G serif con un solo occhiello (o senza con due)
Domani Repubblica abbandona il vecchio font per adottare il nuovo Eugenio, che si è fatta disegnare appositamente da uno studio americano. Ma quale era il vecchio font? Articoli che ne parlano sul web non se ne trovano. Quello usato per i titoli era un Cheltenam, come quello usato dal New York Times (forse con qualche differenza, ma non ho mai approfondito). E per gli articoli? Avevo letto chissà dove che doveva trattarsi di un Egyptian, tipo l’Egyptian 505 della Urw, o qualcosa di simile.
Ma non trovo più chi lo diceva. Trovo invece chi confonde il font di Repubblica con quello dell’Unità, nonostante delle differenze marcatissime (tipo la e tonda anziché a spigolo).
Comunque gli articoli di Repubblica avevano questa particolarità che balzava agli occhi: la g aveva un solo occhiello. Non era la g letteraria a cui siamo abituati, e che troviamo su gran parte dei giornali e in quasi tutti i libri seri. Non era una g “letteraria”. Era strutturata come lo sono di solito le g dei caratteri senza grazie. Una specie di 9, diciamo, con un orecchio orizzontale in alto a destra.
Non mi viene in mente un altro giornale italiano che la usa. Forse ho visto qualcosa sui giornali inglesi, ma non ricordo dove.
Provo a farmi un giro su Google Fonts, per rendermi conto: quanto è insolita questa scelta?
Il risultato è che questa g singola è meno insolita di quanto pensassi, tra i caratteri serif, ma si trova praticamente solo tra gli slab. Ovvero quei caratteri dove le grazie sono di forma rettangolare, praticamente dello stesso spessore delle aste.
Il primo risultato che viene fuori è il Roboto Slab, seguono l’Arvo e il Bree serif.
Tutti e tre mancano dell’orecchio, e solo il terzo ha una grazia in punta al tratto discendente.
Più giù c’è un Crete Round, che ha l’orecchio ma non la grazia in basso.
Comunque, si tratta in gran parte di caratteri a spessore costante, che non hanno l’eleganza dell’Egyptian della Urw, che tutto sembra tranne che un egiziano.
Normalmente la parola egiziano io la collego con la testata del Corriere della Sera, ad esempio. Caratteri neri e pesanti. Guardando i vecchi articoli di Repubblica invece a tutto penso tranne che alla parola “slab”.
Per trovare un font che dia la stessa atmosfera bisogna scendere giù fino al Kameron (di Vernon Adams, buonanima), “reworking and fusing” di vari slab serif e Egyptian creati tra l’inizio e la metà del ventesimo secolo.
E il contrario, invece?
Una g senza grazie con due occhielli?
Quello è molto più comune. Basti pensare all’Open Sans, al Lato, all’Oswald, al Source Sans. E all’italiano Titillium.
Eh già, perché non tutti sanno che il Titillium, che si vede spesso sul web sui siti della Pubblica Amministrazione, è un progetto italiano, nato all’accademia di Belle Arti di Urbino, e diffuso gratuitamente su Google. Caricato su più di 530 mila siti web, almeno un quarto dei quali negli Stati Uniti.
Un articolo su come è stato scelto per rappresentare la PA è stato pubblicato in italiano sul sito Medium.
Ma non trovo più chi lo diceva. Trovo invece chi confonde il font di Repubblica con quello dell’Unità, nonostante delle differenze marcatissime (tipo la e tonda anziché a spigolo).
Comunque gli articoli di Repubblica avevano questa particolarità che balzava agli occhi: la g aveva un solo occhiello. Non era la g letteraria a cui siamo abituati, e che troviamo su gran parte dei giornali e in quasi tutti i libri seri. Non era una g “letteraria”. Era strutturata come lo sono di solito le g dei caratteri senza grazie. Una specie di 9, diciamo, con un orecchio orizzontale in alto a destra.
Non mi viene in mente un altro giornale italiano che la usa. Forse ho visto qualcosa sui giornali inglesi, ma non ricordo dove.
Provo a farmi un giro su Google Fonts, per rendermi conto: quanto è insolita questa scelta?
Il risultato è che questa g singola è meno insolita di quanto pensassi, tra i caratteri serif, ma si trova praticamente solo tra gli slab. Ovvero quei caratteri dove le grazie sono di forma rettangolare, praticamente dello stesso spessore delle aste.
Il primo risultato che viene fuori è il Roboto Slab, seguono l’Arvo e il Bree serif.
Tutti e tre mancano dell’orecchio, e solo il terzo ha una grazia in punta al tratto discendente.
Più giù c’è un Crete Round, che ha l’orecchio ma non la grazia in basso.
Comunque, si tratta in gran parte di caratteri a spessore costante, che non hanno l’eleganza dell’Egyptian della Urw, che tutto sembra tranne che un egiziano.
Normalmente la parola egiziano io la collego con la testata del Corriere della Sera, ad esempio. Caratteri neri e pesanti. Guardando i vecchi articoli di Repubblica invece a tutto penso tranne che alla parola “slab”.
Per trovare un font che dia la stessa atmosfera bisogna scendere giù fino al Kameron (di Vernon Adams, buonanima), “reworking and fusing” di vari slab serif e Egyptian creati tra l’inizio e la metà del ventesimo secolo.
E il contrario, invece?
Una g senza grazie con due occhielli?
Quello è molto più comune. Basti pensare all’Open Sans, al Lato, all’Oswald, al Source Sans. E all’italiano Titillium.
Eh già, perché non tutti sanno che il Titillium, che si vede spesso sul web sui siti della Pubblica Amministrazione, è un progetto italiano, nato all’accademia di Belle Arti di Urbino, e diffuso gratuitamente su Google. Caricato su più di 530 mila siti web, almeno un quarto dei quali negli Stati Uniti.
Un articolo su come è stato scelto per rappresentare la PA è stato pubblicato in italiano sul sito Medium.
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