Autoricambi, Denk One, Cavedoni
Mi è capitato tra le mani un volantino di un negozio di autoricambi. Il nome dell’azienda era scritto con caratteri interessanti: la S che si allungava in avanti e indietro, la A con la cima rotonda, e la P con quel taglietto triangolare tra l’asta e l’anello. Mi pareva il Churchward Design, in cui mi sono imbattuto per un vecchio logo di Rivista Militare. Restava da vedere se la B era uguale. E non lo è. Sul volantino infatti il bianco nei due anelli è collegato, mentre nel Churchward che si trova online sono separati da una sottile e strana linea nera circolare.
Noto su Myfonts che ci sono parecchi caratteri col nome di Churchward, e di tutti i tipi: con grazie, senza, fantasia, calligrafici. A quanto pare il disegnatore è stato molto attivo, a partire dagli anni sessanta. Alcuni vengono ancora diffusi da Churchward Type, altri invece sono passati a Bluhead Studio, società nata nel 2005 negli Stati Uniti col compito di digitalizzare l’opera del disegnatore neozelandese, oltre che di creare altri font originali.
Per tornare al negozio di autoricambi, noto sul loro sito ufficiale che il marchio che viene utilizzato è diverso da quello usato per il volantino. Si tratta di una piccola impresa, si dipende dalle scelte dei tipografi senza un piano ben preciso. Mi pare che qui abbiano usato un normale Times New Roman neretto maiuscolo. Un tocco di originalità sta nei titoli degli articoli e nelle voci dei menu, che invece sono scritti in Denk One Regular. Un senza grazie dalla forma un po’ sbilenca, più spesso in alto e meno spesso in basso. Fa parte della scuderia di Google, anche se il sito non lo pesca direttamente da lì, ma dal proprio server (codificato nella pagina in base64).
Identifont lo attribuisce a una sconosciuta Irina Zerkova, linkando però una pagina intitolata a un’altra donna, scritta in una sconosciuta lingua nordeuropea. Google Fonts invece attribuisce il disegno a Sorkin Type, senza fornire nessun link. Dice la didascalia che il font è ispirato ad un cartello tedesco disegnato a mano, e che è stato attentamente aggiustato per lavorare sul web. Ha caratteristiche display, ma è adatto a una vasta gamma di grandezze.
Per fortuna Sorkin Type ha un suo sito web in inglese, in cui è possibile vedere i suoi prodotti. Dice il sito che dal 2011 sono oltre 60 i font open source realizzati.
Il fondatore, Eben Sorkin, fa parte anche di Atypi, l’associazione tipografica internazionale.
Sorkin ha un suo profilo su Twitter, in cui si definisce “nomadic type designer” e in cui afferma di vivere a Boston, Stati Uniti.
La sua ultima attività sul sito risale all’inizio di giugno, quando ha ritwittato un elogio ad un font che è stato usato per le slides di... Antonio Cavedoni (@verbosus): Halyard, del Darden Studio (sta su Typekit).
Cavedoni è un nome italiano. Si suppone che dovremmo conoscerlo.
Finora non lo avevo mai sentitno nominare. Su Fontsinuse c’è una pagina dedicata a lui. Nato a Modena, laureato in Typeface Design all’università di Reading, Regno Unito, è disegnatore alla Apple dall’Ottobre 2010. Sarebbe suo il San Francisco, uno dei cavalli di battaglia dell’azienda, che si trova pure sulla tastiera del Mac Book, a sostituire il Vag Rounded usato per anni.
Quando nel 2015 sono stati i nuovi font di sistema, è stato proprio Cavedoni (molto emozionato) a salire sul palco davanti ad un’enorme platea per presentare le innovazioni. (Ha detto di essere “membro del team che ha disegnato il font San Francisco”). Il video del suo intervento è disponibile sul sito di Apple, e su Youtube, dove ha totalizzato finora oltre 7500 visualizzazioni. Il filmato dura mezz’ora, ed è molto interessante dal punto di vista tipografico, perché spiega i singoli dettagli e i motivi che hanno portato a fare certe scelte. È rarissimo che un disegnatore fornisca la spiegazione illustrata del font che ha disegnato. Alcune informazioni sono note agli addetti ai lavori, per esempio l’illusione ottica per cui un cerchio messo accanto a un quadrato della stessa altezza sembra più piccolo. Altre lo sono meno. “Come si chiama questo simbolo # ?”, ha chiesto Cavedoni alla platea. Pound? Hashtag? “In Italia lo chiamiamo ‘cancelletto’”, ha detto (l’intera presentazione è in inglese, per un pubblico americano). Alla Apple lo chiamano Octothorpe, con la e finale (Wikipedia segnala altre possibilità: Octothorp, Octathorp, Octatherp. Nome che compare negli anni 60 nell’ambito dei laboratori telefonici della Bell).
Mi pare di capire che Cavedoni aveva una Volkswagen grigia con targa della California personalizzata: ITALICS.
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