Cosa ha inventato Gutenberg?
Su Youtube è disponibile il video di una conferenza in inglese, riguardante i primi documenti stampati da Gutenberg nel ’400. Il filmato è stato condiviso da Microsoft Research. Purtroppo si tratta solo di una lezione: la qualità del video è bassa, l’inquadratura è fissa sul relatore, il quale improvvisa il discorso, con tutte le esitazioni che ne conseguono. Vengono mostrati alcuni documenti, sotto forma di slide, che nel filmato vengono inseriti per pochi secondi, non sempre nel momento in cui vengono commentati.
Un testo scritto, un lettore professionista, e qualche effetto in più nel presentare il materiale, avrebbe giovato.
Il filmato dura circa un’ora e un quarto.
Della tecnica precisa usata nei primi cinquant’anni della tipografica si sa ben poco: all’epoca ogni arte aveva i suoi segreti. Prima di stampare la sua famosa Bibbia, Gutenberg stampò altri documenti, con lettere leggermente più grandi.
Leggere, all’epoca, era un’attività molto più complicata rispetto ad oggi. Ogni lettera aveva varie forme, a seconda delle lettere che seguiva e precedeva. In più erano ancora in uso le abbreviazioni medievali. Per cui bisognava predisporre una e normale, una e accentata, una e con tilde, una e con barra e così via. La cosa strana è che all’interno dello stesso testo compaiono varie ‘e’ dello stesso tipo che apparentemente non possono derivare dallo stesso punzone.
Per ricostruire la forma dei caratteri da stampa sono state fatte delle analisi molto accurate che hanno identificato il segno della pressione della lettera sul foglio della pergamena, che non corrisponde con la forma lasciata dall’inchiostro, che si spande oltre i bordi.
In alcuni casi, lettere singole vengono ottenute apparentemente pezzi diversi: una n formata da due aste avvicinate tra di loro, o la w realizzata con una specie di i avvicinata ad una v.
Usando tecniche avanzate di analisi computerizzata, lo studioso cerca di farsi un quadro dettagliato di quante dovevano essere le versioni diverse della stessa lettera (tenuto conto della deformazione inevitabile con le tecniche dell’epoca, per cui era impossibile stampare due forme esattamente uguali utilizzando lo stesso pezzo).
A un certo punto si comincia a parlare anche di caratteri creati individualmente, non derivanti da un punzone unico.
Alcune forme che si vedono all’interno delle lettere fanno pensare alle tecniche utilizzate per l’alfabeto cuneiforme. Per cui la forma iniziale della lettera sarebbe stata ritoccata con uno strumento con la punta di forma quadrata o romboidale. Strumento che nessuno ha visto e di cui nessuno ha mai parlato.
Osservando alcune lettere di dimensioni diverse il relatore arriva a dire che non si può pensare all’esistenza di un font, cioè di un punzone unico da cui derivano tutte.
Insomma: la tecnica tradizionale della stampa a caratteri mobili non sarebbe stata inventata già pronta da Gutenberg fin dall’inizio, ma deriverebbe da varie sperimentazioni fatte nei primi decenni della tipografia.
Il sito Open Learn riassume così le conclusioni a cui sarebbero giunti gli studiosi: “La loro ipotesi su come Gutenberg ha creato i suoi tipi di carattere è che veniva creato uno stampo temporaneo, veniva fusa una lettera, ma il processo di togliere la lettera dallo stampo rovinava la superficie. Così lo stesso stampo doveva essere ricreato per fabbricare la seconda lettera”.
Un testo scritto, un lettore professionista, e qualche effetto in più nel presentare il materiale, avrebbe giovato.
Il filmato dura circa un’ora e un quarto.
Della tecnica precisa usata nei primi cinquant’anni della tipografica si sa ben poco: all’epoca ogni arte aveva i suoi segreti. Prima di stampare la sua famosa Bibbia, Gutenberg stampò altri documenti, con lettere leggermente più grandi.
Leggere, all’epoca, era un’attività molto più complicata rispetto ad oggi. Ogni lettera aveva varie forme, a seconda delle lettere che seguiva e precedeva. In più erano ancora in uso le abbreviazioni medievali. Per cui bisognava predisporre una e normale, una e accentata, una e con tilde, una e con barra e così via. La cosa strana è che all’interno dello stesso testo compaiono varie ‘e’ dello stesso tipo che apparentemente non possono derivare dallo stesso punzone.
Per ricostruire la forma dei caratteri da stampa sono state fatte delle analisi molto accurate che hanno identificato il segno della pressione della lettera sul foglio della pergamena, che non corrisponde con la forma lasciata dall’inchiostro, che si spande oltre i bordi.
In alcuni casi, lettere singole vengono ottenute apparentemente pezzi diversi: una n formata da due aste avvicinate tra di loro, o la w realizzata con una specie di i avvicinata ad una v.
Usando tecniche avanzate di analisi computerizzata, lo studioso cerca di farsi un quadro dettagliato di quante dovevano essere le versioni diverse della stessa lettera (tenuto conto della deformazione inevitabile con le tecniche dell’epoca, per cui era impossibile stampare due forme esattamente uguali utilizzando lo stesso pezzo).
A un certo punto si comincia a parlare anche di caratteri creati individualmente, non derivanti da un punzone unico.
Alcune forme che si vedono all’interno delle lettere fanno pensare alle tecniche utilizzate per l’alfabeto cuneiforme. Per cui la forma iniziale della lettera sarebbe stata ritoccata con uno strumento con la punta di forma quadrata o romboidale. Strumento che nessuno ha visto e di cui nessuno ha mai parlato.
Osservando alcune lettere di dimensioni diverse il relatore arriva a dire che non si può pensare all’esistenza di un font, cioè di un punzone unico da cui derivano tutte.
Insomma: la tecnica tradizionale della stampa a caratteri mobili non sarebbe stata inventata già pronta da Gutenberg fin dall’inizio, ma deriverebbe da varie sperimentazioni fatte nei primi decenni della tipografia.
Il sito Open Learn riassume così le conclusioni a cui sarebbero giunti gli studiosi: “La loro ipotesi su come Gutenberg ha creato i suoi tipi di carattere è che veniva creato uno stampo temporaneo, veniva fusa una lettera, ma il processo di togliere la lettera dallo stampo rovinava la superficie. Così lo stesso stampo doveva essere ricreato per fabbricare la seconda lettera”.
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