C a catena, Razionale, Veltro, Nebiolo

Non so nulla a proposito della C ad anello di catena, quella C stretta con il tratto verticale rettilineo e le due estremità che si fronteggiano, col taglio orizzontale. Come nel Bebas, che va di moda al giorno d’oggi. Mi sono messo a cercare su internet qualche vecchio catalogo della Nebiolo, e ho trovato questo su Flickr
Qui l’occhio mi è caduto sui caratteri del Razionale, che hanno la caratteristica che cerco, ma sono in bianco su fondo a quadretti neri.
“A reversed-out sans on a black grid-background”, scrive Type Network.  (“Un senza grazie invertito su uno sfondo nero a griglia”).
Dovrei cercare oltre, ma mi distraggo guardando il Veltro, uno script, anche questo risalente agli anni 30, che “divenne una vera icona della tipografia italiana”, secondo quanto scrive Cast “Il disegno di Veltro può apparire elementare ai nostri occhi, ma è innovativo quando è visto nel contesto storico”, dice il sito. Riproduceva uno stile di scrittura informale, ed era più resistente degli script copperplate diffusi all’epoca.
È stato il primo carattere prodotto dal Nebiolo Art Studio, diretto da Giulio Da Milano, tra i cui collaboratori c’era Alessandro Butti.
Narra la leggenda che il carattere era stato soprannominato Mussolini, perché si diceva che la M maiuscola somigliava a quella della firma del duce.
In realtà la M non è poi tanto diversa da quella del Signal tedesco che andava di moda in quegli anni (1931).
Cast riporta numerosi usi del Veltro: dalle tessere dell’Azione Cattolica, e su in disco di Fred Buscaglione, alle cartoline illustrate e ai libri di preghiere.
L’articolo è dettagliatissimo. In origine è stato pubblicato su TipoItalia, nel 2015.
Si sofferma su alcuni dettagli e particolarità, come la V maiuscola che veniva venduta in due versioni, a seconda se dovesse o no collegarsi con la lettera successiva.
Il prodotto originale è preservato da alcune imprese e istituzioni, tra cui la Tipoteca Italiana di Cornuda, l’Archivio Tipografico di Torino, l’Anonima Impressori di Bologna, nei cui nomi ci siamo già imbattuti su questo blog, ma anche da Tallone Editore di Alpignano e Fratelli Bonvini di Milano.
Torno su Type Network a leggere la storia della Nebiolo. Dice il sito che l’azienda, la più grande fabbrica italiana di caratteri e materiale per la stampa, non è mai passata alla fotocomposizione, chiudendo nel 1978.
Dice ancora il sito che la Nebiolo è stata una fonte di ispirazione importante per la fonderia Font Bureau. Il Belizio è basato sull’Egizio italiano, mentre il Giza è basato sull’Egiziano. Parkinson, usato dalla rivista Rolling Stone, è basato sul Jenson della Nebiolo.
In una foto nella stessa pagina c’è uno specimen della serie Raffaello della Nebiolo. Riconosco la forma della R, che è quella poi usata dal Romana di Bitstream e Urw. Itc, Elsner e Flake.
L’articolo dice che il Raffaello è precedente alla creazione dello “studio artistico” nel 1933, ed era acquistato da qualche fonderia tedesca.
In una delle foto si vede com’era lo stabilimento della Nebiolo all’inizio del Novecento. L’edificio esiste ancora, è in via Bologna 47, e al momento è usato come sede del Tribunale e dell’Ufficio di Sorveglianza, secondo quanto scrive il sito Museo Torino.


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