Giò Fuga. Il catalogo Barnardt del 1908
Uno dei nomi in cui ci si imbatte spesso nella scena tipografica italiana recente è quello di Giò Fuga. Autore del carattere dei titoli dell’Espresso nel 2009 e di un carattere senza grazie per la Yamaha nel 2009, ha cominciato a disegnare alfabeti verso la metà degli anni 80. Basato a Milano, membro AtypI, insegnante di tipografia in due istituti di Milano e in uno a Porto Alegre, secondo quanto racconta Luc Devroye. Che pubblica anche una sua fotografia, oltre a qualche specimen. Tra cui uno che viene definito “The most beautiful New Year’s card ever printed”, la più bella cartolina di Capodanno mai stampata: C’è scritto Buon 2017 con un carattere slab. L’unica singolarità è che attorno ad ogni lettera sono presenti le misure ortogonali dei vari segmenti. Nulla di particolarmente bello, per i non addetti ai lavori.
Si trovano da qualche parte i font di Giò Fuga, in download? Apparentemente no. Il nome è completamente sconosciuto a Identifont, che raccoglie informazioni dai principali siti commerciali. Cerchi “fuga”, e ti risponde “Vuoi dire Gluck?”. Insomma, dal punto di vista estero è quasi come se non fosse mai esistito. Il sito web Giofuga.com è 1.0. Statico, coi link sbagliati, e con dei gif per movimentare il tutto che fanno “girare gli occhi”, come si suol dire.
La scheda dei vari font prodotti è scritta con uno dei caratteri disegnati da lui, suppongo. Che però non viene messo sul sito nelle css (sennò se lo rubano): il testo è inserito in un jpg (581x898px). Da notare la sciccheria: le legature della s, cioè sc, sp, st, che oggi non si usano più. In effetti a vederle, per chi non è abituato, sono abbastanza fastidiose.
Uno dei progetti annunciati (ma forse non terminati) era quello del Sotoportego, uno stencil modellato sulle insegne delle strade veneziane. Tantissimi i riferimenti a Venezia nei nomi: dal Venexiano, al Murano, al Forcola “Sfaccettato come le forcole, gli scalmi strettamente funzionali dalle qualità plastiche delle gondole”. L’idea iniziale è suggestiva, la pratica è un font disegnato da una mano tremolante.
La scheda dei vari font prodotti è scritta con uno dei caratteri disegnati da lui, suppongo. Che però non viene messo sul sito nelle css (sennò se lo rubano): il testo è inserito in un jpg (581x898px). Da notare la sciccheria: le legature della s, cioè sc, sp, st, che oggi non si usano più. In effetti a vederle, per chi non è abituato, sono abbastanza fastidiose.
Uno dei progetti annunciati (ma forse non terminati) era quello del Sotoportego, uno stencil modellato sulle insegne delle strade veneziane. Tantissimi i riferimenti a Venezia nei nomi: dal Venexiano, al Murano, al Forcola “Sfaccettato come le forcole, gli scalmi strettamente funzionali dalle qualità plastiche delle gondole”. L’idea iniziale è suggestiva, la pratica è un font disegnato da una mano tremolante.
Fuga (il cui nome è Giangiorgio) ha vari account sui social network. Su Facebook l’ultimo aggiornamento è arrivato a febbraio. Flickr mi pare che non lo tocca da una decina d’anni. Nel 2007 però ha caricato qualcosa di interessante: un catalogo della Barnardt Type Foundry di New York, del 1908, che aveva appena comprato. Ci si può fare un’idea non solo della forma delle lettere all’epoca, ma anche del modo in cui potevano essere impaginati gli annunci. Si tratta di un librone di varie centinaia di pagine (oltre 900?). Non si è ancora passati al concetto di font come lo intendiamo oggi. Le pagine hanno un’intestazione con la categoria generale, e nelle varie righe l’informazione principale è quella della dimensione, in punti quasi sempre (sui cataloghi più vecchi ogni dimensione aveva un nome diverso) o talvolta in linee. Finché ci troviamo nella pagine “Caslon Old Roman Italic”, tutto bene: i vari font variano solo per dimensione (tenuto conto che non era come oggi, cambiare il numerino per ingrandire o rimpicciolire una stessa forma; all’epoca si ridisegnava tutto il carattere da capo, tenendo conto delle esigenze derivanti dalla dimensione scelta. La S della serie Post a 12 punti è molto differente, in termini di rapporto tra gli spessori, dalla S della stessa serie a 96 punti).
Ma quando arriviamo alle pagine intitolate Wood Type, dentro ci troviamo varie classi diverse: la classe N è quella degli slab, mi sembra. Con un certo numero, otteniamo una specie di Playblill, in varie grandezze e larghezze diverse. Con un altro numero, sempre in classe N nelle pagine dei Wood Type, troviamo invece caratteri come quelli dell’intestazione del Corriere della Sera.
In classe L ci sono i senza grazie condensati, ma non solo. In classe O senza grazie un po’ più larghi. Ma anche dei graziati dai contorni tremolanti. In base a quale criterio? Chi lo sa.
Una sezione apposita si intitolava Newspaper Headings, con parecchi caratteri a 72 punti, ma in stili completamente diversi.
Tra le pagine fotografate per Flickr, anche quelle delle note musicali e dei numeri per calendario.
Ma quando arriviamo alle pagine intitolate Wood Type, dentro ci troviamo varie classi diverse: la classe N è quella degli slab, mi sembra. Con un certo numero, otteniamo una specie di Playblill, in varie grandezze e larghezze diverse. Con un altro numero, sempre in classe N nelle pagine dei Wood Type, troviamo invece caratteri come quelli dell’intestazione del Corriere della Sera.
In classe L ci sono i senza grazie condensati, ma non solo. In classe O senza grazie un po’ più larghi. Ma anche dei graziati dai contorni tremolanti. In base a quale criterio? Chi lo sa.
Una sezione apposita si intitolava Newspaper Headings, con parecchi caratteri a 72 punti, ma in stili completamente diversi.
Tra le pagine fotografate per Flickr, anche quelle delle note musicali e dei numeri per calendario.
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