Italico

Wikipedia nella pagina dedicata all’ “italic type” mette come prima immagine il “chancery italic” di Ludovico Arrighi, risalente a circa il 1527. L’italico propriamente detto è usato solo per le minuscole. Le maiuscole sono in regular.
La pagina di Wiki in inglese è collegata a quella chiamata “corsivo”, in italiano. Che certe volte crea qualche malinteso, visto che la parola corsivo, contrapposta a stampatello, serve ad indicare la corsiva inglese calligrafica, con le lettere attaccate una all’altra e spesso gli occhielli su tratti ascendenti e discendenti.
Ma anche il corsivo italico è ispirato a qualche calligrafia manoscritta, quella degli umanisti del quindicesimo e sedicesimo secolo, che avevano reso molto più fluide le lettere normali, a tratti verticali, a loro volta ispirate alla minuscola carolingia.
Il corsivo venne usato inizialmente soltanto per le minuscole, e per l’intero testo di libri in edizione popolare.
Poi vennero elaborate anche le maiuscole. Sulla stampa periodica veniva spesso utilizzato per distinguere graficamente gli articoli uno dall’altro. In particolare veniva utilizzato per gli editoriali, che ancora oggi qualcuno chiama corsivi, anche se vengono scritti in caratteri normali.
Successivamente venne introdotta l’idea di utilizzare il corsivo insieme ad un altro carattere della stessa dimensione, per evidenziare delle parole all’interno di un testo.
Le prime maiuscole corsive risalgono al 1524 in Austria, grazie allo stampatore Johann o Johannes Singriener.
L’uso di usare il corsivo per evidenziare un testo venne sviluppato a partire dal sedicesimo secolo, ed era già nell’uso normale nel diciassettesimo.
La forma delle lettere è gradualmente cambiata nel corso del tempo. L’esempio più palese è quello della h, che inizialmente aveva la gamba curvata verso l’interno, come fosse una b aperta, mentre in seguito ha iniziato a curvare verso l’esterno, come fa la n. Altre differenze possono essere l’occhiello sul tratto superiore della k, o il tratto inferiore della z, che prima scendeva al di sotto della linea di base, mentre ora tende ad appoggiarvisi.
Per passare dal regolare all’italico non basta inclinare l’asse: questa soluzione viene messa in atto, ma si chiama obliquo. La forma delle lettere cambia, talvolta in maniera significativa. La a perde il tratto superiore, la f, che normalmente termina sulla linea di base, acquista un tratto discendente. La e e la v perdono alcuni spigoli. La m e la n perdono le grazie inferiori, mentre l’ultima gamba diventa arricciata. E così via.
Non tutti gli italici ovviamente mettono in atto le stesse soluzioni.
Wikipedia prosegue spiegando dettagliatamente i vari casi in cui si può enfatizzare il testo, e gli altri sistemi, che venivano utilizzati nelle macchine da scrivere, nei file txt, o nei messaggi in cui non si può intervenire sul font. Ovviamente si possono utilizzare le virgolette, singole o doppie, ma anche altri simboli a precedere e seguire la parola da evidenziare, ad esempio il trattino basso o gli asterischi.
Qualche paragrafo è dedicato agli upright italics, cioè ai caratteri che hanno le lettere con le forme del corsivo ma l’asse verticale, e agli italici che pendono a sinistra, molto rari, non solo nel nostro alfabeto.
In teoria per gli alfabeti come quello arabo, che si scrivono da destra a sinistra, dovrebbe essere più ovvio inclinare l’asse a sinistra, ma spesso non succede. Quando succede, anziché parlare di italic, si parla di iranic. Un po’ per assonanza, ma soprattutto perché collegato al nome di un matematico e logico iraniano che sviluppò l’idea negli anni Cinquanta del Novecento.
La pagina in italiano di Wikipedia è molto, molto più stringata.

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