La coda della Q
Ho un libro dell’editore Mattioli 1885. (1885 fa parte del nome dell’editore. L’anno di stampa è il 2010) Mi ha incuriosito abbastanza la coda della Q, che arriva praticamente a toccare la u che la segue. In barba a quell’articolo pubblicato dal il Post, che ho citato alcuni giorni fa, in base al quale tutti i libri italiani sarebbero scritti in Simoncini Garamond. No che non è vero.
Sul blog Oinoi c’è un bell’articolo sulla tipografia italiana (in inglese, coff... coff..., seppure scritto da un’italiana) in cui ci si lamenta proprio per il fatto che gran parte dei libri al loro interno sono uguali, puntando tutti sui caratteri progettati nel 1956 su richiesta dell’editore Einaudi.
“Solo recentemente un editore ha seguito l’esempio di Einaudi, commissionando al giovane designer Luciano Perondi un nuovo carattere per i suoi libri. Mattioli 1885 ha chiesto a Perondi di disegnare un New Caslon”, si legge nel post. Il carattere è stato utilizzato in libri e riviste a partire dal 2004. Una curiosità: “L’editore, a causa del budget risicato, non ha chiesto a Perondi di disegnare un italico. Questo può suonare assurdo a molti di voi, ma non è così strano nel nostro Paese”.
Comunque, Perondi ha disegnato anche l’italico per conto suo.
Ma torniamo alla Q. Normalmente la coda non è troppo lunga. Nel Bodoni scende giù verticale prima di curvare verso destra. Nel Garamond è un po’ più lunga. In qualche disegno più vecchio andava a sottolineare la u che la seguiva, tant’è vero che le lettere Qu venivano fuse in un blocco unico, non erano separate, ai tempi dei caratteri mobili.
E oggi? Chi è che offre una Q a coda lunga tra i font gratuiti?
Vado sull’immancabile Google Fonts.
C’è il Cinzel, che però è fatto solo di lettere maiuscole. La coda arriva oltre la metà della U.
C’è il Cormorant Garamond, che è un’esagerazione: la punta della coda arriva praticamente a metà della lettera successiva alla u. Ha un’estensione di una lettera e mezza. Troppo.
Un carattere più ragionevole è il Lusitana. Qui la punta è a metà della U. Il carattere è ispirato a quello trovato nell’edizione del 1572 di The Lusiads, un poema epico portoghese di Luis Vaz de Camoes. “Questo carattere è fatto per testi lunghi in piccole dimensioni”, dice la didascalia. L’autrice è una donna, Ana Paula Megda.
Concettualmente è perfetto. (Poi sul monitor non viene poi così pulito. E comunque ci manca l’italico).
Più giù c’è l’Im Fell Double Pica, dove appunto Q e u sembrano formare un tutt’uno. Un Im Fell English, dove la lunghezza della coda è come quella del Cormorant, ma sembra meno fuori luogo, tenuto conto che non è affatto sottile, e dà proprio la sensazione dei libri di una volta. E poi nient’altro da segnalare, a parte altri Im Fell e Cormorant.
Ovviamente la coda che ho preso in considerazione qui è quella di base, che parte dal bordo della lettera senza avere spigoli.
Soluzioni diverse adottate nel corso della storia, per i caratteri con grazie, sono quella del Libre Baskerville, dove la coda spunta puntando in basso da destra a sinistra, per poi risalire ad angolo e proseguire ondulata (come fosse il tratto finale di una Z (o meglio un 2) disegnata a penna); oppure quella dell’Old Standard, dove la coda parte salendo in alto all’interno dell’occhiello, e poi, sempre a forma di onda, esce all’estero in discesa per poi, certe volte, risalire.
Rara la coda staccata dal resto della lettera. Anche rara è la coda disegnata come un trattino che attraversa la lettera, da dentro a fuori. È una soluzione ovvia, per chi scrive a mano libera, e in effetti è così che funziona l’Arial. Eppure sono in pochi ad utilizzarla. Tra i senza grazie di Google, il primo è il Raleway, il secondo è il Catamaran (mai sentito). Tra i caratteri con grazie... nessuno ha mai osato fare una cosa simile.
Un’altra variante poco praticata è disegnare una Q aperta. Tra i senza grazie, la coda può anche essere un trattino verticale (Dosis, Aldrich) o orizzontale (Josefin, Play).
