Playbill, Stephenson Blake, Tipoteca
Cercando Playbill (Typeface) su Wikipedia, si viene indirizzati alla Stephenson Blake, una compagnia basata a Sheffield, in Inghilterra, rimasta l’unica fonderia di caratteri attiva nel paese fino alla fine degli anni 90.
All’inizio dell’800 si impossessò della più famosa fonderia del paese, quella di Caslon.
Le attrezzature sono state cedute alla Monotype nel 2005, e sono ora parte del Type Museum di Londra.
Il Playbill è stato realizzato per questa fonderia nel 1938, da Robert Harling, un aggiornamento del French Clarendon ottocentesco. Tra gli altri cavalli di battaglia, ci sono il Latin Wide, l’Impact, l’Algerian, offerti ancora oggi con Microsoft Office.
Aziende derivate dalla storica fonderia sono ancora in funzione, ma non si occupano di tipografia.
Il Type Museum ha una propria pagina su Wikipedia, la quale racconta che è chiuso al pubblico dal 2006. Si troverebbe nella parte sud di Londra, ad Oval.
L’ultimo aggiornamento risale al 2008, quando si pensava di spostare il materiale raccolto al Museo Nazionale della Scienza e dell’Industria.
I siti correlati, consigliati dall’enciclopedia online, sono solo due: quello dell’Hamilton Wood Type and Printing Museum, a Two Rivers, nel Wisconsin (di cui ho già parlato in un post recente), e Tipoteca – Museo del carattere e della Tipografia, “in Italia”, dice il sito vagamente (Cornuda, provincia di Treviso).
Il sito di Tipoteca è interessante. Ogni riga del menu è visualizzata con un carattere diverso: ci sono il Bauer Bodoni, il Bembo, l’Egizio, l’Eurostile, il Forma, il Semplicita, oltre al Source Sans preso da Google.
Gli altri caratteri italiani che vengono messi in evidenza sul sito sono l’Etna, il Fluidum, l’Hastile, il Metropol, il Neon, il Normandia, il Razionale e lo Stop, tutti di autori italiani.
Tra tutti, mi colpisce il Forma, anno 1968, creato da tanta gente tra cui Novarese, simile ad Helvetica e Univers.
Il museo ha anche pagine social, su Facebook e Instagram.
L’ultimo annuncio risale al 28 luglio, una mostra sui lavori di Francesco Simoncini, curato da Elisa Rebellato e Antonio Cavedoni (Quest’ultimo uno degli italiani più in vista, al giorno d’oggi, collaboratore della Apple).
Tipoteca non è un museo statico. Organizza varie attività, e realizza anche progetti tipografici, dai biglietti da visita agli inviti, ai cataloghi, ai libri. “Scegliamo insieme la carta, l’inchiostro e i caratteri a disposizione, a tutto il resto pensiamo noi”.
All’inizio dell’800 si impossessò della più famosa fonderia del paese, quella di Caslon.
Le attrezzature sono state cedute alla Monotype nel 2005, e sono ora parte del Type Museum di Londra.
Il Playbill è stato realizzato per questa fonderia nel 1938, da Robert Harling, un aggiornamento del French Clarendon ottocentesco. Tra gli altri cavalli di battaglia, ci sono il Latin Wide, l’Impact, l’Algerian, offerti ancora oggi con Microsoft Office.
Aziende derivate dalla storica fonderia sono ancora in funzione, ma non si occupano di tipografia.
Il Type Museum ha una propria pagina su Wikipedia, la quale racconta che è chiuso al pubblico dal 2006. Si troverebbe nella parte sud di Londra, ad Oval.
L’ultimo aggiornamento risale al 2008, quando si pensava di spostare il materiale raccolto al Museo Nazionale della Scienza e dell’Industria.
I siti correlati, consigliati dall’enciclopedia online, sono solo due: quello dell’Hamilton Wood Type and Printing Museum, a Two Rivers, nel Wisconsin (di cui ho già parlato in un post recente), e Tipoteca – Museo del carattere e della Tipografia, “in Italia”, dice il sito vagamente (Cornuda, provincia di Treviso).
Il sito di Tipoteca è interessante. Ogni riga del menu è visualizzata con un carattere diverso: ci sono il Bauer Bodoni, il Bembo, l’Egizio, l’Eurostile, il Forma, il Semplicita, oltre al Source Sans preso da Google.
Gli altri caratteri italiani che vengono messi in evidenza sul sito sono l’Etna, il Fluidum, l’Hastile, il Metropol, il Neon, il Normandia, il Razionale e lo Stop, tutti di autori italiani.
Tra tutti, mi colpisce il Forma, anno 1968, creato da tanta gente tra cui Novarese, simile ad Helvetica e Univers.
Il museo ha anche pagine social, su Facebook e Instagram.
L’ultimo annuncio risale al 28 luglio, una mostra sui lavori di Francesco Simoncini, curato da Elisa Rebellato e Antonio Cavedoni (Quest’ultimo uno degli italiani più in vista, al giorno d’oggi, collaboratore della Apple).
Tipoteca non è un museo statico. Organizza varie attività, e realizza anche progetti tipografici, dai biglietti da visita agli inviti, ai cataloghi, ai libri. “Scegliamo insieme la carta, l’inchiostro e i caratteri a disposizione, a tutto il resto pensiamo noi”.
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