L’uomo che uccise Liberty Valance
Ieri su La7 è andato in onda un classico: L’uomo che uccise Liberty Valance, con James Stewart e John Wayne. Uno dei coprotagonisti è un giornalista, fondatore, direttore e fattorino dello Shinbone Star, che scrive sul suo giornale articoli su quanto sta avvenendo mano mano che la storia si dipana.
Così possiamo vedere qualche inquadratura delle prime pagine del suo giornale, che gli creeranno vari problemi, visto che Liberty, infuriato, gliele farà letteralmente ingoiare, uccidendolo quasi.
“Due agricoltori uccisi da Liberty Valance e dalla sua banda”, titola il giorno dell’assemblea. Con un carattere insolito, secondo gli standard moderni, ma senza dubbio collegato col far west. Le grazie sono rettangolari, e molto più spesse dei tratti delle lettere. Viene subito in mente il Playbill, che continua ad essere diffuso con i programmi Microsoft, ma è più recente. Risale al 1938, disegnato da Robert Harling per Stephenson Blake, ed è già un revival dei caratteri che andavano di moda nel secolo precedente.
Ma di quali caratteri? Fonts In Use scrive che Playbill è una reinterpretazione dei caratteri in legno “French Antique”, del diciannovesimo secolo.
Un French Antique esiste ancora, su Myfonts, su disegno risalente al 1869, ma è condensato in maniera eccessiva, chissà perché (pubblicato da Wooden Type Fonts).
Un nome più comune a cui si fa riferimento è quello di French Clarendon. Anche questo è in digitale, anche se risulta disegnato nel 2015 da Jordan Davies per Wooden Type Fonts. E qua ci avviciniamo: date un’occhiata alla forma della g, che manca dell’occhiello inferiore (quasi come nell’Hobo). Come nella pagina che viene inquadrata nel film.
Anche i titoli più piccoli della prima pagina vengono scritti nello stesso carattere, un po’ più condensato (“Moglie guarda impotente mentre il marito viene picchiato a morte”).
Un carattere diverso è invece usato a destra per la pubblicità del “Negozio di selle di Jim Dalton”, con la m che ha quel famoso tratto discendente curvo, che non si usa praticamente più.
L’assemblea si svolge, Valance si candida, nessuno lo vota. Vengono eletti al suo posto James Stewart e lo stesso giornalista, che titola a tutta pagina, e in stampatello: “Liberty Valance defeeted” (Liberty Valance sconfitto, con lo spelling sbagliato nella parola defeated. C’è che per alleviare la paura della vendetta del bandito, il giornalista si è ubriacato. Si accorge dell’errore e si rende conto che deve ristampare la pagina).
Qui il carattere è diverso: senza grazie, o quasi, molto condensato. A vita alta, nel senso che il tratto orizzontale di E, F, B ed R è molto alto. Anche la A è strana, avendo una pianta trapezoidale, con la base minore in alto.
Molto fuori moda è la C, che ha un riccio strano in basso, tanto da sembrare una G.
Normale senza grazie la seconda riga del titolo, ancora French Clarendon per i titoli più piccoli.
Insomma, i titoli trasudano far west e Ottocento da tutti i pori. Ma quanto sono accurati? Davvero un giornale all’epoca sarebbe impaginato così?
Probabilmente no. Nell’800 si usava titolare l’articolo solo sulla prima colonna, anche quando questo si estendeva sulle colonne successive. Vari esempi di grafica ottocentesca si possono vedere sul sito Rare Newspapers. E su Ebay. Sul Web circola pure una ristampa di come doveva essere stata la prima pagina del Tombston Epitaph che riferiva della sparatoria dell’Ok Corral: sette colonne, la prima e le ultime due di pubblicità, le restanti quattro dedicate alla sparatoria, ma il titolo solo sulla prima. Non si sa fino a che punto sia accurata, visto che non circolano foto dell’originale, ma di sicuro è in linea con quello che si faceva all’epoca, a giudicare della prime pagine del quotidiano nei mesi precedenti e successivi.
Si vede in alcune foto una prima pagina fatta con cinque colonne di pubblicità e un articolo su due colonne. Il “titolo” è solo sulla prima: tre parole, centrate, in neretto. In foto neanche si leggono.
Per dare risalto a una certa notizia, al limite si potevano mettere in neretto più titoli consecutivi.
Il film risale al 1962, quando l’apertura a tutta pagina per le notizie importanti era scontata. Soprattutto c’era l’esigenza di far vedere agli spettatori di cosa parlava il giornale.
I titoli a tutta pagina si cominciano a vedere forse verso la fine del secolo, intorno al 1890, con il cosiddetto “yellow journalism”, in italiano “stampa scandalistica”, noto per le verifiche e il molto sensazionalismo.
La storia narrata dal film è inventata, non viene menzionato nessun anno preciso, né una località. Si parla però della conversione di un territorio in stato. 11 stati vennero proclamati negli Usa tra la metà del diciannovesimo secolo e il 1889, portando il totale a 42. Tre si aggiunsero nell’ultimo decennio dell’Ottocento (Idaho, Wyoming e Utah). Altri tre nella prima metà del Novecento (Oklahoma, Nuovo Messico e Arizona). Per gli ultimi due, Alaska e Hawaii, bisognerà aspettare la fine degli anni Cinquanta.
