Cufon
Nena-News è una agenzia di stampa che si occupa di Medio Oriente. Il sito ha una caratteristica strana, mai vista altrove: i titoli degli articoli sono immagini. Chissà per quale motivo.
Ispezionandoli con l’apposito strumento di Firefox non riesce ad identificare il font usato. Ma soprattutto ingrandendo la pagina con CTRL+, mentre il testo normale si ingrandisce mantenendo la definizione (caratteri raster), il titolo si ingrandisce sgranandosi. Come fosse un’immagine. Tant’è vero che non è possibile selezionare un titolo, copiarlo e incollarlo in un editor di testo.
A che serve questa scelta? Che vantaggi ci sono? Perché è stata presa? Come si fa ad applicarla anche sul proprio sito? La risposta è: non lo so.
Il font usato per i titoli dovrebbe essere Gnuolane. Perlomeno, questa è la parola che riesco a riconoscere nel codice. Visto che sul sito è in bassa definizione, i dettagli sfuggono, come le estremità oblique di alcune lettere, tipo la l minuscola.
Se si va a modificare la parola alla voce “alt”, nel codice, dentro il tag “cufon”, la parola cambia anche sullo schermo. E cambiando i parametri successivi, tra le virgolette, si cambia anche l’altezza o la larghezza del testo.
Potrebbe essere una funzione per adattare un qualsiasi testo a un qualsiasi spazio? Mah, a me sembra che l’effetto non sia diverso rispetto all’uso normale dei caratteri in una pagina.
La funzione cufon, scritta in Javascript, ha un copyright del 2011 a nome di Simo Kinnunen, ed è diffusa con licenza Mit.
Sta in una sottocartella della cartella BangkokPress.
A quanto leggo altrove, il progetto cufòn è durato fino al 2017.
In una presentazione datata 2009 si legge “Cufon effettua sostituzione di testo nelle pagine web, usando l’elemento canvas e Vml per visualizzare caratteri stravaganti” (“fancy types”).
Un articolo del 2009 su Viget parlava in maniera più estesa del funzionamento del sistema, dei pro e contro. Uno dei pro era che rendeva più difficile “rubare” i font, visto che i file non erano raggiungibili dalla pagina, come succede con i Css. Ma visto che Gnuolane è scaricabile gratuitamente, non mi pare che ci sia tutta questa necessità di proteggere alcunché, in questo caso.
In conclusione, non trovo nessun motivo per cui bisognerebbe scegliere questo sistema anziché i css. E infatti non l’ho visto in uso altrove. Magari l’agenzia sta semplicemente andando avanti con un’infrastruttura superata, installata chissà chi, chissà quando, chissà perché.
Un tale, su un forum, cinque anni fa scriveva, a chi consigliava di usare web fonts: “a volte i web fonts non ci stanno bene. A volte hai bisogno di Avenir o Gill Sans e le copie economiche per il web non sono adatte”.
L’articolo migliore si trova probabilmente su HtmlAndCssBook. Che racconta tutta la storia: all’inizio gli unici font che si potevano usare erano quelli che l’utente aveva installato sul proprio computer. Quindi la gamma era limitata a quei cinque-sei font che si era sicuri di trovare su tutti i computer. Le soluzioni più fantasiose erano escluse a prescindere.
Poi sono arrivati i Css, con la regola @font-face, che permetteva di usare font non installati, scaricandoli di volta in volta dal server. “Molti creatori di font non permettono che i loro caratteri siano usati in questa maniera”, diceva l’articolo.
Così nacquero due alternative: Ifr, cioè una combinazione di Javascript e Flash: un’animazione flash viene inserita a sostituire il testo, e Cufon, più rapido, che non richiedeva flash installato sul computer dell’utente.
L’articolo, che non è datato, presentava le due tecniche come già superate, e invitava ad affidarsi invece a Css, ai font di Google, o a servizi come Typekit o Fontdeck.
