Phosphate

Il 7 maggio a Como c’è un incontro sulle fake news. Circola sul web la locandina, scritta con un bel carattere massiccio e neretto, tutte lettere maiuscole. Mi colpisce una Q con la coda corta e orizzontale, mi piace la G, il numero 1 ha la punta a sinistra triangolare. Senza stare a pensarci troppo lo passo a What The Font. La risposta è istantanea: si tratta del Phosphate Solid, nella versione RR o Pro (che sono uguali). Si tratta di un rifacimento recente del Phosphor, di Erbar, 1922-30, Ludwig e Mayer. Sta su MyFonts dal 2002, firmato da Steve Jackaman (e da Erbar), pubblicato da Red Rooster Collection.
Se Wtf suggerisce come tag 1930s, geometric, cosnstructivism e cose simili, i tag in cui il font singolo è inserito rappresentano il panorama della desolazione: “sansserif”. E basta.
Il Phosphate è disponibile in due versioni: Solid e Inline. La seconda, ovviamente, prevede che ogni tratto sia attraversato in senso longitudinale da una sottile linea bianca.
Fonts In Use segnala numerosi usi del Phosphor, specie nelle versione inline. Alcuni d’epoca, come le famigerate banconote della Repubblica di Weimar nel 1923, quando l’inflazione aveva portato a tagli da centomila marchi.
Il tocco di Erbar si vede nelle estremità della S tagliate in verticale, come nel Koloss.

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