Fontsmith, come scegliere un font per una campagna. Emanuela Conidi e la Champions League

Come fanno le agenzie pubblicitarie a scegliere un font per una campagna? Quali criteri usano? Ha provato a rispondere a questa domanda il magazine TypeNotes, in un articolo che è stato pubblicato anche sul blog (in inglese) di Fontsmith a ottobre scorso.
L’articolo parte dall’intervista ad alcune persone che nelle agenzie ci lavorano. In sintesi, non bisogna concentrarsi sulla questione del font indipendentemente da tutto il resto. La campagna va concepita in maniera unitaria, come un progetto unico. Poi si andrà a cercare il font che meglio si adatta a quella idea.
“Prima il messaggio, poi il font”, dice l’articolo.
E questo vale anche per i rapporti col cliente. Non si sta a discutere di cararatteri con grazie o senza, regolare o corsivo. Ci si concentra sul fatto se il risultato finale sia complessivamente d’impatto, se il messaggio che passa è quello che si vuole far passare.
Poi, è ovvio che chi lavora in queste agenzie deve conoscere come un carattere influisce nella percezione del messaggio. L’esempio che viene fatto tira in ballo il solito famigerato Comic Sans, come uno di quei caratteri che toglie credibilità al messaggio. Così come si fa riferimento a imprecisati studi scientifici che hanno dimostrato come il carattere usato aumenta o riduce la credibilità di un certo testo in maniera prevedibile, condivisa da un largo gruppo di persone.
Personalmente noto l’accezione con cui viene utilizzato il termine tipografia nell’articolo. L’aspetto tipografico dell’elaborazione di una campagna sarebbe quello che riguarda la scelta dei tipi di carattere da affiancare o sovrapporre ai colori e alle immagini. Tenuto conto che la “tipografia” è anche un’azienda che si occupa della stampa, chiaramente riferirsi all’aspetto tipografico potrebbe in teoria avere a che vedere anche con tecniche di stampa, supporti, qualità dei colori eccetera. Ma non in questo caso.
Fontsmith è una fonderia di Londra che offre servizi di disegno e modifica dei caratteri, talvolta anche disegno del logo.
Io l’ho notata per la f con tratto discendente del carattere progettato appositamente per la televisione irlandese Tg4 (anche la g è originale, ma mi piace di meno. Il numero 4 pure si distingue, essendo un po’ gobbo).
Il tweet in rilievo su Twitter, risalente all’inizio di questo mese, mostra il lavoro che hanno fatto per l’identità visiva della Uefa Champions League (insieme a Design Studio).
A proposito di Champions, come si regola in proposito il sito dell’Uefa?
Oltre a un normale uso del Roboto, per alcuni titoli e testi, si nota l’uso di un senza grazie insolito. Si chiama Champions Regular, è ovviamente un carattere personalizzato, copyright Uefa, società...: Fontsmith Ltd. Appunto.
Notare i nomi degli autori: Jason Smith e... Emanuela Conidi. Italiana? Che sappiamo di lei?
Luc Devroye ha una pagina che la riguarda (come al solito), ma inizia la sua storia dal 2008, quando sta già all’università di Reading dove si è laureata in disegno di caratteri (typeface design, suona meglio).
Un solo specimen, il Rufus di Fontsmith, disegnato insieme allo stesso Smith e a Mitja Miklavcic, 2009.
Su Twitter c’è un account a nome suo, aperto nel 2013, che la definisce ex-disegnatrice di caratteri a Fontsmith.
L’ultimo tweet risale al 27 aprile, quando la Conidi è diventata dottore, sempre a Reading (il titolo precedente era Master of Art, di livello inferiore).
Il tweet precedente risale a settembre, quando ha parlato all’IsType 2017.
Tutti i tweet sono in inglese, con un solo accenno vago all’Italia, e una foto scattata all’insegna di un negozio romano, in occasione di una visita agli archivi vaticani nel 2015.

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