Elenchi telefonici
Dunque, quel poco che si sa a proposito dei font degli elenchi telefonici, è che dal 1977 al 2000 vennero stampati col Galfra di Ladislas Mandel (francese), dal 2001 in poi col Nomina dell’italiano Piero De Macchi.
Mi sono procurato un paio di elenchi telefonici. Uno del 1994, uno del 2013, quasi vent’anni dopo.
Ovviamente la prima cosa che fa l’occhio è posarsi sui dettagli. Il Galfra aveva una normale C senza grazie, mentre il Nomina ha una C con grazia superiore egizia (slab). La Q maiuscola è diversissima. Il francese ci aveva messo una codina che scendeva in diagonale verso destra a partire dal bordo della lettera, mentre l’italiano ci ha messo una coda staccata dal resto della lettera, e rettilinea, anche se un po’ decentrata in verticale e a spessore crescente man mano che si sposta a sinistra.
Dando poi uno sguardo complessivo, si nota che il Nomina è molto più pulito, chiaro, di aspetto moderno. C’è stata anche la bella idea di sostituire i trattini con i puntini, per separare nome e indirizzo dal numero di telefono. Questo aumenta lo spazio bianco nella pagina, che sa meno di inchiostro.
Per quanto riguarda la resa, più o meno siamo lì. Nel senso che l’impaginazione nel giro di 20 anni è rimasta all'incirca la stessa. Ogni pagina è divisa in quattro colonne, in ognuna delle quali ci entrano intorno alle 150 righe (quando non ci sono in mezzo blocchi pubblicitari). (150 righe in meno di 26 centimetri=1 millimetro e 7 per ogni riga).
La difficoltà di disegnare font per l’elenco telefonico è quella di riuscire a stipare il testo nel minor spazio possibile, senza perdere nulla in termini di leggibilità. Mandel era considerato un’autorità in questo campo, e De Macchi ha dovuto lavorare allo stesso problema.
Guardando una dimostrazione digitale del font di De Macchi, si vedono un sacco di taglietti agli angoli delle lettere, fatti forse per risparmiare inchiostro e aumentare lo spazio bianco, che sulla carta stampata non si vedono neanche con la lente, ad eccezione del super-neretto che viene usato in alto ad indicare le prime tre lettere dei cognomi presenti nella pagina. Là però la dimensione del testo è molto maggiore.
Una curiosità: sui siti di font commerciali non compaiono i font né del primo né del secondo disegnatore, e talvolta neanche il nome. Evidentemente non hanno lavorato a niente di commerciale. Di Mandel sappiamo che ha preparato versioni del suo font per gli elenchi inglesi, americani e belgi, oltre a quelli italiani, ma non sappiamo se, a parte gli accenti, abbia effettuato modifiche significative.
Ultimamente si fa una certa ironia sugli elenchi telefonici. “Da quanto tempo non consulti più l’elenco?”, si chiede. In effetti mi pare che da qualche anno non vengono distribuiti più in automatico. Non so se si fanno ancora su richiesta. Comunque ormai è uno spreco. Tenuto conto che basta uno smartphone per trovare in un attimo qualsiasi numero di qualsiasi provincia o nazione.
Questo non significa che i font non servono più. Com’è impaginato il sito delle Pagine Bianche? (la società che produceva gli elenchi)
Ovviamente problemi di spazio non ce ne sono. Intorno ai risultati della ricerca ci può essere tutto lo spazio che uno vuole. E per giunta in un browser uno può ingrandire o impicciolire il testo a piacimento. E infatti hanno scelto di impaginarlo con un banalissimo Arial (e la relativa versione bold). Se su un computer non è installato l’Arial, allora pesca l’Helvetica. O sennò il sans di default.
Però qualcosa di interessante c’è anche sul sito della Pagine Bianche. Perché la scritta di benvenuto sulla home page ha qualcosa di particolare, riconoscibile, accattivante. Io mi soffermo in particolare sulla g, con l’occhiello inferiore aperto, molto ampio in verticale. Che roba è?
Il bello dei siti web è che si può sbirciare nel codice. Viene fuori un nome strano: “metanormal”. Scritto minuscolo. Vado a ficcare il naso nelle note del copyright. “2009 Erik Spiekermann published by FSI FontShop International GmbH”. Uhm. Ed è già una traccia interessante.