La visualizzazione standard di Google Fonts raggruppa i font col criterio “trending”. Che non sappiamo di preciso come viene calcolato. Comunque, è sempre possibile scegliere un criterio diverso.
Sul blog Oinoi c’è un bell’articolo sulla tipografia italiana (in inglese, coff... coff..., seppure scritto da un’italiana) in cui ci si lamenta proprio per il fatto che gran parte dei libri al loro interno sono uguali, puntando tutti sui caratteri progettati nel 1956 su richiesta dell’editore Einaudi.
“Solo recentemente un editore ha seguito l’esempio di Einaudi, commissionando al giovane designer Luciano Perondi un nuovo carattere per i suoi libri. Mattioli 1885 ha chiesto a Perondi di disegnare un New Caslon”, si legge nel post. Il carattere è stato utilizzato in libri e riviste a partire dal 2004. Una curiosità: “L’editore, a causa del budget risicato, non ha chiesto a Perondi di disegnare un italico. Questo può suonare assurdo a molti di voi, ma non è così strano nel nostro Paese”.
Comunque, Perondi ha disegnato anche l’italico per conto suo.
Ma torniamo alla Q. Normalmente la coda non è troppo lunga. Nel Bodoni scende giù verticale prima di curvare verso destra. Nel Garamond è un po’ più lunga. In qualche disegno più vecchio andava a sottolineare la u che la seguiva, tant’è vero che le lettere Qu venivano fuse in un blocco unico, non erano separate, ai tempi dei caratteri mobili.
E oggi? Chi è che offre una Q a coda lunga tra i font gratuiti?
Vado sull’immancabile Google Fonts.
C’è il Cinzel, che però è fatto solo di lettere maiuscole. La coda arriva oltre la metà della U.
C’è il Cormorant Garamond, che è un’esagerazione: la punta della coda arriva praticamente a metà della lettera successiva alla u. Ha un’estensione di una lettera e mezza. Troppo.
Un carattere più ragionevole è il Lusitana. Qui la punta è a metà della U. Il carattere è ispirato a quello trovato nell’edizione del 1572 di The Lusiads, un poema epico portoghese di Luis Vaz de Camoes. “Questo carattere è fatto per testi lunghi in piccole dimensioni”, dice la didascalia. L’autrice è una donna, Ana Paula Megda.
Concettualmente è perfetto. (Poi sul monitor non viene poi così pulito. E comunque ci manca l’italico).
Più giù c’è l’Im Fell Double Pica, dove appunto Q e u sembrano formare un tutt’uno. Un Im Fell English, dove la lunghezza della coda è come quella del Cormorant, ma sembra meno fuori luogo, tenuto conto che non è affatto sottile, e dà proprio la sensazione dei libri di una volta. E poi nient’altro da segnalare, a parte altri Im Fell e Cormorant.
Ovviamente la coda che ho preso in considerazione qui è quella di base, che parte dal bordo della lettera senza avere spigoli.
Soluzioni diverse adottate nel corso della storia, per i caratteri con grazie, sono quella del Libre Baskerville, dove la coda spunta puntando in basso da destra a sinistra, per poi risalire ad angolo e proseguire ondulata (come fosse il tratto finale di una Z (o meglio un 2) disegnata a penna); oppure quella dell’Old Standard, dove la coda parte salendo in alto all’interno dell’occhiello, e poi, sempre a forma di onda, esce all’estero in discesa per poi, certe volte, risalire.
Rara la coda staccata dal resto della lettera. Anche rara è la coda disegnata come un trattino che attraversa la lettera, da dentro a fuori. È una soluzione ovvia, per chi scrive a mano libera, e in effetti è così che funziona l’Arial. Eppure sono in pochi ad utilizzarla. Tra i senza grazie di Google, il primo è il Raleway, il secondo è il Catamaran (mai sentito). Tra i caratteri con grazie... nessuno ha mai osato fare una cosa simile.
Un’altra variante poco praticata è disegnare una Q aperta. Tra i senza grazie, la coda può anche essere un trattino verticale (Dosis, Aldrich) o orizzontale (Josefin, Play).
La visualizzazione standard di Google Fonts raggruppa i font col criterio “trending”. Che non sappiamo di preciso come viene calcolato. Comunque, è sempre possibile scegliere un criterio diverso.
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