Brevier
Sul sito della C-a-s-t, Cooperativa Anonima Servizi Tipografici, ho visto un font strano. Si chiama Brevier, ed ha dei pezzi mancanti, specie agli angoli o là dove gli archi dovrebbero toccare le aste. Mi sono tornati in mente il Delia di Simoncini e i suoi successori, progettati per gli elenchi telefonici, dove le dimensioni del testo devono essere per forza di cose piccole. Stampando in piccolo, magari su carta porosa, l’inchiostro si sparge sul foglio, sporcando la lettera, modificandola in maniera significativa e rendendola di più difficile lettura.
Il metodo che si usa in questi casi è quello di alterare la forma della lettera, prevedendo come sarà deformata al momento della stampa. In pratica si disegna una forma un po’ bizzarra, che al momento della stampa assume sul foglio l’aspetto voluto, quello normale, diciamo.
Clicco su “dettagli”, ed ecco che il sito di C-a-s-t conferma la mia ipotesi. “Brevier è un sans compatto, ideale per impaginare lunghi testi in dimensioni piccole o molto piccole: per confezioni, libretti di istruzioni, avvertenze farmaceutiche e qualsiasi altra cosa che deve essere leggibile anche a 3 punti”.
Le parti mancanti del carattere in prossimità degli angoli si chiamano “ink traps”, trappole per l’inchiostro. Molte giunture sono lasciate aperte.
La parola brevier inizialmente veniva usata dai tipografi per indicare i caratteri in corpo 8. Questo font è disegnato per essere utilizzato a grandezze minori o uguali a 8.
Il disegnatore è Riccardo Olocco.
Sul sito c’è anche un pdf con 9 pagine di specimen. Non si scende fino a 3, ma in corpo 6 il testo è perfettamente leggibile sul monitor senza nessun ingrandimento.
Inoltre, mentre a grandi dimensioni l’occhio si sofferma su quelle strane ink traps, già a grandezza 8 le suddette non sono più visibili ad occhio nudo. Le lettere non presentano nessuna straneza che salti all’occhio.
Secondo il dizionario online Dictionary la parola brevier indica, in tipografia, una dimensione di circa 8 punti, tra minion e bourgeois. L’origine viene fatta risalire all’ultimo decennio del Cinquecento, in Germania. Ovviamente deriva dalla parola Breviario, visto che in questa dimensione venivano stampati i breviari.
Wikipedia ha un’intera scheda dedicata al nome tradizionale delle dimensioni tipografiche, in America, Gran Bretagna, Francia, Germania, Olanda e... Cina. L’Italia non viene menzionata.
Secondo Wiki, Brevier è la grandezza 8 nel sistema americano, britannico e olandese. Si chiamava Gaillarde o Petit Texte in Francia, Petit o Jungfer in Germania.
Il Burgeois era il corpo 9, il Minion il corpo 7. Il 6 era universalmente Nonpareil (o Nonpareille o Nonparel), il 4 era Brilliant. Il 3 Excelsior in America, Minikin in Gran Bretagna.
Qualcuno aveva dei nomi anche per le dimensioni più piccole, ma chi e quando abbia usato caratteri di 1 punto tipografico mi pare assolutamente secondario.
Il 10 era Long Primer.
E il dodici, ovvero la dimensione standard negli attuali editor di testo? Il nome era Pica, nel mondo anglosassone, Cicero in quello tedesco. Mai sentito, St.Augustin, il nome francese.
Le grandezze superiori tendono ad essere multipli di Pica e Cicero, o fare riferimento al Canon francese (48 punti).
A quanti millimetri corrispondono queste dimensioni è tutta un’altra storia, visto che mentre gli americani e i cinesi usano i punti americani, in Europa si usavano i punti Fournier o Didot. I quali differiscono tra di loro di qualche frazione di millimetro. E non coincidono col punto Postscript attualmente in uso nei programmi per computer.
Il metodo che si usa in questi casi è quello di alterare la forma della lettera, prevedendo come sarà deformata al momento della stampa. In pratica si disegna una forma un po’ bizzarra, che al momento della stampa assume sul foglio l’aspetto voluto, quello normale, diciamo.
Clicco su “dettagli”, ed ecco che il sito di C-a-s-t conferma la mia ipotesi. “Brevier è un sans compatto, ideale per impaginare lunghi testi in dimensioni piccole o molto piccole: per confezioni, libretti di istruzioni, avvertenze farmaceutiche e qualsiasi altra cosa che deve essere leggibile anche a 3 punti”.
Le parti mancanti del carattere in prossimità degli angoli si chiamano “ink traps”, trappole per l’inchiostro. Molte giunture sono lasciate aperte.
La parola brevier inizialmente veniva usata dai tipografi per indicare i caratteri in corpo 8. Questo font è disegnato per essere utilizzato a grandezze minori o uguali a 8.
Il disegnatore è Riccardo Olocco.
Sul sito c’è anche un pdf con 9 pagine di specimen. Non si scende fino a 3, ma in corpo 6 il testo è perfettamente leggibile sul monitor senza nessun ingrandimento.
Inoltre, mentre a grandi dimensioni l’occhio si sofferma su quelle strane ink traps, già a grandezza 8 le suddette non sono più visibili ad occhio nudo. Le lettere non presentano nessuna straneza che salti all’occhio.
Secondo il dizionario online Dictionary la parola brevier indica, in tipografia, una dimensione di circa 8 punti, tra minion e bourgeois. L’origine viene fatta risalire all’ultimo decennio del Cinquecento, in Germania. Ovviamente deriva dalla parola Breviario, visto che in questa dimensione venivano stampati i breviari.
Wikipedia ha un’intera scheda dedicata al nome tradizionale delle dimensioni tipografiche, in America, Gran Bretagna, Francia, Germania, Olanda e... Cina. L’Italia non viene menzionata.
Secondo Wiki, Brevier è la grandezza 8 nel sistema americano, britannico e olandese. Si chiamava Gaillarde o Petit Texte in Francia, Petit o Jungfer in Germania.
Il Burgeois era il corpo 9, il Minion il corpo 7. Il 6 era universalmente Nonpareil (o Nonpareille o Nonparel), il 4 era Brilliant. Il 3 Excelsior in America, Minikin in Gran Bretagna.
Qualcuno aveva dei nomi anche per le dimensioni più piccole, ma chi e quando abbia usato caratteri di 1 punto tipografico mi pare assolutamente secondario.
Il 10 era Long Primer.
E il dodici, ovvero la dimensione standard negli attuali editor di testo? Il nome era Pica, nel mondo anglosassone, Cicero in quello tedesco. Mai sentito, St.Augustin, il nome francese.
Le grandezze superiori tendono ad essere multipli di Pica e Cicero, o fare riferimento al Canon francese (48 punti).
A quanti millimetri corrispondono queste dimensioni è tutta un’altra storia, visto che mentre gli americani e i cinesi usano i punti americani, in Europa si usavano i punti Fournier o Didot. I quali differiscono tra di loro di qualche frazione di millimetro. E non coincidono col punto Postscript attualmente in uso nei programmi per computer.
Commenti
Posta un commento