The last punchcutter

Di recente abbiamo visto un documentario su come lavorava l’industria italiana Simoncini per produrre le sue matrici per linotype. Adesso invece ho trovato una serie di filmati che mostrano il metodo tradizionale, artigianale, senza pantografi e macchinari vari.
Li ha realizzati un tale Stan Nelson, americano, storico della stampa.
Nel primo filmato si vede sommariamente il modo in cui veniva intagliato il punzone (purtoppo parecchi dettagli sfuggono). La lettera non ce la disegna sopra, ma ce la passa grazie ad una pellicola di plastica e a un originale annerito con una specie di candela.
Nel secondo filmato la matrice viene temperata, cioè arroventata con la fiamma ossidrica e poi immersa nell’acqua. Nella parte posteriore ci va aggiunto del metallo fuso, lasciandola a mollo fino a quando non compare una sfumatura gialla.A questo punto dal punzone devono nascere le matrici. Si appoggia il punzone su una barretta di rame (in maniera accurata, la lettera deve venire dritta e nel punto giusto). Si batte con un martello (senza muovere il punzone). Poi la barretta andrà lavorata per arrivare alla dimensione giusta.
Nel terzo filmato si vede come vengono formati i caratteri. Si versa il metallo fuso nello stampo nel quale si trova la matrice. E subito dopo, quando si è solidificato, lo si estrae. Il ritmo era tra i 6 e gli 8 caratteri al minuto.
Nell’ultimo filmato, i caratteri vengono rifiniti. Per prima cosa si spezza via tutto il metallo in eccedenza. Compito semplice, che veniva affidato ai ragazzi (tutti gli avanzi non venivano certo buttati via, ma fusi di nuovo). In un’ora si spezzavano duemila caratteri, la produzione di mezza giornata. Poi bisognava lisciare i bordi: prima quelli larghi, un carattere alla volta, poi, quelli corti, tutti i caratteri insieme in un apposito strumento di legno. Infine ci si passava uno strumento con una lama, che lui mi pare chiama aratro, per fare un ultimo taglio (forse la scanalatura laterale). 
I dettagli che sfuggono in questi filmati amatoriali si vedono invece, e benissimo, in un cortometraggio professionale realizzato da due italiani, Giorgio Affanni e Gabriele Chiapparini, per Griffo, la grande festa delle lettere.
Si intitola The Last Punchcutter, il protagonista è Giuseppe Bracchino, capo del reparto punzoni della Nebiolo di Torino. Il filmato dura sei minuti, ed è tutto in silenzio, senza una parola. Si sente solo il respiro del protagonista mentre lavora. Rende bene l’idea della pazienza che ci voleva per intagliare i punzoni.
Uniche due consolazioni durante il lavoro: una tazzina di caffè, e una sigaretta.
Per il resto, a partire dal disegno di una G e da tre parametri di riferimento, il protagonista resta curvo sulla barretta metallica, guardandola attraverso una lente di ingrandimento. Dopo averne limato i bordi, con uno strumento appuntito incide l’interno della lettera. poi lavora sul profilo esterno. Il film si conclude con l’inquadratura della forma terminata. Pure i titoli di coda passano nel completo silenzio.
Il film, postato su Youtube nell’estate 2016, è stato visto meno di 1300 volte. L’americano ha raggiunto 18 mila visualizzazioni dal 2009.
I dizionari non danno una traduzione immediata in italiano di punchcutter (la didascalia del video è in inglese). Il termine che si usava in italiano credo fosse incisore di punzoni.
Dice il sito della tipografia piemontese G. Canale che “Prima dell’utilizzo del pantografo questa attività richiedeva una tale abilità da essere considerata pari a quella del disegno stesso del carattere, al quale peraltro spesso l’incisore contribuiva”.

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