Arbeit macht frei (e la strana storia della B rovesciata)

“Il lavoro rende liberi” è la scritta che è stata posta all’ingresso di vari campi di concentramento nazisti, tra cui quello di Auschwitz.
Un tale che ha posto la domanda, su Yahoo Answers c’è: “Di che font si tratta?”
E ha ottenuto risposte evasive, una delle quali dice che siccome l’insegna è stata fabbricata dagli stessi prigionieri, agli autori interessava ben poco ispirarsi ad un font specifico.
Già, ma avranno preso qualcosa come riferimento. O no?
Sui cancelletti di Dachau e di un altro campo (ci sono le foto sulla pagina di Wikipedia inglese) la M ha i fianchi paralleli, e il vertice centrale resta in alto. La gamba della R si attacca all’occhiello molto lontano dall’asta verticale.
Tra i digitali c’è un Din Schriften Engschrift (detto din 1451) che ha queste due caratteristiche, e che risulta disegnato nel 1936, digitalizzato nel 90 dalla Linotype, che è o e stato usato per segnali ferroviari in Germania e altri paesi.
Lo spessore delle aste, e le proporzioni altezza larghezza sono diverse, e anche le punte della C. Comunque questo font dimostrerebbe che quelle scelte erano già state messe in atto, e proprio in Germania (il carattere era stato sviluppato dall’Istituto Tedesco di Standardizzazione, dicono).
In effetti c’è un Isonorm in cui la forma delle lettere si avvicina di più a quella che si vede sui cancelletti in questione, e anche la C è più aperta, ma non ci viene detto chi e dove lo avrebbe sviluppato. Oggi è pubblicato dalla Monotype Imaging.

La scritta più famosa, quella di Auschwitz, è diversa dalle altre due. Lì la M ha i fianchi obliqui, pur avendo il vertice centrale in alto rispetto alla linea di base. Come nel Museo Sans, che però è un font molto recente. La R applica la stessa soluzione, di far partire la gamba a una certa distanza dall’asta verticale. La E ha il trattino centrale alto. Identifont cataloga una settantina di font con quest’ultima caratteristica, nessuno dei quali si avvicina neanche lontanamente a questo.
A proposito della E, c’è da notare che mentre la prima volta ha il trattino centrale più corto degli altri due, la seconda volta i tre tratti orizzontali hanno la stessa lunghezza.

Ma la lettera che si nota di più è la B, che ha l’anello inferiore più piccolo di quello superiore. Evidentemente è stata montata al contrario, ma perché? Una semplice disattenzione?
L’interpretazione che oggi va per la maggiore è quella che si tratti di un atto di sfida da parte dei prigionieri che erano costretti a svolgere quel lavoro (prigionieri politici polacchi). La versione è presa per buona da Wikipedia.
C’è anche chi dice che la lettera non è capovolta, ma è proprio fatta così, perché all’epoca si sperimentava quella nuova forma tra chi disegnava caratteri geometrici. E in effetti Myfonts segnala un Bernard Fashion che ha quella caratteristica e che sarebbe stato disegnato nel 1929. Solo che lì anche la E ha il tratto centrale ribassato, mentre ad Auschwitz ce l’ha rialzato.
Comunque, l’ipotesi che si tratti di una sfida è quella che colpisce di più l’immaginazione. Anni fa è stata creata una scultura a forma di B capovolta alta due metri, pesante, mi pare di capire 5 tonnellate, che è stata esposta inizialmente a Berlino, poi a Bruxelles, nei pressi del Parlamento Europeo.
Era stato creato anche un piccolo premio con la stessa forma, che era stato donato dal comitato internazionale Auschwitz ad alcune personalità, tra cui il segretario Onu Ban Ki-Moon.
Comunque, qua in Italia non ne ha parlato nessuno. O meglio, io non ho trovato nessun sito in italiano che parli del monumento.
La pagina in italiano di Wikipedia riporta la storia della B rovesciata, e aggiunge anche un’altra informazione: la scritta che attualmente si vede sul cancello di Aushwitz non è quella autentica, ma una replica. Dopo il furto avvenuto nel 2009, e il successivo ritrovamento dell’originale, le autorità hanno deciso di restaurare l’originale e mantenerla al sicuro nel museo del campo.
La gran parte della gente non fa caso alla forma delle lettere. Con tutte le volte che ha visto quell’immagine, magari non sa neanche dire, a memoria, se le lettere sono gotiche o romane, con grazie o senza. Ma una volta che uno conosce il retroscena, la prima cosa che fa è posare lo sguardo su quella B capovolta.

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