Elite
La fonderia Nebiolo aveva una serie chiamata Elite. Era un corsivo italico a lettere separate, con tratti a spessore abbastanza costante. Una via di mezzo tra lo stampatello corsivo e un calligrafico. La E per esempio è fatta con due archi, la l forma un occhiello, e la f ha un occhiello nel tratto discendente (e solo metà del tratto ascendente). Il disegnatore è Aldo Novarese, l’anno di lancio il 1968. Fontsinuse ne segnala due usi, diciamo uno: si tratta di un poster di una “Mostra Folkloristica Lombarda” del 1969.
La cosa particolarmente interessante è che non solo il carattere è stato utilizzato per il nome della mostra, la città (Luino) e l’elenco delle attività (Manifestazioni, canti, ambiente, cucina), ma anche per realizzare il simbolo grafico della mostra. Nella parte alta del cartellone c’è infatti un grosso fiore colorato, che si rivela essere una l ripetuta 8 volte (4 in blu, 4 in arancione), a formare i petali.
Nel punto in cui le l di colori diversi si sovrappongono, il colore è dato dalla somma dei due colori primari (viola). Due lettere dello stesso colore non si sovrappongono mai.
L’altro uso segnalato dal Fontsinuse è un’insegna di un ristorante in Portogallo. Qua però si tratta di una cosa realizzata artigianalmente con tubi luminosi. L’ispirazione derivante dall’Elite è evidente, dice il sito, ma qui le lettere sono tutte collegate una all’altra.
Per realizzare il nome Elite in digitale, il sito ha utilizzato un font del 2005, un revival chiamato Fontella, di Canada Type.
In effetti, cercando Elite, vengono fuori tutt’altri font, su internet.
Fonts.com, della Monotype, indirizza al Typewriter Elite, che è un font da macchina da scrivere. Particolarmente interessante, perché mostra la forma ideale delle lettere da macchina da scrivere, senza sporcature. Quardandolo sembra quasi di sentire il rumore metallico dei tasti e dei martelletti che sbattono sul foglio.
Font Squirrel ha un altro typewriter, stavolta sporco e irregolare, per simulare i contorni frastagliati che le lettere assumevano sul foglio quando venivano battute a macchina.
Dafont invece ha un illeggibile Elite di Trypo, che è un bizzarro font in cui le lettere sono realizzate come combinazioni di altre lettere. Ad esempio digitando la A sullo schermo compare una barra seguita da trattino e barra inversa, mentre la T è ottenuta con apice singolo, chiusa quadra, aperta quadra apice singolo.
L’alfabeto minuscolo contiene delle varianti (la E ottenuta col simbolo della lira), ma in effetti non mi pare che il risultato sia molto felice.
Non a caso, il sito scrive: 0 download yesterday.
Per quanto riguarda il Fontella, Fontsinuse non ha catalogato nessun uso.
Su Myfonts si vende a 22 euro (-1c).
Canada Type è famosa per il revival dei caratteri italiani. Tra i più rilevanti in vendita su Myfonts c’è il Semplicita Pro, il cui punto di partenza è il Semplicità di Alessandro Butti, disegnato nel 1930 proprio per la Nebiolo.
Tra gli altri font di Canada Type ci sono il Gibson (senza grazie svizzero, top webfont sul sito), l’Orpheus Pro (serif elegante, revival di un tipo di carattere disegnato dal tedesco Walter Temann negli anni 20) e il Trump Soft Pro.
Quest’ultimo non prende il nome dall’attuale presidente americano, ma da Georg Trump, che lo ha disegnato, col nome di Signum, nel 1955. È un senza grazie condensato, comune per i titoli di coda dei film, nei poster e nelle copertine delle riviste, qui in una versione leggermente ammorbidita.
La cosa particolarmente interessante è che non solo il carattere è stato utilizzato per il nome della mostra, la città (Luino) e l’elenco delle attività (Manifestazioni, canti, ambiente, cucina), ma anche per realizzare il simbolo grafico della mostra. Nella parte alta del cartellone c’è infatti un grosso fiore colorato, che si rivela essere una l ripetuta 8 volte (4 in blu, 4 in arancione), a formare i petali.
Nel punto in cui le l di colori diversi si sovrappongono, il colore è dato dalla somma dei due colori primari (viola). Due lettere dello stesso colore non si sovrappongono mai.
L’altro uso segnalato dal Fontsinuse è un’insegna di un ristorante in Portogallo. Qua però si tratta di una cosa realizzata artigianalmente con tubi luminosi. L’ispirazione derivante dall’Elite è evidente, dice il sito, ma qui le lettere sono tutte collegate una all’altra.
Per realizzare il nome Elite in digitale, il sito ha utilizzato un font del 2005, un revival chiamato Fontella, di Canada Type.
In effetti, cercando Elite, vengono fuori tutt’altri font, su internet.
Fonts.com, della Monotype, indirizza al Typewriter Elite, che è un font da macchina da scrivere. Particolarmente interessante, perché mostra la forma ideale delle lettere da macchina da scrivere, senza sporcature. Quardandolo sembra quasi di sentire il rumore metallico dei tasti e dei martelletti che sbattono sul foglio.
Font Squirrel ha un altro typewriter, stavolta sporco e irregolare, per simulare i contorni frastagliati che le lettere assumevano sul foglio quando venivano battute a macchina.
Dafont invece ha un illeggibile Elite di Trypo, che è un bizzarro font in cui le lettere sono realizzate come combinazioni di altre lettere. Ad esempio digitando la A sullo schermo compare una barra seguita da trattino e barra inversa, mentre la T è ottenuta con apice singolo, chiusa quadra, aperta quadra apice singolo.
L’alfabeto minuscolo contiene delle varianti (la E ottenuta col simbolo della lira), ma in effetti non mi pare che il risultato sia molto felice.
Non a caso, il sito scrive: 0 download yesterday.
Per quanto riguarda il Fontella, Fontsinuse non ha catalogato nessun uso.
Su Myfonts si vende a 22 euro (-1c).
Canada Type è famosa per il revival dei caratteri italiani. Tra i più rilevanti in vendita su Myfonts c’è il Semplicita Pro, il cui punto di partenza è il Semplicità di Alessandro Butti, disegnato nel 1930 proprio per la Nebiolo.
Tra gli altri font di Canada Type ci sono il Gibson (senza grazie svizzero, top webfont sul sito), l’Orpheus Pro (serif elegante, revival di un tipo di carattere disegnato dal tedesco Walter Temann negli anni 20) e il Trump Soft Pro.
Quest’ultimo non prende il nome dall’attuale presidente americano, ma da Georg Trump, che lo ha disegnato, col nome di Signum, nel 1955. È un senza grazie condensato, comune per i titoli di coda dei film, nei poster e nelle copertine delle riviste, qui in una versione leggermente ammorbidita.
Commenti
Posta un commento