Televideo e Mediavideo
Avete mai fatto caso a quale font viene usato per i testi su Televideo o Mediavideo? Beh, vi sarete resi conto che la grafica cambia proprio il giorno in cui cambiate televisore. Eh, già, perché per il teletext i css non sono mai arrivati. L’emittente trasmette i codici delle lettere, e poi è il televisore che li associa alla relativa forma. Ne consegue che sui televisori vecchi le lettere sono praticamente pixelate, mentre su quelli nuovi hanno una definizione maggiore.
E non si tratta solo di dettagli, ma proprio di forma.
La Rai una scelta l’ha dovuta fare, visto che pubblica le pagine di Televideo anche sul web, sotto forma di immagini uguali per tutti. E ha fatto una scelta abbastanza retrò. Le lettere sono ancora pixelate, anche se gli spigoli sono arrotondati. La A maiuscola ha la forma tradizionale, coi fianchi paralleli e il tetto a punta. Il numero 0 invece si distingue dalla O maiuscola per il punto centrale, oltre per il fatto di essere più arrotondato mentre la O ha i lati più rettilinei. Alcune lettere sono con grazie, ad esempio la T, che ha i due bracci simmetrici, triangolari, che si allargano verso il basso mano mano che ci si allontana dal centro.
Questa schermata invece è presa da un televisore vecchio (ancora a tubo catodico). I tratti sono sottili, la T è senza grazie, lo zero non ha il punto centrale, (ma è più spesso della O). Evidentemente la memoria destinata al font era minore.
Gli schermi più moderni invece hanno fatto scelte diverse. In questo esempio c’è una A dai fianchi paralleli, ma corti, con una superficie orizzontale in vetta che la rende praticamente arrotondata. La T è senza grazie, ma lo 0 è barrato.
Anche agli albori doveva usarsi uno zero barrato, se è autentica quest’immagine trovata su internet (dove la T aveva le grazie, mentre la A aveva tratti verticali molto lunghi. Comunque lo zero barrato era abbastanza comune, nell’informatica degli anni Ottanta).
Ma nessuno vieta di fare scelte più moderne. Altre schermata presa da internet: qua vediamo una A normale, a pianta triangolare. E lo zero non è né barrato né puntato. Notare che anche in questo caso si tratta di un monospace, ovvero un font dove le lettere larghe (la m) e quelle strette (la l) devono occupare lo stesso spazio orizzontale. Quindi sono state applicate le consuete scelte che si fanno in questi casi: l ed i hanno grazie slab molto accentuate, mentre la m e le altre lettere larghe sono senza grazie.
Su una cosa però le emittenti possono sbizzarrirsi: i titoli delle sezioni, che sono in pratica dei bitmap. Quindi devono essere disegnati, un pixel alla volta (una volta per tutte, visto che non cambiano quasi mai), e possono marcare la differenza grafica tra un teletext e l’altro.
Qua sotto vediamo al confronto le intestazioni del Televideo Rai e quelle del Mediavideo di Mediaset.
La7 il suo teletext lo ha dismesso, così come tante altre emittenti (che magari non ce l’hanno mai avuto). Oggi si punta sul web, sui social, che sono molto più flessibili, e non prevedono acquisto di attrezzatura speciale.
I giovani, abituati a ricevere notizie di tutti i tipi sul cellulare, neanche prendono in considerazione l’importanza che può avere avuto il teletext nel passato.
A me è rimasta impressa l’immagine di un portavoce politico, di quelli che rilasciavano dichiarazioni più volte al giorno, intervistato da un telegiornale nazionale. Alle spalle, nel suo ufficio, aveva due televisori accesi. Uno sintonizzato sull’Ultim’ora del Televideo, e l’altro sull’Ultim’ora di Mediavideo (in entrambi i casi, pagina 101). Le informazioni erano tempestive, e il tutto era molto meno invasivo di una delle attuali televisioni all-news.
La Rai una scelta l’ha dovuta fare, visto che pubblica le pagine di Televideo anche sul web, sotto forma di immagini uguali per tutti. E ha fatto una scelta abbastanza retrò. Le lettere sono ancora pixelate, anche se gli spigoli sono arrotondati. La A maiuscola ha la forma tradizionale, coi fianchi paralleli e il tetto a punta. Il numero 0 invece si distingue dalla O maiuscola per il punto centrale, oltre per il fatto di essere più arrotondato mentre la O ha i lati più rettilinei. Alcune lettere sono con grazie, ad esempio la T, che ha i due bracci simmetrici, triangolari, che si allargano verso il basso mano mano che ci si allontana dal centro.
Questa schermata invece è presa da un televisore vecchio (ancora a tubo catodico). I tratti sono sottili, la T è senza grazie, lo zero non ha il punto centrale, (ma è più spesso della O). Evidentemente la memoria destinata al font era minore.
Gli schermi più moderni invece hanno fatto scelte diverse. In questo esempio c’è una A dai fianchi paralleli, ma corti, con una superficie orizzontale in vetta che la rende praticamente arrotondata. La T è senza grazie, ma lo 0 è barrato.
Anche agli albori doveva usarsi uno zero barrato, se è autentica quest’immagine trovata su internet (dove la T aveva le grazie, mentre la A aveva tratti verticali molto lunghi. Comunque lo zero barrato era abbastanza comune, nell’informatica degli anni Ottanta).
Ma nessuno vieta di fare scelte più moderne. Altre schermata presa da internet: qua vediamo una A normale, a pianta triangolare. E lo zero non è né barrato né puntato. Notare che anche in questo caso si tratta di un monospace, ovvero un font dove le lettere larghe (la m) e quelle strette (la l) devono occupare lo stesso spazio orizzontale. Quindi sono state applicate le consuete scelte che si fanno in questi casi: l ed i hanno grazie slab molto accentuate, mentre la m e le altre lettere larghe sono senza grazie.
Su una cosa però le emittenti possono sbizzarrirsi: i titoli delle sezioni, che sono in pratica dei bitmap. Quindi devono essere disegnati, un pixel alla volta (una volta per tutte, visto che non cambiano quasi mai), e possono marcare la differenza grafica tra un teletext e l’altro.
Qua sotto vediamo al confronto le intestazioni del Televideo Rai e quelle del Mediavideo di Mediaset.
La7 il suo teletext lo ha dismesso, così come tante altre emittenti (che magari non ce l’hanno mai avuto). Oggi si punta sul web, sui social, che sono molto più flessibili, e non prevedono acquisto di attrezzatura speciale.
I giovani, abituati a ricevere notizie di tutti i tipi sul cellulare, neanche prendono in considerazione l’importanza che può avere avuto il teletext nel passato.
A me è rimasta impressa l’immagine di un portavoce politico, di quelli che rilasciavano dichiarazioni più volte al giorno, intervistato da un telegiornale nazionale. Alle spalle, nel suo ufficio, aveva due televisori accesi. Uno sintonizzato sull’Ultim’ora del Televideo, e l’altro sull’Ultim’ora di Mediavideo (in entrambi i casi, pagina 101). Le informazioni erano tempestive, e il tutto era molto meno invasivo di una delle attuali televisioni all-news.
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