10 regole per fare impazzire un grafico. Comic Sans
“10 regole per far impazzire un grafico” è un cartone animato italiano in 10 puntate, postato su Youtube tra il novembre 2015 e il marzo 2016.
I personaggi sono solo due: il grafico (un giovane leone) e il cliente (una zebra).
È una satira del cliente incompetente, che dà indicazioni contraddittorie, disdice il lavoro già fatto, fa impazzire il povero grafico, lasciandolo alla fine senza neanche un compenso per il proprio lavoro.
La serie è divertentissima, alcuni grafici hanno commentato su Youtube e Facebook che ci si riconoscono, succede proprio così, o che clienti del genere li hanno avuti e scaricati da tempo.
Purtroppo è un cartone italiano, quindi al momento di raccogliere, raccoglie ben poco: meno di tremila visualizzazioni la prima puntata, poco più di cinquecento l’ultima.
Soggetto, sceneggiatura, personaggi, ambienti, animazione e montaggio sono di Fabio Rocci (e anche l’account Youtube), a soggetto e sceneggiatura ha lavorato anche Adamo D’Agostino (che esce dalla scuola romana di fumetti e dall’accademia Disney), le musiche sono di Ilario Presciani.
Capitolo divertente, dal punto di vista tipografico, il quarto, quello in cui il cliente chiede di rivedere la “calligrafia”, come dice lui, ovvero “la font”, come dice il grafico. Il quale aveva usato “l’Helvetica, un carattere molto leggibile e poco pesante all’occhio”. “Non va bene!”, dice il cliente, e chiede di vederne altri. Li scarta tutti tranne uno: il Comic Sans. Esilerante la faccia del leone quando riconosce di cosa si tratta. Resta senza parole, allibito, e non riesce a fare altro che ripetere agghiacciato “Co-mic-Sans!”.
Ultimo colpo di scena inaspettato: i titoli di coda. Normalmente sono in un carattere molto spesso, con lettere tutte attaccate (bello, ma non so come si chiama). In questo caso invece vengono realizzati tutti nel famigerato Comic Sans.
Il quale, per chi non lo sapesse, è il carattere tipografico maggiormente vittima di bullismo di tutta la storia della tipografia.
Disegnato da Vincent Connare nel 1994 per il programma Microsoft Bob, che doveva servire a introdurre i bambini all’uso dei computer, fu inizialmente sfortunato. Quando fu pronto, il programma era già stato scritto tenendo conto delle metriche del Times New Roman. Comunque, il carattere venne inserito di default nel sistema operativo Windows, e venne usato in lungo e in largo, essendo il più informale di tutti. A creare fastidio tra gli addetti ai lavori, il fatto che il Comic sans è stato usato nei contesti più inappropriati: ospedali, farmacie, ambulanze, defibrillatori, tombe... Un po’ fuori luogo per un font pensato per essere giocoso e diretto ai bambini. Wikipedia elenca tra l’altro un monumento ai caduti in guerra olandese, e avvisi stampati per vittime di stupro.
Col passare del tempo la sfida è diventata epica. C’è chi, magari scherzosamente ha dichiarato guerra all’uso del Comic Sans, chi ha preso sul serio lo scherzo e lo odia veramente. Chi lo disprezza per motivi estetici, e chi solo per darsi delle arie da designer.
Oltre agli haters, ovviamente ci sono anche sostenitori ed estimatori.
I motori di ricerca restituiscono le vignette più cruente sull’argomento. C’è anche chi ha provato a fondere il Comic Sans col Papyrus, altro carattere bullizzato anche a causa della sua popolarità.
L’immagine che mi colpisce di più è un impietoso confronto tra l’originale della dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America (scritta in Caslon, credo), e lo stesso identico testo riproposto in Comic Sans.
A proposito, la parola Sans indica che si tratta di un carattere senza grazie. Ma in effetti qualcuna ce n’è: quelle lunghe della I, stile monospace, quella della s minuscola, e quella della C maiuscola. Che è proprio l’iniziale del nome. Già. La lettera iniziale del Comic Sans non è sans.
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