Pubblica amministrazione
Ho scaricato dei pdf dal sito di una Prefettura, e ho notato le intestazioni scritte con un bel corsivo svolazzante. Corsiva inglese, direi, ma senza occhielli sulle l minuscole. Le aste sono marcatamente inclinate verso destra. Noto che non si tratta di immagini, ma che il testo è inserito direttamente nel foglio. E questo vuol dire che si può sbirciare tra le proprietà del file, leggendo direttamente il nome del carattere usato senza dover faticare inutilmente.
Si tratta di un Palace Script, disponibile su Myfonts a http://www.myfonts.com/fonts/mti/palace-script/ 35 euro (c’è anche il semi-bold).
Il carattere è stato inserito in alcuni prodotti della scuderia Microsoft, per cui è molto diffuso (da Office 97 a Office 2010).
È della Monotype, il disegno originale risale al 1936. Ovviamente è taggato wedding, cioè matrimonio, essendo adatto ai biglietti, cartoncini, menu di nozze.
Tempo fa ho letto l’articolo di un’italiana che spiegava in inglese questo fatto, con stupore: che si usa lo stesso font per i biglietti di matrimonio e per l’amministrazione burocratica dello stato.
È in carattere calligrafico corsivo (talvolta Palace Script, ma non sempre) la carta intestata di alcuni ministeri, o la loro logo nelle pubblicità-progresso in tv e sulla carta stampata.
Sul blog c’erano anche alcune immagini di ciò di cui si parlava nell’articolo (peccato che il sito non è più aggiornato da tre anni).
È nota una scelta diversa fatta dell’Agenzia delle Entrate, la quale, avendo a che fare con numeri e tabulati, ha usato nel logo il Courier New, un Monospace (dove tutte le lettere, i numeri i segni di interpunzione hanno la stessa larghezza, anche per potere mettere dei dati in colonna).
Nella definizione data dalla Microsoft, il Palace Script è collegato con lo stile “copperplate”. Cercando qualche definizione precisa però ci si imbatte in tanti risultati indesiderati, su internet, visto che esiste un apposito font che si chiama Copperplate Gothic (pure diffuso da Microsoft), che non ha nulla a che vedere con la calligrafia). Inoltre ci sono tutorial su Youtube e libri di vario genere che insegnano a tracciare lo stile copperplate a mano (e quindi sono collegati con la tipografia solo indirettamente).
Copper vuol dire rame. Che c’entra il rame con la scrittura? Questo non lo spiegano mica (ai non iniziati).
Sul sito Iampeth c’è un excursus storico su come funzionava tra la fine del 1500 e il 1800: i calligrafi realizzavano un testo scritto con la penna, poi “l’esemplare manoscritto veniva trasferito su una lastra di rame dal maestro incisore usando uno strumento chiamato ‘bulino’ per prepararlo alla stampa”. In alcuni casi scrittore e incisore potevano essere la stessa persona.
Dice Wikipedia che il bulino è un sottile scalpello con la punta di acciaio utilizzato per particolari incisioni. Dai motori di ricerca vengono fuori parecchie foto di fucili stile western, in cui le parti metalliche sono state decorate con disegni incisi col bulino.
Ai vecchi tempi bisognava battere con un martelletto sull’impugnatura, mentre i modelli attuali hanno un meccanismo a martello pneumatico.
Il Copperplate Gothic risale invece al 1901. Disegnato da Goudy, ha comunque qualcosa a che vedere con questa tecnica del bulino. È un carattere che ha delle grazie appena accennate, tanto da sembrare un senza grazie, a prima vista.
Oggi ne esistono varie versioni diverse, tra cui alcune dove le grazie si notano di più
Si tratta di un Palace Script, disponibile su Myfonts a http://www.myfonts.com/fonts/mti/palace-script/ 35 euro (c’è anche il semi-bold).
Il carattere è stato inserito in alcuni prodotti della scuderia Microsoft, per cui è molto diffuso (da Office 97 a Office 2010).
È della Monotype, il disegno originale risale al 1936. Ovviamente è taggato wedding, cioè matrimonio, essendo adatto ai biglietti, cartoncini, menu di nozze.
Tempo fa ho letto l’articolo di un’italiana che spiegava in inglese questo fatto, con stupore: che si usa lo stesso font per i biglietti di matrimonio e per l’amministrazione burocratica dello stato.
È in carattere calligrafico corsivo (talvolta Palace Script, ma non sempre) la carta intestata di alcuni ministeri, o la loro logo nelle pubblicità-progresso in tv e sulla carta stampata.
Sul blog c’erano anche alcune immagini di ciò di cui si parlava nell’articolo (peccato che il sito non è più aggiornato da tre anni).
È nota una scelta diversa fatta dell’Agenzia delle Entrate, la quale, avendo a che fare con numeri e tabulati, ha usato nel logo il Courier New, un Monospace (dove tutte le lettere, i numeri i segni di interpunzione hanno la stessa larghezza, anche per potere mettere dei dati in colonna).
Nella definizione data dalla Microsoft, il Palace Script è collegato con lo stile “copperplate”. Cercando qualche definizione precisa però ci si imbatte in tanti risultati indesiderati, su internet, visto che esiste un apposito font che si chiama Copperplate Gothic (pure diffuso da Microsoft), che non ha nulla a che vedere con la calligrafia). Inoltre ci sono tutorial su Youtube e libri di vario genere che insegnano a tracciare lo stile copperplate a mano (e quindi sono collegati con la tipografia solo indirettamente).
Copper vuol dire rame. Che c’entra il rame con la scrittura? Questo non lo spiegano mica (ai non iniziati).
Sul sito Iampeth c’è un excursus storico su come funzionava tra la fine del 1500 e il 1800: i calligrafi realizzavano un testo scritto con la penna, poi “l’esemplare manoscritto veniva trasferito su una lastra di rame dal maestro incisore usando uno strumento chiamato ‘bulino’ per prepararlo alla stampa”. In alcuni casi scrittore e incisore potevano essere la stessa persona.
Dice Wikipedia che il bulino è un sottile scalpello con la punta di acciaio utilizzato per particolari incisioni. Dai motori di ricerca vengono fuori parecchie foto di fucili stile western, in cui le parti metalliche sono state decorate con disegni incisi col bulino.
Ai vecchi tempi bisognava battere con un martelletto sull’impugnatura, mentre i modelli attuali hanno un meccanismo a martello pneumatico.
Il Copperplate Gothic risale invece al 1901. Disegnato da Goudy, ha comunque qualcosa a che vedere con questa tecnica del bulino. È un carattere che ha delle grazie appena accennate, tanto da sembrare un senza grazie, a prima vista.
Oggi ne esistono varie versioni diverse, tra cui alcune dove le grazie si notano di più
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