Dieter Steffmann
Cercando qualcosa su Dafont che potesse ricordare la testata del Corriere della Sera mi ero imbattuto del Fette Egyptienne, di Dieter Steffman.
Un carattere egiziano, appunto, molto nero, dalle grazie spesse quasi quanto le aste.
Un po’ largo: sempre su Dafont si trova il Cairo, di autore sconosciuto, che è molto più condensato.
Comunque mi sono incuriosito a proposito di questo Steffmann. Che altro ha fatto?
Il bello di Dafont è che riorganizza i caratteri per numero di download il giorno precedente. Quindi si può vedere che il più scaricato di Steffmann è l’Old London, che è praticamente l’Old English.
Vengono attribuiti a Steffman anche altri gotici: il Cloister Black, l’Olde English (più sottile), l’English Towne. Più altri blackletter marcatamente tedeschi.
Tra gli altri noto il Titania, il Devinne Swash e il Germania, che ricordano le sperimentazioni dell’inizio del 900, con tratti un po’ ondulati. L’Art Nouveau Caps, inconfondibile simbolo del movimento, il Goudy Initialen, con le lettere inserite in quadrati riempiti con motivi floreali.
C’è l’Hercules, anche quello che ricorda l’inizio del Novecento, e poi tanti altri, con particolare predilezione per medievali, retrò e iniziali.
C’è anche uno strano Eisenbahn, un dingbat con locomotive e vagoni d’epoca.
Tutti senza didascalie. C’è il link ad un sito ufficiale, che è in tedesco.
Tradotto con Google viene un testo abbastanza comprensibile. L’autore, di cui c’è una foto, racconta di come nell’86 ha comprato il suo Commodore Amiga 2000, con prestazioni molto avanzate per l’epoca. Ricorda quando si poteva comprare un disco con 4 font al costo di 100 marchi.
Si lamenta del fatto che i font al giorno d’oggi non si possono più comprare, ma se ne può solo acquistare la licenza.
Il post ha ricevuto parecchi commenti. In molti gli chiedono di poter usare i suoi font anche per progetti commerciali. La sua licenza prevede solo l’uso personale per tutelare i negozi commerciali (Linotype, Fontshop). “Ma molti dei font non sono presenti sui siti commerciali, in questi casi do il permesso dopo richiesta singola”, scrive.
In effetti, molti degli utenti hanno le idee confuse. Su alcuni siti, tipo FontSpace, i suoi font risultano diffusi con licenza commerciale.
Del resto pure su Dafont risultano 100% gratis, anche se poi un disclaimer dice che “I caratteri presenti in questo sito sono di proprietà dei loro autori, e non sono né freeware, né shareware, né versioni demo, né di dominio pubblico”. Per giunta, “La licenza menzionata sopra il pulsante di download è solo indicativa”.
Al limite, il sito dice di controllare la licenza che viene fornita all’interno dello zip che viene scaricato. Ma ne caso di Steffmann non c’è nessuna licenza nello zip.
Molti utenti gli fanno i complimenti. A me dispiace il fatto che non c’è una scheda per ciascuno dei font realizzati. Dove li ha presi? A chi si è ispirato? Quali storie ci stanno dietro?
Tipo, le Art Nouveau Caps di sicuro le ho già viste da qualche parte. Ma dove? Girando su Myfonts tra i font taggati art nouveau non viene fuori niente del genere.
Le iniziali di Goudy invece le ritrovo facilmente, ma diffuse da una fonderia mai sentita prima: Lanston Type Company.
Dice la didascalia che la P22 le ha passate in digitale nel 2005, e in seguito sono diventate un bestseller. La Lanston le ha ridisegnate per testi di grandi dimensioni.
La Lanston Monotype Company è stata fondata Philadelphia alla fine del diciannovesimo secolo, dice la scheda della fonderia.
Tra i suoi font più rilevanti ci sono un Bodoni e un Caslon, oltre alle iniziali di Goudy.
