Vangelo

La prima grande impresa della tipografia è stata la stampa della Bibbia. Ci lavorò lo stesso Gutenberg, nell’edizione detta delle 42 righe (o linee) perché conteneva 42 righe di testo in ogni colonna (due colonne per pagina). Per secoli gli amanuensi avevano ricopiato la Bibbia prima di lui, e ancora oggi è uno dei libri più ristampati.
Cambiano le lingue, ovviamente. E anche nella stessa lingua cambiano le traduzioni. Cambiano le dimensioni, la quantità di disegni e illustrazioni, la rilegatura. E cambiano i font.
Gutenberg usò caratteri gotici, oggi si usano caratteri romani.
Ma che tipo di caratteri?
Mi è capitato tra le mani un vangelo tascabile del 1939. Casa Editrice Adriano Salani, Firenze, costo 50 centesimi.


La forma dei caratteri è diversa, proprio come impostazione. La a ha la grazia in basso che risale su in verticale, quasi come nello Scotch o nell’Old Standard. La l, la d o la b, ma anche la i hanno grazie orizzontali, anziché oblique. Bodoni, diremmo noi.
Ma i Bodoni moderni sono molto più contrastati (differenza tra tratti sottili e tratti spessi). E poi qui la t è a punta, anziché piatta. E la Q è in forma Century, con l’onda.

Questo invece è un vangelo delle edizioni San Paolo, tascabile, 1987, 1200 lire. Impaginato in colonna unica, due colori diversi (le intestazioni sono in rosso, anziché in corsivo).

 
Le lettere hanno una forma più moderna, e soprattutto c’è più spazio tra una riga e l’altra. Al confronto, nel vangelo precedente le parole se ne stanno strette, addossate una all’altra.
Oltre tutto, è anche cambiato il testo. “Perdona a noi i nostri debiti” è diventato “rimetti a noi i nostri debiti”.

Arriviamo al 2011. Di nuovo un tascabile, di nuovo edizioni Paoline. Costo 1 euro e 90.


Sono passati vent’anni. Negli ’80 la fotocomposizione era appena gli inizi, nel 2011 siamo ormai in piena era del computer. Non solo aumenta lo spazio tra le righe, ma anche le singole lettere sono più spaziose. C’è più bianco dentro, eppure non si è perso niente in leggibilità.
Le lettere sarebbero tutte uguali, se non fosse per le imperfezioni della carta.

Ma nel 2011 siamo già nell’epoca degli ebook. E allora eccolo qua, lo stesso capitolo del Vangelo, come appariva su un Kindle 4.


Le lettere sono diventate entità astratte: non c’è più nessuna irregolarità. Sono tutte perfette ed identiche.
Non ci sono i colori, ancora. E visto che si tratta di un file in formato .txt, è venuto impaginato col carattere di default del Kindle. Che all’epoca era il Caecilia, disponibile in tre versioni: regolare, ridotto e sans serif.
(Caecilia si scarica da Myfonts a 35 euro per ogni stile).
Il font non era molto amato dagli addetti ai lavori: era uno slab, con grazie rettangolari. L’ultimo font a cui tradizionalmente si sarebbe pensato per impaginare un testo da leggere.
Ma c’era il problema degli schermi digitali, per cui metterci un normale Garamond avrebbe reso la lettura sgradevole e difficoltosa.
Nel frattempo, Amazon aveva commissionato un font apposito, che è entrato in servizio nel 2015: si tratta del Bookerly.
“È come se il Baskerville e il Caecilia avessero avuto un figlio”, scriveva all’epoca Fastcodesign.
Diciamo che l’impostazione è la stessa, caratteri massicci con linee niente affatto sottili. Ma le grazie hanno tratti convergenti e arrotondati. E qua e là ci sono parecchi dettagli interessanti.
Poco prima, Google Play aveva dovuto risolvere lo stesso problema, commissionando il Literata, annunciato a maggio 2015.

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