Il primo già lo conosciamo, il secondo ha chiuso il servizio a partire dal primo dicembre del 2016.
Ispezionandoli con l’apposito strumento di Firefox non riesce ad identificare il font usato. Ma soprattutto ingrandendo la pagina con CTRL+, mentre il testo normale si ingrandisce mantenendo la definizione (caratteri raster), il titolo si ingrandisce sgranandosi. Come fosse un’immagine. Tant’è vero che non è possibile selezionare un titolo, copiarlo e incollarlo in un editor di testo.
A che serve questa scelta? Che vantaggi ci sono? Perché è stata presa? Come si fa ad applicarla anche sul proprio sito? La risposta è: non lo so.
Il font usato per i titoli dovrebbe essere Gnuolane. Perlomeno, questa è la parola che riesco a riconoscere nel codice. Visto che sul sito è in bassa definizione, i dettagli sfuggono, come le estremità oblique di alcune lettere, tipo la l minuscola.
Se si va a modificare la parola alla voce “alt”, nel codice, dentro il tag “cufon”, la parola cambia anche sullo schermo. E cambiando i parametri successivi, tra le virgolette, si cambia anche l’altezza o la larghezza del testo.
Potrebbe essere una funzione per adattare un qualsiasi testo a un qualsiasi spazio? Mah, a me sembra che l’effetto non sia diverso rispetto all’uso normale dei caratteri in una pagina.
La funzione cufon, scritta in Javascript, ha un copyright del 2011 a nome di Simo Kinnunen, ed è diffusa con licenza Mit.
Sta in una sottocartella della cartella BangkokPress.
A quanto leggo altrove, il progetto cufòn è durato fino al 2017.
In una presentazione datata 2009 si legge “Cufon effettua sostituzione di testo nelle pagine web, usando l’elemento canvas e Vml per visualizzare caratteri stravaganti” (“fancy types”).
Un articolo del 2009 su Viget parlava in maniera più estesa del funzionamento del sistema, dei pro e contro. Uno dei pro era che rendeva più difficile “rubare” i font, visto che i file non erano raggiungibili dalla pagina, come succede con i Css. Ma visto che Gnuolane è scaricabile gratuitamente, non mi pare che ci sia tutta questa necessità di proteggere alcunché, in questo caso.
In conclusione, non trovo nessun motivo per cui bisognerebbe scegliere questo sistema anziché i css. E infatti non l’ho visto in uso altrove. Magari l’agenzia sta semplicemente andando avanti con un’infrastruttura superata, installata chissà chi, chissà quando, chissà perché.
Un tale, su un forum, cinque anni fa scriveva, a chi consigliava di usare web fonts: “a volte i web fonts non ci stanno bene. A volte hai bisogno di Avenir o Gill Sans e le copie economiche per il web non sono adatte”.
L’articolo migliore si trova probabilmente su HtmlAndCssBook. Che racconta tutta la storia: all’inizio gli unici font che si potevano usare erano quelli che l’utente aveva installato sul proprio computer. Quindi la gamma era limitata a quei cinque-sei font che si era sicuri di trovare su tutti i computer. Le soluzioni più fantasiose erano escluse a prescindere.
Poi sono arrivati i Css, con la regola @font-face, che permetteva di usare font non installati, scaricandoli di volta in volta dal server. “Molti creatori di font non permettono che i loro caratteri siano usati in questa maniera”, diceva l’articolo.
Così nacquero due alternative: Ifr, cioè una combinazione di Javascript e Flash: un’animazione flash viene inserita a sostituire il testo, e Cufon, più rapido, che non richiedeva flash installato sul computer dell’utente.
L’articolo, che non è datato, presentava le due tecniche come già superate, e invitava ad affidarsi invece a Css, ai font di Google, o a servizi come Typekit o Fontdeck.
Il primo già lo conosciamo, il secondo ha chiuso il servizio a partire dal primo dicembre del 2016.
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