Bembo

Il Bembo è un carattere tipografico creato da Francesco Griffo per l’edizione del De Aetna di Pietro Bembo, stampata nel 1496. È stato fonte di ispirazione per generazioni di stampatori, tra cui Claude Garamond.
Nel 1499 venne usato per la stampa della Hypnetomachia Poliphili, attribuita a Francesco Colonna.
Su Wikipedia in italiano è possibile vedere alcune righe dell’incipit del De Aetna. In linea di massima la forma delle lettere ci è familiare, nonostante siano passati più di cinque secoli. All’epoca era qualcosa di innovativo, tenuto conto che molti usavano caratteri gotici o notevolmente influenzati dal gotico.
Identifont classifica soltanto 6 differenze tra Bembo e Garamond: la P, il 6 e il 9 nel Garamond sono aperte mentre nel Bembo sono chiuse. La W ha le due grazie centrali unite al centro nel Bembo. La Z non ha la grazia verso l’alto, che invece nel Garamond c’è.
Ma la sensibilità di Identifont è molto rudimentale. A occhio si nota che la C ha due becchi uncinati, che si allungano in avanti come poi vedremo nel Pastonchi. La K ha i tratti ondulati. La gamba della R è ondulata, e si allunga notevolmente di avanti. La T, che nel Garamond è asimmetrica, nel Bembo è simmetrica. E tanti piccoli dettagli si possono trovare nelle minuscole, specie nella forma delle grazie.
Chiaramente il Bembo che sta sul sito non è la versione originale, ma quella disegnata dallo staff della Monotype nel 1990, a sua volta basato sui disegni di Stanley Morison del 1929 (lo stesso disegnatore a cui dobbiamo il Times New Roman).
Il Jy Aetna dichiara apertamente di essersi ispirato al Bembo. È stato disegnato da un tale Jack Yan nel 1995. Fa anche i nomi di Griffo e di Giovanni Antonio Tagliente. Chi era quest’ultimo?
Si tratta di un calligrafo vissuto tra Quattrocento e Cinquecento. In Italia è sconosciuto. Nonostante sia vissuto a Venezia, non ha una pagina Wikipedia dedicata. Che esiste invece in lingua inglese. Dove si legge che Tagliente fu di ispirazione per il “popular 1928 book typeface Bembo” (due fonti citate, con tanto codice Isbn).
Wiki in inglese mostra una pagina del suo manuale di calligrafia, dove si può riconoscere una cancelleresca.
Per tornare invece alla pagina del De Aetna, notiamo qualcosa che lo rende diverso dai testi moderni (a parte il fatto che è scritto in latino). Veniva utilizzata la s lunga, anche in caso di doppia s, ma non quando il suono compariva alla fine della parola. In quel caso veniva inserita la s normale (e trattandosi di latino, la cosa avveniva molto più spesso che in italiano). Venivano utilizzate molte legature: doppia s lunga, s lunga e t, ma anche ct che ormai è caduta in disuso. Venivano usati simboli oggi scomparsi, come una q barrata. Inoltre gli spazi attorno alla punteggiatura variavano a seconda delle esigenze. Quando c’era bisogno di stringersi per far entrare tutto il testo sulla riga, non veniva messo lo spazio né prima né dopo le virgole. Quando invece c’era bisogno di allargarsi, veniva messo lo spazio sia prima che dopo. Ovviamente all’epoca la giustificazione del testo andava fatta a mano, non c’erano sistemi automatici, che vennero inventati più di tre secoli dopo.
Bembo fu un personaggio di una certa importanza all’epoca, e contribuì al dibattito culturale e poetico, collaborando direttamente con Manuzio nella cura di alcune sue edizioni (Dante e Petrarca). Era un cardinale, e viene raffigurato vestito di rosso con folta barba.
Il De Aetna non affrontava questioni poetiche: era il resoconto dettagliato di una visita al vulcano Etna, con descrizione geografica del vulcano e numerosi riferimenti a quello che dicevano le fonti classiche.

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