Alternativa al Veltro
Stavo cercando sul web se qualcuno avesse mai creato un’alternativa libera al Veltro, script della Nebiolo, innovativo, per l’epoca.
Edizioni digitali a pagamento ovviamente ce ne stanno: il Veltro Pro, disponibile anche in versione Bold, della Profonts, è datato 2007. Anche se mi pare che ci manca la V col trattino di congiunzione alla lettera seguente, anche tra i caratteri alternativi.
La Profonts è una compagnia tedesca, basata ad Amburgo. Eppure non si è mai occupata del Signal tedesco, che era per molti versi un predecessore del Veltro.
Vado a fare un giro su Google Fonts con un’idea in testa: la M maiuscola a scaletta, con i vari tratti sempre più bassi mano mano che si procede verso destra. L’unico font che applica quella soluzione è il Leckerli One, firmato Gesine Todt (un nome in cui mi sono già imbattuto).
Si tratta di uno script, ma non tagliato di netto come il Veltro. Qui le punte sono fine e arrotondate, è tutto più gentile, ma per certi versi anche più malfermo.
Comunque, quello che caratterizza il Veltro è la larghezza pressoché costante del tratto, che qui manca.
A quanto è una caratteristica che non piace più a nessuno. Anzi no, qualcuno ci si ispira ancora. Il font che rende per primo l’idea di quell’atmosfera là è il Grand Hotel, di Astigmatic. Il font “trova la sua ispirazione dai titoli del film Cafe Metropole, 1937, con Tyrone Power”, spiega la didascalia.
Sul web si trovano varie locandine diverse, nelle quali c’è un vasto assortimento di font. In questa un corsivo come quello in questione è usato per i nomi degli attori (ma non per i cognomi).
Su quest’altro sito c’è altro materiale, con le scritte in corsivo usate per il nome del locale.
Altre locandine usavano un corsivo diverso.
Comunque, in nessun caso la m va a scalare.
E per quanto riguarda il Grand Hotel, c’è da notare che ad avere una forma bislacca è proprio la M maiuscola, realizzata con due tratti anziché tre.
Più in basso c’è un Vibur che disegna le minuscole con la stessa mano, ma ci schiaffa delle maiuscole stampatelle che c’entrano ben poco. (E poi la q minuscola... che roba è?)
Già che ci sto faccio pure un salto su Dafont. Qua la scena è molto più complessa, perché ci sono ben 406 pagine di script. Suddivisi in maniera arbitraria tra manoscritti, calligrafia, e altre categorie.
Sfoglio le prime 20 pagine, ma non penso di trovare qualcosa di interessante, e rinuncio ad andare avanti.
Edizioni digitali a pagamento ovviamente ce ne stanno: il Veltro Pro, disponibile anche in versione Bold, della Profonts, è datato 2007. Anche se mi pare che ci manca la V col trattino di congiunzione alla lettera seguente, anche tra i caratteri alternativi.
La Profonts è una compagnia tedesca, basata ad Amburgo. Eppure non si è mai occupata del Signal tedesco, che era per molti versi un predecessore del Veltro.
Vado a fare un giro su Google Fonts con un’idea in testa: la M maiuscola a scaletta, con i vari tratti sempre più bassi mano mano che si procede verso destra. L’unico font che applica quella soluzione è il Leckerli One, firmato Gesine Todt (un nome in cui mi sono già imbattuto).
Si tratta di uno script, ma non tagliato di netto come il Veltro. Qui le punte sono fine e arrotondate, è tutto più gentile, ma per certi versi anche più malfermo.
Comunque, quello che caratterizza il Veltro è la larghezza pressoché costante del tratto, che qui manca.
A quanto è una caratteristica che non piace più a nessuno. Anzi no, qualcuno ci si ispira ancora. Il font che rende per primo l’idea di quell’atmosfera là è il Grand Hotel, di Astigmatic. Il font “trova la sua ispirazione dai titoli del film Cafe Metropole, 1937, con Tyrone Power”, spiega la didascalia.
Sul web si trovano varie locandine diverse, nelle quali c’è un vasto assortimento di font. In questa un corsivo come quello in questione è usato per i nomi degli attori (ma non per i cognomi).
Su quest’altro sito c’è altro materiale, con le scritte in corsivo usate per il nome del locale.
Altre locandine usavano un corsivo diverso.
Comunque, in nessun caso la m va a scalare.
E per quanto riguarda il Grand Hotel, c’è da notare che ad avere una forma bislacca è proprio la M maiuscola, realizzata con due tratti anziché tre.
Più in basso c’è un Vibur che disegna le minuscole con la stessa mano, ma ci schiaffa delle maiuscole stampatelle che c’entrano ben poco. (E poi la q minuscola... che roba è?)
Già che ci sto faccio pure un salto su Dafont. Qua la scena è molto più complessa, perché ci sono ben 406 pagine di script. Suddivisi in maniera arbitraria tra manoscritti, calligrafia, e altre categorie.
Sfoglio le prime 20 pagine, ma non penso di trovare qualcosa di interessante, e rinuncio ad andare avanti.
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