La Bibbia di Gutenberg
Come il libro di Kells, di cui ho parlato l’altro giorno, anche la Bibbia di Gutenberg è consultabile online.
Il libro di Kells è un manoscritto dell’800 Dopo Cristo, scritto in calligrafia insulare. La Bibbia di Gutenberg è un libro a stampa di 600 anni dopo, pubblicato dopo il 1450.
L’edizione è detta delle 42 righe, perché in ogni pagina sono stampate 42 righe di testo per ogni colonna, due colonne per pagina.
Ne restano una quarantina di copie, alcune sono esposte alla British Library di Londra.
È possibile consultarne alcune sull’apposito sito web, e anche effettuare il confronto tra le varie copie, diverse per alcuni particolari.
Il sito è un po’ meno navigabile rispetto a quello messo su dal Trinity College di Dublino per il suo manoscritto: non ci sono pulsanti per ingrandire il testo, e i contenuti si aprono in una finestra a parte. Comunque le foto ci sono, in media qualità, e ci si può rendere conto di come lavorava Gutenberg.
Trovandosi di fronte al problema di realizzare i primi caratteri a stampa, Gutenberg pensò la cosa più ovvia: realizzarli tali e quali a come venivano tracciati a mano dagli amanuensi. I quali, all’epoca, dalle sue parti, scrivevano in gotica quadrata.
La gotica veniva usata perché era più stretta rispetto alle grafie precedenti (romana, carolina), e quindi permetteva di far entrare nello stesso spazio un maggior numero di parole.
Inoltre, all’epoca i caratteri non venivano scritti separatamente gli uni dagli altri. Alcuni venivano uniti tra di loro, approfittando di un tratto che poteva essere comune a entrambi.
Scrive Wikipedia che per stampare la Bibbia di Gutenberg ci vollero 290 caratteri diversi, tra maiuscole, minuscole, punteggiatura, lettere accentate e... tante legature (caratteri composti di due o più lettere attaccate tra di loro).
Il risultato è che mentre il libro di Kells è fatto di lettere con molto bianco all’interno un’interlinea molto spaziosa, il libro di Gutenberg è fatto di lettere schiacciate una sull’altra, stipate all’inverosimile. Da cui, una delle definizioni per i caratteri di quel tipo è blackletter, proprio per rendere l’idea di quanto appare nera una pagina stampata in quel modo. Un’altra definizione è textura, perché le lettere si stringono una all’altra come le fibre di un tessuto. E meno male che c’è lo spazio bianco che separa le due colonne, altrimenti l’effetto sarebbe stato ancora peggiore.
Per noi moderni, l’idea di mettersi a leggere un testo del genere dall’inizio alla fine è assurda. A prima vista, l’occhio si rifiuta di soffermarsi sulle singole parole. Si limita a scorrerci sopra, come quando uno vede un’immensa montagna boscosa, o una piazza stracolma di gente dall’alto: non ci si ferma a studiare i singoli alberi, le singole facce, ma si percepisce solo la massa.
E poi, dalla forma delle lettere, uno si dice: “Come vuoi che capisca quello che c’è scritto? Mica parlo tedesco!” Ci vuole un po’ di tempo per abituarsi alla forma delle lettere e riconoscere le parole. Non è tedesco: è latino! Anche se Gutenberg era tedesco, non vennero stampate bibbie in tedesco fino alla riforma protestante di Martin Lutero, nel 1534!
L’altra volta avevo visto sul libro di Kells il paragrafo in cui si racconta l’arrivo dei Magi (foglio 35, recto). Sono andato a cercare lo stesso paragrafo nella Bibbia di Gutenberg: foglio 191, recto (al vangelo di Matteo ci si arriva facilmente tramite il menu a tendina. La pagina è una delle prime). Il testo in questione si trova in basso a destra, sotto la grande C rossa: “ecce magi ab oriente venerunt iherosolimam dicentes. Ubi est...” eccetera eccetera; ecco vennero i magi dall’oriente a Gerusalemme dicendo: dov’è...
Se uno lo sa, forse riconosce le parole.
Da notare che al posto dei due punti viene usato il punto, mentre il punto interrogativo è una piccola c con sotto un puntino.
Differenza rispetto ai libri moderni: la stampa non è in bianco e nero. In ogni maiuscola c’è una strisciolina rossa. Per i capilettera poi si usa il rosso, e talvolta anche il blu. Penso che questi colori venivano aggiunti a mano da un decoratore.
Gutenberg era sei secoli più vicino a noi rispetto agli amanuensi di Kells. Eppure quello che ha realizzato sembra comunque provenire da un mondo che non è il nostro.
