La f minuscola
La f minuscola è una lettera particolare. In alcuni font, specie quelli senza grazie, l’estremità dell’asta verticale curva tranquillamente verso destra, senza andare troppo oltre rispetto al trattino sottostante.
Ma in altri font diventa molto ingombrante, e va a sovrastare la lettera seguente. Talvolta a urtarla.
Nei caratteri digitali tutto questo non è un problema, ma in quelli di metallo bisognava studiare delle soluzioni apposite.
Prima di tutto, la parte stampante del carattere, quella in rilievo, si protendeva oltre la spalla del carattere stesso, cosa che le altre lettere di solito non facevano.
In secondo luogo, per evitare il contatto col punto della i o con l’asta della l o di un altra f, esistevano le legature. Ovvero dei caratteri su cui erano incise due o tre lettere. Per scrivere fi, il tipografo non doveva prendere la f e poi la i, ma un carattere su cui erano incise entrambe le lettere unite. Lo stesso discorso valeva per fl o ffi.
Anche quando inventarono le linotype c’erano tasti appositi con le legature in questione.
Sulla tastiera del computer le legature non ci sono. Ma i font ce le hanno. Inizialmente si poteva sostituire in automatico tutte le fi e fl di un testo per sistemarlo come sui libri, ma il risultato era un mare di sottolineature in rosso da parte del correttore automatico, perché si alterava la grammatica delle parole.
I programmi più moderni, word processor e browser, operano la sostituzione automatica solo nella visualizzazione. Scrivi f, compare la f, scrivi i, la f viene sostituita dal glifo fi, fermo restando che in memoria le due lettere sono separate.
(Il font usato da questo blog non prevede legature, visto che la f non è invadente. Quindi questo meccanismo non scatta.)
La legatura non è stata inventata solo per la f. Quando Gutenberg realizzò i primi caratteri ne dovette fare parecchie, perché era normale per gli amanuensi legare tra di loro varie lettere, in maniera che avessero dei tratti in comune. Poi sono sparite tutte, tranne quelle che riguardano la f.
Se uno non lo sa, spesso non ci fa caso. E quando uno lo viene a sapere, nota questa particolarità anche quando non vorrebbe notarla. Sta immerso in una storia e improvvisamente fa mente locale alla legatura ffi. E magari impreca contro il tizio che gli ha fatto notare questa cosa.
I caratteri con grazie sono propensi ad avere una f invadente, con qualche eccezione. Quella a cui sono più affezionato è il Romana, carattere di stampo ottocentesco. L’asta si assottiglia e si piega a destra, per poi rigonfiarsi a goccia, ma senza andare troppo oltre l’estremità destra del trattino orizzontale. C’è qualcosa di simile nel Cooper Black, anche se la forma è più esagerata, e il tratto non è così sottile.
Romana viene prodotto da Bitstream, Linotype, Urw, Tilder, Elsner+Flake.
Il prezzo varia dai 29 ai 54 euro.
Un’altra particolarità della f, in generale, è costituita dal tratto discendente. Scrivendo in bella calligrafia, diamo per scontato che la f abbia un tratto ascendente e uno discendente. Nei testi stampati invece la f non scende: si ferma sulla linea di base. Quando però la mettiamo in corsivo, ecco che acquista anche il tratto discendente. Che va ad invadere il campo al di sotto della lettera che precede.
C’era un tipografo che era particolarmente affezionato alla f corsiva del Bodoni. È come una chiave di violino, notava.
Il programma FontForge (gratuito, serve per disegnare font) ha due f minuscole corsive come logo. È vero, sono le iniziali del nome, ma perché le hanno messe minuscole corsive? Proprio per via del fascino di questa lettera particolare.
Ma in altri font diventa molto ingombrante, e va a sovrastare la lettera seguente. Talvolta a urtarla.
Nei caratteri digitali tutto questo non è un problema, ma in quelli di metallo bisognava studiare delle soluzioni apposite.
Prima di tutto, la parte stampante del carattere, quella in rilievo, si protendeva oltre la spalla del carattere stesso, cosa che le altre lettere di solito non facevano.
In secondo luogo, per evitare il contatto col punto della i o con l’asta della l o di un altra f, esistevano le legature. Ovvero dei caratteri su cui erano incise due o tre lettere. Per scrivere fi, il tipografo non doveva prendere la f e poi la i, ma un carattere su cui erano incise entrambe le lettere unite. Lo stesso discorso valeva per fl o ffi.
Anche quando inventarono le linotype c’erano tasti appositi con le legature in questione.
Sulla tastiera del computer le legature non ci sono. Ma i font ce le hanno. Inizialmente si poteva sostituire in automatico tutte le fi e fl di un testo per sistemarlo come sui libri, ma il risultato era un mare di sottolineature in rosso da parte del correttore automatico, perché si alterava la grammatica delle parole.
I programmi più moderni, word processor e browser, operano la sostituzione automatica solo nella visualizzazione. Scrivi f, compare la f, scrivi i, la f viene sostituita dal glifo fi, fermo restando che in memoria le due lettere sono separate.
(Il font usato da questo blog non prevede legature, visto che la f non è invadente. Quindi questo meccanismo non scatta.)
La legatura non è stata inventata solo per la f. Quando Gutenberg realizzò i primi caratteri ne dovette fare parecchie, perché era normale per gli amanuensi legare tra di loro varie lettere, in maniera che avessero dei tratti in comune. Poi sono sparite tutte, tranne quelle che riguardano la f.
Se uno non lo sa, spesso non ci fa caso. E quando uno lo viene a sapere, nota questa particolarità anche quando non vorrebbe notarla. Sta immerso in una storia e improvvisamente fa mente locale alla legatura ffi. E magari impreca contro il tizio che gli ha fatto notare questa cosa.
I caratteri con grazie sono propensi ad avere una f invadente, con qualche eccezione. Quella a cui sono più affezionato è il Romana, carattere di stampo ottocentesco. L’asta si assottiglia e si piega a destra, per poi rigonfiarsi a goccia, ma senza andare troppo oltre l’estremità destra del trattino orizzontale. C’è qualcosa di simile nel Cooper Black, anche se la forma è più esagerata, e il tratto non è così sottile.
Romana viene prodotto da Bitstream, Linotype, Urw, Tilder, Elsner+Flake.
Il prezzo varia dai 29 ai 54 euro.
Un’altra particolarità della f, in generale, è costituita dal tratto discendente. Scrivendo in bella calligrafia, diamo per scontato che la f abbia un tratto ascendente e uno discendente. Nei testi stampati invece la f non scende: si ferma sulla linea di base. Quando però la mettiamo in corsivo, ecco che acquista anche il tratto discendente. Che va ad invadere il campo al di sotto della lettera che precede.
C’era un tipografo che era particolarmente affezionato alla f corsiva del Bodoni. È come una chiave di violino, notava.
Il programma FontForge (gratuito, serve per disegnare font) ha due f minuscole corsive come logo. È vero, sono le iniziali del nome, ma perché le hanno messe minuscole corsive? Proprio per via del fascino di questa lettera particolare.
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