Google Fonts in ordine cronologico
Normalmente quando si va su Google Fonts i risultati vengono mostrati ordinati per “trending”. Che significa... non si sa. Evidentemente Google ha una formula per capire quali vanno mostrati prima e quali dopo, sulla base del numero di siti che lo usano, di pagine visualizzate, di aumento rispetto al periodo precedente, eccetera. Ma tra le opzioni di ricerca è possibile anche organizzare la lista per ordine cronologico. Dal più recente al più antico. L’ultimo della lista (il più vecchio) è il Mukta Malar, di Ek Type. Un senza grazie svizzero, mai sentito nominare. Sette stili, addirittura.
Risalendo, troviamo l’Inconsolata di Ralph Levien (monospace), il Molengo di Denis Jacquerye (senza grazie a larghezza variabile, ma con le forme da monospace). Segue il Reenie Beanie di James Grieshaber, il primo script, a lettere separate.
Due righe più su c’è il notissimo Lobster, calligrafico display, e tutti quelli della serie Im Fell, firmati Igino Marini.
Subito dopo ci sono alcuni cavalli di battaglia: Old Standard TT, Tangerine, Vollkorn, Pt Sans. Altre due righe più su, i Josefin.
Il Lato arriva solo parecchie righe dopo, passati gli Unifraktur e l’Ubuntu.
In cima alla lista invece, tra i più recenti, ci sono quelli della serie Ibm, in cui ci siamo già imbattuti una volta questi giorni: serif, sans, mono. Sviluppati dalla nota azienda informatica.
Alcuni di quelli più recenti li abbiamo già notati perché stanno in testa alla classifica trending.
C’è il Cute Font, che a dispetto del nome è uno stranissimo font dove la e ha un’altezza intermedia tra la x e le maiuscole.
E c’è il Gugi, dove alcuni tratti sono sostituiti da pallini: il tratto centrale della E o della A, ad esempio.
Più sotto ci stanno quelli della serie Nanum: gothic (sans), coding (monospace), Myeongjo (serif), Pen e Brush (script).
Peccato che non ci sono le date di upload vicino ad ogni font.
Risalendo, troviamo l’Inconsolata di Ralph Levien (monospace), il Molengo di Denis Jacquerye (senza grazie a larghezza variabile, ma con le forme da monospace). Segue il Reenie Beanie di James Grieshaber, il primo script, a lettere separate.
Due righe più su c’è il notissimo Lobster, calligrafico display, e tutti quelli della serie Im Fell, firmati Igino Marini.
Subito dopo ci sono alcuni cavalli di battaglia: Old Standard TT, Tangerine, Vollkorn, Pt Sans. Altre due righe più su, i Josefin.
Il Lato arriva solo parecchie righe dopo, passati gli Unifraktur e l’Ubuntu.
In cima alla lista invece, tra i più recenti, ci sono quelli della serie Ibm, in cui ci siamo già imbattuti una volta questi giorni: serif, sans, mono. Sviluppati dalla nota azienda informatica.
Alcuni di quelli più recenti li abbiamo già notati perché stanno in testa alla classifica trending.
C’è il Cute Font, che a dispetto del nome è uno stranissimo font dove la e ha un’altezza intermedia tra la x e le maiuscole.
E c’è il Gugi, dove alcuni tratti sono sostituiti da pallini: il tratto centrale della E o della A, ad esempio.
Più sotto ci stanno quelli della serie Nanum: gothic (sans), coding (monospace), Myeongjo (serif), Pen e Brush (script).
Peccato che non ci sono le date di upload vicino ad ogni font.
Commenti
Posta un commento