Il libro di Kells è un manoscritto dell’800 Dopo Cristo, scritto in calligrafia insulare. La Bibbia di Gutenberg è un libro a stampa di 600 anni dopo, pubblicato dopo il 1450.
L’edizione è detta delle 42 righe, perché in ogni pagina sono stampate 42 righe di testo per ogni colonna, due colonne per pagina.
Ne restano una quarantina di copie, alcune sono esposte alla British Library di Londra.
È possibile consultarne alcune sull’apposito sito web, e anche effettuare il confronto tra le varie copie, diverse per alcuni particolari.
Il sito è un po’ meno navigabile rispetto a quello messo su dal Trinity College di Dublino per il suo manoscritto: non ci sono pulsanti per ingrandire il testo, e i contenuti si aprono in una finestra a parte. Comunque le foto ci sono, in media qualità, e ci si può rendere conto di come lavorava Gutenberg.
Trovandosi di fronte al problema di realizzare i primi caratteri a stampa, Gutenberg pensò la cosa più ovvia: realizzarli tali e quali a come venivano tracciati a mano dagli amanuensi. I quali, all’epoca, dalle sue parti, scrivevano in gotica quadrata.
La gotica veniva usata perché era più stretta rispetto alle grafie precedenti (romana, carolina), e quindi permetteva di far entrare nello stesso spazio un maggior numero di parole.
Inoltre, all’epoca i caratteri non venivano scritti separatamente gli uni dagli altri. Alcuni venivano uniti tra di loro, approfittando di un tratto che poteva essere comune a entrambi.
Scrive Wikipedia che per stampare la Bibbia di Gutenberg ci vollero 290 caratteri diversi, tra maiuscole, minuscole, punteggiatura, lettere accentate e... tante legature (caratteri composti di due o più lettere attaccate tra di loro).
Il risultato è che mentre il libro di Kells è fatto di lettere con molto bianco all’interno un’interlinea molto spaziosa, il libro di Gutenberg è fatto di lettere schiacciate una sull’altra, stipate all’inverosimile. Da cui, una delle definizioni per i caratteri di quel tipo è blackletter, proprio per rendere l’idea di quanto appare nera una pagina stampata in quel modo. Un’altra definizione è textura, perché le lettere si stringono una all’altra come le fibre di un tessuto. E meno male che c’è lo spazio bianco che separa le due colonne, altrimenti l’effetto sarebbe stato ancora peggiore.
Per noi moderni, l’idea di mettersi a leggere un testo del genere dall’inizio alla fine è assurda. A prima vista, l’occhio si rifiuta di soffermarsi sulle singole parole. Si limita a scorrerci sopra, come quando uno vede un’immensa montagna boscosa, o una piazza stracolma di gente dall’alto: non ci si ferma a studiare i singoli alberi, le singole facce, ma si percepisce solo la massa.
E poi, dalla forma delle lettere, uno si dice: “Come vuoi che capisca quello che c’è scritto? Mica parlo tedesco!” Ci vuole un po’ di tempo per abituarsi alla forma delle lettere e riconoscere le parole. Non è tedesco: è latino! Anche se Gutenberg era tedesco, non vennero stampate bibbie in tedesco fino alla riforma protestante di Martin Lutero, nel 1534!
L’altra volta avevo visto sul libro di Kells il paragrafo in cui si racconta l’arrivo dei Magi (foglio 35, recto). Sono andato a cercare lo stesso paragrafo nella Bibbia di Gutenberg: foglio 191, recto (al vangelo di Matteo ci si arriva facilmente tramite il menu a tendina. La pagina è una delle prime). Il testo in questione si trova in basso a destra, sotto la grande C rossa: “ecce magi ab oriente venerunt iherosolimam dicentes. Ubi est...” eccetera eccetera; ecco vennero i magi dall’oriente a Gerusalemme dicendo: dov’è...
Se uno lo sa, forse riconosce le parole.
Da notare che al posto dei due punti viene usato il punto, mentre il punto interrogativo è una piccola c con sotto un puntino.
Differenza rispetto ai libri moderni: la stampa non è in bianco e nero. In ogni maiuscola c’è una strisciolina rossa. Per i capilettera poi si usa il rosso, e talvolta anche il blu. Penso che questi colori venivano aggiunti a mano da un decoratore.
Gutenberg era sei secoli più vicino a noi rispetto agli amanuensi di Kells. Eppure quello che ha realizzato sembra comunque provenire da un mondo che non è il nostro.
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