Metodo Simoncini

Si è parlato abbastanza nei mesi scorsi della mostra Metodo Simoncini, organizzata a Bologna in memoria dell’imprenditore italiano che produceva dal dopoguerra agli anni 70 caratteri tipografici per le linotype. Adesso ho trovato un articolo molto dettagliato su Frizzifrizzi, corredato di alcune delle immagini, in una delle quali è evidente in cosa consisteva il Metodo in questione.
In pratica con le vecchie tecniche di stampa, disegnando una lettera con grazie rettangolari, lo spargersi dell’inchiostro sul foglio smussava gli angoli, generando una lettera dal profilo tondeggiande.
L’idea di Simoncini era quella di distorcere la forma della lettera da realizzare sulla matrice, disegnando concavità più o meno marcate in prossimità degli angoli e delle estremità. La forma che veniva fuori era apparentemente bizzarra, ma così facendo si sfruttava l’effetto dovuto allo spargersi dell’inchiostro sul foglio: in fase di stampa una lettera della forma voluta, ad esempio con grazie di forma rettangolare, senza angoli smussati.
L’autore dell’articolo ha avuto come cicerone alla mostra proprio Cavedoni, uno degli organizzatori (nonché nome noto per far parte del gruppo tipografico della Apple, negli Stati Uniti).
Nell’articolo di parla del Garamond di Simoncini, usato da Einaudi e da molte altre case editrici, dell’Aster, che a quanto pare si usa ancora oggi sulla Gazzetta Ufficiale, e del Delia, progettato appositamente per i piccoli formati, Pagine Gialle ed Elenchi telefonici.
Nonostante l’importanza che aveva all’epoca, Simoncini è stato dimenticato, sia all’estero che in Italia (dove in effetti la cultura tipografica è in gran parte sconosciuta).
Cercando su Wikipedia in italiano la parola Simoncini, viene fuori una pagina di disambiguazione che contiene tre calciatori, un militare e una cantante.
Per avere un elenco dei vari tipi prodotti dall’azienda, bisogna rivolgersi alla Wikipedia in inglese.
È possibile leggere una presentazione della mostra scritta in inglese da Cavedoni sul sito Cast.
Accanto all’articolo ci sono varie foto del Delia, dove si può vedere la tecnica usata, che poi è stata adattata ed è diventata standard per le stampe in piccole dimensioni (oggi si chiama Ink trap). La tecnica consiste nell’inserire spazi vuoti tra gli archi e le aste, per far sì che l’inchiostro non sporchi la forma del carattere. Guardando il disegno ingrandito, le lettere hanno una forma assurda, ma stampando in piccole dimensioni l’inchiostro va a colmare i vuoti e la lettera assume una forma normale.
Fontsinuse ha catalogato solo quattro usi di caratteri Simoncini: due Live, un Garamond e un Aster.
Il sito nomina anche il Delia, e il Selene. Quest’ultimo, lanciato col nome di Armstrong e poi rinominato, era disponibile in dimensione da 6 a 12. Sembra fosse stato progettato per i quotidiani.
Apparentemente su internet non se ne trova neanche una dimostrazione, a parte una pagina del catalogo della mostra, con cinque minuscole, tre maiuscole e relative “altezze dei punzoni”. C’era una g con l’occhiello inferiore aperto, la Q con la coda stile Arial. Più di questo non si riesce a sapere.

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