Elenco telefonico del 1994 |
Ovviamente la prima cosa che fa l’occhio è posarsi sui dettagli. Il Galfra aveva una normale C senza grazie, mentre il Nomina ha una C con grazia superiore egizia (slab). La Q maiuscola è diversissima. Il francese ci aveva messo una codina che scendeva in diagonale verso destra a partire dal bordo della lettera, mentre l’italiano ci ha messo una coda staccata dal resto della lettera, e rettilinea, anche se un po’ decentrata in verticale e a spessore crescente man mano che si sposta a sinistra.
Elenco telefonico del 2013 |
Dando poi uno sguardo complessivo, si nota che il Nomina è molto più pulito, chiaro, di aspetto moderno. C’è stata anche la bella idea di sostituire i trattini con i puntini, per separare nome e indirizzo dal numero di telefono. Questo aumenta lo spazio bianco nella pagina, che sa meno di inchiostro.
I due elenchi a confronto |
Per quanto riguarda la resa, più o meno siamo lì. Nel senso che l’impaginazione nel giro di 20 anni è rimasta all'incirca la stessa. Ogni pagina è divisa in quattro colonne, in ognuna delle quali ci entrano intorno alle 150 righe (quando non ci sono in mezzo blocchi pubblicitari). (150 righe in meno di 26 centimetri=1 millimetro e 7 per ogni riga).
La difficoltà di disegnare font per l’elenco telefonico è quella di riuscire a stipare il testo nel minor spazio possibile, senza perdere nulla in termini di leggibilità. Mandel era considerato un’autorità in questo campo, e De Macchi ha dovuto lavorare allo stesso problema.
Guardando una dimostrazione digitale del font di De Macchi, si vedono un sacco di taglietti agli angoli delle lettere, fatti forse per risparmiare inchiostro e aumentare lo spazio bianco, che sulla carta stampata non si vedono neanche con la lente, ad eccezione del super-neretto che viene usato in alto ad indicare le prime tre lettere dei cognomi presenti nella pagina. Là però la dimensione del testo è molto maggiore.
Una curiosità: sui siti di font commerciali non compaiono i font né del primo né del secondo disegnatore, e talvolta neanche il nome. Evidentemente non hanno lavorato a niente di commerciale. Di Mandel sappiamo che ha preparato versioni del suo font per gli elenchi inglesi, americani e belgi, oltre a quelli italiani, ma non sappiamo se, a parte gli accenti, abbia effettuato modifiche significative.
Ultimamente si fa una certa ironia sugli elenchi telefonici. “Da quanto tempo non consulti più l’elenco?”, si chiede. In effetti mi pare che da qualche anno non vengono distribuiti più in automatico. Non so se si fanno ancora su richiesta. Comunque ormai è uno spreco. Tenuto conto che basta uno smartphone per trovare in un attimo qualsiasi numero di qualsiasi provincia o nazione.
Questo non significa che i font non servono più. Com’è impaginato il sito delle Pagine Bianche? (la società che produceva gli elenchi)
Ovviamente problemi di spazio non ce ne sono. Intorno ai risultati della ricerca ci può essere tutto lo spazio che uno vuole. E per giunta in un browser uno può ingrandire o impicciolire il testo a piacimento. E infatti hanno scelto di impaginarlo con un banalissimo Arial (e la relativa versione bold). Se su un computer non è installato l’Arial, allora pesca l’Helvetica. O sennò il sans di default.
Però qualcosa di interessante c’è anche sul sito della Pagine Bianche. Perché la scritta di benvenuto sulla home page ha qualcosa di particolare, riconoscibile, accattivante. Io mi soffermo in particolare sulla g, con l’occhiello inferiore aperto, molto ampio in verticale. Che roba è?
Il bello dei siti web è che si può sbirciare nel codice. Viene fuori un nome strano: “metanormal”. Scritto minuscolo. Vado a ficcare il naso nelle note del copyright. “2009 Erik Spiekermann published by FSI FontShop International GmbH”. Uhm. Ed è già una traccia interessante.
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