La Q a coda orizzontale: Josefin, Play, Cuprum

La coda della Q è uno dei dettagli più caratteristici di un font. Nel Times New Roman parte dal bordo della lettera e va verso l’esterno, nell’Arial sta mezza dentro e mezza fuori. Nel Baskerville va a zigzag, prima a sinistra poi a destra. Nel Century invece parte dal bordo, ma verso l’interno, segue la forma di un’onda e spunta all’esterno. Queste sono le soluzioni più note. Poi mi viene in mente il Pt Sans, dove la coda è staccata dal resto della lettera. E infine mi viene in mente la Q a coda orizzontale, usata in alcuni font pensati per i giornali o per piccole dimensioni, dove non si vuole occupare troppo spazio al di sotto della linea di base con fronzoli inutili.
Dove l’ho vista? A memoria mi viene in mente l’italiano Aster, disegnato da Simoncini nel 1958, oggi diffuso in digitale da Mecanorma. Ma il ricordo non è proprio accurato: la coda là esce verso il basso, diventando quasi subito orizzontale. Effettivamente occupava poco spazio al di sotto della lettera, ma appunto non si estendeva oltre il bordo destro, ed era comunque un tratto discendente. Di recente mi pare di avere visto una Q senza tratto discendente. Peccato che non ricordo dove.
Vado a cercare su Google Fonts. Trovo forme bizzarre: la Q spaccata del Sedgwick Ave Display, la Q aperta del Macondo, la Q a coda verticale del Dosis. Solo più in basso c’è il Josefin Sans, che è un font molto diffuso, che ha una Q che è praticamente un cerchio perfetto con coda che spunta a destra rettilinea lungo la linea di base.
Il Josefin Sans risulta disegnato da Santiago Orozco. “Ispirato ai senza grazie geometrici degli anni 20”, dice la didascalia. Diciamo pure che la a e la t hanno le forme del Futura, ma la e ha il tratto centrale obliquo anziché orizzontale. La Q del Futura è come quella dell’Arial, con coda rettilinea mezza dentro e mezza fuori.
580 mila siti usano il Josefin Sans.
Di Orozco Identifont conosce una decina di font, più della metà dei quali sono versioni del Josefin. Ci sono poi tre versioni dell’Antic (normale, Didone e Slab), un Dorsa condensatissimo e un Italiana, disponibile su Google. È un senza grazie elegante, con tratti più spessi e tratti filiformi. Adatto ad usi display, perché in piccolo il contrasto tra linee spesse e sottili è un po’ fastidioso.
Identifont rimanda anche ad un account twitter: Typemade Foundry.
Myfonts conosce un solo font di Orozco: il Clark, un hairline, ossia un senza grazie sottile come un capello. Con un “tocco calligrafico”, dice la descrizione.
La fonderia è messicana.
Tornando a Google, e alla Q a coda orizzontale, la seconda scelta disponibile è il Play, dove la forma della lettera è data da quattro tratti rettilinei uniti da raccordi curvi. Qualcosa che ricorda l’Eurostile o il Bank Gothic.
Il Play supporta l’alfabeto russo e quello greco. Il disegnatore è Jonas Hecksher.
Disegnato per la fonderia Playtype. Sul sito della quale al momento sta in evidenza l’Italian Plate no.2, dello stesso disegnatore. La fonderia è danese.
La parola plate in inglese indica la targa. Che farebbe pensare alle targhe italiane, e in effetti le proporzioni sembrano quelle e la forma in molti casi è ripresa da lì. Ma alcune lettere decisive hanno forme diverse. Ad esempio la W, la lettera più bislacca che compare sulle targhe italiane, dove è una specie di M rovesciata. Nel font di Hecksher si è scelto di non osare troppo, mettendoci una W di forma più normale. Anche il 5 sembra un po’ strano, con quel tratto verticale laddove dovrebbe essere leggermente obliquo.
Oltre alle maiuscole, il set comprende anche le minuscole, senza nessuna possibilità di attingere alle vere targhe, dove le minuscole non compaiono mai. Il disegnatore ha scelto di metterci una a come quella del Futura, ma una t molto Helvetica.
Per concludere con la Q a coda orizzontale, su Google al terzo posto ci si imbatte nel Cuprum, di Jovanny Lemonad (che abbiamo già incontrato su questo blog). Basato sui lavori di Miles Newlyn, grottesco stretto, spiega il sito.

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