Nella foto (presa dal web): un giornale annuncia la morte di Billy The Kid, nel 1881. Titolo su una sola colonna.
Così possiamo vedere qualche inquadratura delle prime pagine del suo giornale, che gli creeranno vari problemi, visto che Liberty, infuriato, gliele farà letteralmente ingoiare, uccidendolo quasi.
Un fotogramma del film.
“Due agricoltori uccisi da Liberty Valance e dalla sua banda”, titola il giorno dell’assemblea. Con un carattere insolito, secondo gli standard moderni, ma senza dubbio collegato col far west. Le grazie sono rettangolari, e molto più spesse dei tratti delle lettere. Viene subito in mente il Playbill, che continua ad essere diffuso con i programmi Microsoft, ma è più recente. Risale al 1938, disegnato da Robert Harling per Stephenson Blake, ed è già un revival dei caratteri che andavano di moda nel secolo precedente.
Ma di quali caratteri? Fonts In Use scrive che Playbill è una reinterpretazione dei caratteri in legno “French Antique”, del diciannovesimo secolo.
Un French Antique esiste ancora, su Myfonts, su disegno risalente al 1869, ma è condensato in maniera eccessiva, chissà perché (pubblicato da Wooden Type Fonts).
Un nome più comune a cui si fa riferimento è quello di French Clarendon. Anche questo è in digitale, anche se risulta disegnato nel 2015 da Jordan Davies per Wooden Type Fonts. E qua ci avviciniamo: date un’occhiata alla forma della g, che manca dell’occhiello inferiore (quasi come nell’Hobo). Come nella pagina che viene inquadrata nel film.
Anche i titoli più piccoli della prima pagina vengono scritti nello stesso carattere, un po’ più condensato (“Moglie guarda impotente mentre il marito viene picchiato a morte”).
Un carattere diverso è invece usato a destra per la pubblicità del “Negozio di selle di Jim Dalton”, con la m che ha quel famoso tratto discendente curvo, che non si usa praticamente più.
L’assemblea si svolge, Valance si candida, nessuno lo vota. Vengono eletti al suo posto James Stewart e lo stesso giornalista, che titola a tutta pagina, e in stampatello: “Liberty Valance defeeted” (Liberty Valance sconfitto, con lo spelling sbagliato nella parola defeated. C’è che per alleviare la paura della vendetta del bandito, il giornalista si è ubriacato. Si accorge dell’errore e si rende conto che deve ristampare la pagina).
Un altro fotogramma del film
Molto fuori moda è la C, che ha un riccio strano in basso, tanto da sembrare una G.
Normale senza grazie la seconda riga del titolo, ancora French Clarendon per i titoli più piccoli.
Insomma, i titoli trasudano far west e Ottocento da tutti i pori. Ma quanto sono accurati? Davvero un giornale all’epoca sarebbe impaginato così?
Probabilmente no. Nell’800 si usava titolare l’articolo solo sulla prima colonna, anche quando questo si estendeva sulle colonne successive. Vari esempi di grafica ottocentesca si possono vedere sul sito Rare Newspapers. E su Ebay. Sul Web circola pure una ristampa di come doveva essere stata la prima pagina del Tombston Epitaph che riferiva della sparatoria dell’Ok Corral: sette colonne, la prima e le ultime due di pubblicità, le restanti quattro dedicate alla sparatoria, ma il titolo solo sulla prima. Non si sa fino a che punto sia accurata, visto che non circolano foto dell’originale, ma di sicuro è in linea con quello che si faceva all’epoca, a giudicare della prime pagine del quotidiano nei mesi precedenti e successivi.
Si vede in alcune foto una prima pagina fatta con cinque colonne di pubblicità e un articolo su due colonne. Il “titolo” è solo sulla prima: tre parole, centrate, in neretto. In foto neanche si leggono.
Per dare risalto a una certa notizia, al limite si potevano mettere in neretto più titoli consecutivi.
Il film risale al 1962, quando l’apertura a tutta pagina per le notizie importanti era scontata. Soprattutto c’era l’esigenza di far vedere agli spettatori di cosa parlava il giornale.
I titoli a tutta pagina si cominciano a vedere forse verso la fine del secolo, intorno al 1890, con il cosiddetto “yellow journalism”, in italiano “stampa scandalistica”, noto per le verifiche e il molto sensazionalismo.
La storia narrata dal film è inventata, non viene menzionato nessun anno preciso, né una località. Si parla però della conversione di un territorio in stato. 11 stati vennero proclamati negli Usa tra la metà del diciannovesimo secolo e il 1889, portando il totale a 42. Tre si aggiunsero nell’ultimo decennio dell’Ottocento (Idaho, Wyoming e Utah). Altri tre nella prima metà del Novecento (Oklahoma, Nuovo Messico e Arizona). Per gli ultimi due, Alaska e Hawaii, bisognerà aspettare la fine degli anni Cinquanta.
Nella foto (presa dal web): un giornale annuncia la morte di Billy The Kid, nel 1881. Titolo su una sola colonna.
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