Di interessante noto anche una versione del Broadway e un Remington Typewriter (con la forma dei caratteri da macchina da scrivere, ma puliti).
Un carattere egiziano, appunto, molto nero, dalle grazie spesse quasi quanto le aste.
Un po’ largo: sempre su Dafont si trova il Cairo, di autore sconosciuto, che è molto più condensato.
Comunque mi sono incuriosito a proposito di questo Steffmann. Che altro ha fatto?
Il bello di Dafont è che riorganizza i caratteri per numero di download il giorno precedente. Quindi si può vedere che il più scaricato di Steffmann è l’Old London, che è praticamente l’Old English.
Vengono attribuiti a Steffman anche altri gotici: il Cloister Black, l’Olde English (più sottile), l’English Towne. Più altri blackletter marcatamente tedeschi.
Tra gli altri noto il Titania, il Devinne Swash e il Germania, che ricordano le sperimentazioni dell’inizio del 900, con tratti un po’ ondulati. L’Art Nouveau Caps, inconfondibile simbolo del movimento, il Goudy Initialen, con le lettere inserite in quadrati riempiti con motivi floreali.
C’è l’Hercules, anche quello che ricorda l’inizio del Novecento, e poi tanti altri, con particolare predilezione per medievali, retrò e iniziali.
C’è anche uno strano Eisenbahn, un dingbat con locomotive e vagoni d’epoca.
Tutti senza didascalie. C’è il link ad un sito ufficiale, che è in tedesco.
Tradotto con Google viene un testo abbastanza comprensibile. L’autore, di cui c’è una foto, racconta di come nell’86 ha comprato il suo Commodore Amiga 2000, con prestazioni molto avanzate per l’epoca. Ricorda quando si poteva comprare un disco con 4 font al costo di 100 marchi.
Si lamenta del fatto che i font al giorno d’oggi non si possono più comprare, ma se ne può solo acquistare la licenza.
Il post ha ricevuto parecchi commenti. In molti gli chiedono di poter usare i suoi font anche per progetti commerciali. La sua licenza prevede solo l’uso personale per tutelare i negozi commerciali (Linotype, Fontshop). “Ma molti dei font non sono presenti sui siti commerciali, in questi casi do il permesso dopo richiesta singola”, scrive.
In effetti, molti degli utenti hanno le idee confuse. Su alcuni siti, tipo FontSpace, i suoi font risultano diffusi con licenza commerciale.
Del resto pure su Dafont risultano 100% gratis, anche se poi un disclaimer dice che “I caratteri presenti in questo sito sono di proprietà dei loro autori, e non sono né freeware, né shareware, né versioni demo, né di dominio pubblico”. Per giunta, “La licenza menzionata sopra il pulsante di download è solo indicativa”.
Al limite, il sito dice di controllare la licenza che viene fornita all’interno dello zip che viene scaricato. Ma ne caso di Steffmann non c’è nessuna licenza nello zip.
Molti utenti gli fanno i complimenti. A me dispiace il fatto che non c’è una scheda per ciascuno dei font realizzati. Dove li ha presi? A chi si è ispirato? Quali storie ci stanno dietro?
Tipo, le Art Nouveau Caps di sicuro le ho già viste da qualche parte. Ma dove? Girando su Myfonts tra i font taggati art nouveau non viene fuori niente del genere.
Le iniziali di Goudy invece le ritrovo facilmente, ma diffuse da una fonderia mai sentita prima: Lanston Type Company.
Dice la didascalia che la P22 le ha passate in digitale nel 2005, e in seguito sono diventate un bestseller. La Lanston le ha ridisegnate per testi di grandi dimensioni.
La Lanston Monotype Company è stata fondata Philadelphia alla fine del diciannovesimo secolo, dice la scheda della fonderia.
Tra i suoi font più rilevanti ci sono un Bodoni e un Caslon, oltre alle iniziali di Goudy.
Di interessante noto anche una versione del Broadway e un Remington Typewriter (con la forma dei caratteri da macchina da scrivere, ma puliti).
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