Larghezze

Nei font monospace tutte le lettere hanno la stessa larghezza. Erano monospace i caratteri usati dalle macchine da scrivere, dove, per forza di cose, il carrello aveva un avanzamento fisso ad ogni tasto premuto, e quelli usati sui primi computer, dove sullo schermo c’era una griglia invisibile e fissa, nella quale ogni posizione poteva essere occupata da un solo carattere. I monospace vengono ancora usati in programmazione, e in qualsiasi altro uso in cui è necessario che il testo sia organizzato in una griglia, appunto. Tutti gli altri font sono a larghezza variabile, che significa che alcune lettere sono più larghe, altre più strette. Questo non significa per forza che la larghezza è necessariamente diversa da lettera a lettera. Possono esistere delle misure ricorrenti. Come avviene nel Times New Roman, dove con sette o otto misure diverse si può fare un intero alfabeto (maiuscolo o minuscolo)
Quattro lettere (p,q,b,d) hanno la stessa misura (1024), e pare ovvio, visto che la forma di base è pressoché la stessa, anche se ribaltata in orizzontale o in verticale. Ma la stessa misura è quella di h,k,n,o,u,v,x,y e anche della g.
Due lettere sono più larghe: la m e la w (la seconda è leggermente più stretta della prima).
Tra le più strette troviamo prima un gruppo di quattro lettere (a,c,e,z, le lettere della parola “zecca”), la s, sola soletta, poi altre due lettere (f,r, stessa larghezza per entrambe). Infine ci sono le più strette in assoluto (i,j,l,t).


La f sembra più stretta della r, ma è solo per via del kerning.

Per l’alfabeto maiuscolo vale lo stesso discorso, ma le lettere sono strutturate in maniera completamente diversa. Anche qui c’è un folto gruppo (A,D,G,H,K,N,O,Q,U,V,X,Y), composto in gran parte delle stesse lettere che abbiamo visto nel minuscolo. La differenza è la A, che prende il posto della b, e la P che manca.
Anche qui due lettere sono più larghe rispetto a questo gruppo, ma a parti invertite. La più larga in assoluto è la W (che ha i tratti che si divaricano), seguita anche qui dalla M (che invece ha i fianchi paralleli).
Tra le più strette troviamo prima un gruppo di tre (B,C,R), poi un gruppo di quattro (E,L,T,Z), poi un altro gruppo di tre (F,P,S). Insomma, E ed F non hanno la stessa larghezza, come uno potrebbe dire tirando a indovinare (e come è in altri font), la R è più larga di F e P.
Agli ultimi due posti ovviamente ci sono I e J, che in questo caso non hanno la stessa larghezza. La J del Times infatti non scende sotto la linea di base, ma si arriccia a sinistra. Per forza di cose deve essere più larga della I.

 
Qualche sorpresa arriva anche osservando i simboli. Il punto e la virgola hanno la stessa larghezza, per esempio. Ma il punto è più stretto dei duepunti. Non perché cambia la forma, ma perché aumenta lo spazio a destra e a sinistra.


Chiaramente chi disegna i caratteri deve prendere in considerazione tutte queste misurazioni. Tenendo conto che c’è un certo margine di scelta. Certe lettere che alcuni disegnatori hanno inserito in una certa categoria, altri le hanno messe in un gruppo di lettere più larghe o più strette.


In questa immagine vediamo al confronto tre tra i font più diffusi: Times New Roman, Garamond e Arial.



Nel Times, abbiamo detto, la J è più larga della I. Nell’Arial (il terzo della serie) la J è molto più larga della I (quasi il doppio). Nel Garamond invece, contro ogni previsione, la J è addirittura più stretta della I.
Nella seconda colonna confrontiamo altre quattro lettere. A e D nel Times hanno la stessa lunghezza. Come pure la E e la L, che sono più corte. In Garamond e Arial invece la A è senza dubbio più corta della D, e la L è più corta della E.
Mentre nel Garamond A ed E hanno due larghezze diverse, nell’Arial hanno esattamente la stessa larghezza. Il Garamond non dà troppo peso a queste superstizioni numeriche. Il numero esatto ricorre molto raramente. Per fare le quattro lettere p,q,b,d usa tre numeri diversi (solo la p e la b hanno la stessa larghezza, le altre due sono diverse, anche tra di loro).

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