di creazione circa l’800 dopo Cristo. È uno dei più antichi documenti del cristianesimo sull’isola.
Ogni pagina, in pergamena, ha le dimensioni di 330 per 250 mm, adesso, dopo un restauro dell’Ottocento che le ha un po’ ridotte. La dimensione destinata al testo è di 250 per 170 mm. Ogni pagina ha tra le 16 e le diciotto linee di testo.
Non solo il manoscritto è l’attrazione per chi va a visitare Dublino. È pure in libera consultazione, in alta qualità, su internet, sul sito del Trinity College. Un sito ben fatto, nel quale è possibile saltare facilmente da una pagina all’altra, ingrandire il testo fin nei minimi dettagli o rimpicciolirlo.
Il contenuto del libro è in gran parte il testo dei vangeli in latino (un po’ nella vulgata, un po’ in un’altra traduzione).
Per farsi un’idea di come appare il testo si può andare a pagina 35r (la numerazione non è come nei libri moderni ma va per fogli. Ogni foglio ha un recto, che corrisponde alle nostre pagine dispari, e un verso, che corrisponde a quelle pari. 35R vuol dire il recto del foglio 35).
Siamo nel vangelo di Matteo, capitolo 2: “Cum ergo natus esset ihs in Bethlem / iudae in diebus Herodis regis ecce magi / ab oriente venerunt in Hierusolmam /dicentes ubi est qui natus est rex iudeo /rum vidimus enim stellam eius in oriente Venimus ad adorare eum.” (fino alla penultima riga).
Cosa ha a che vedere un manoscritto con la tipografia? È ovvio che la tipografia discende dalla scrittura a mano: i primi tipografi potevano ispirarsi solo alla calligrafia degli amanuensi. Guthenberg si ispirò ai caratteri gothici, Manuzio alla minuscola umanistica, che a sua volta discendeva dalla carolina e dalle capitali romane. Ma nessuno vieta di creare un font che imita i caratteri del libro di Kells. Come prevedibile è stato fatto. Uno si chiama Kells Sd, realizzato da Steve Deffeyes, in download gratuito su Dafont.
Per ottenere un effetto simile all’originale bisogna impostare la grandezza del carattere a corpo 26, aumentare l’interlinea almeno a 1,5, e condensare il carattere di almeno 1,8 punti. Nel medioevo le lettere erano molto più appiccicate una all’altra di quanto noi moderni consideriamo giusto.
Poi bisogna impostare il colore del testo a marroncino, metterci uno sfondo color pergamena e comunque... il risultato è deludente! Il bello del libro di Kells sono infatti i colori: ogni maiuscola è preziosamente miniata in blu, rosso, giallo, con tanti puntini intorno o nodi celtici. Nulla a che vedere col monotono inchiostro nero con cui stampiamo i nostri libri.
L’Italia è piena di manoscritti: qui c’è il Vaticano, ci sono codici in caratteri bononiensis (bolognesi), ci sono anche qui vangeli preziosi, manoscritti della Divina Commedia. Eppure... quale è il più famoso manoscritto italiano? Su quale sito si può consultare? Chi ha provato ha realizzarne i font in versione digitale?
Da notare che lo stesso autore del Kells Sd ha creato anche un Ramsey Sd, basato sul Salterio di Ramsey del decimo secolo, particolarmente ammirato da un calligrafo vittoriano.
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