Museo tipografico di Porretta Terme

A Porretta Terme (Bologna) c’è un museo tipografico aperto tre anni fa.
Ne parla il sito Discover Alto Reno Terme (Porretta Terme fa parte del comune di Alto Reno Terme, a sua volta nella città metropolitana di Bologna).
Il sito mostra anche una carrellata di foto del materiale esposto. Tra cui si riconosce una macchina da scrivere Underwood, una Pedalina come quella del film di Totò (la Banda degli Onesti), cassettiere piene di caratteri (uno mi pare che sia Triennale), poi presse da stampa manuali, un apparecchio che forse è una monotype. Alle pareti sono affisse numerose stampe di tutte le epoche.
Il fondatore del museo è un certo Dante Pisi, che ha iniziato la sua attività nel 1955 proprio sulla Pedalina, stampando biglietti da visita, biglietti per la corriera, manifesti per serate da ballo e molto altro, e da allora in poi è stato tipografo. 
Dal sito è possibile scaricare in Pdf l’opuscoletto di 24 pagine che viene consegnato ai visitatori del museo, che contiene, oltre a varie interessanti illustrazioni, una sintesi della storia della stampa a caratteri mobili. Si parla di Griffo, di composizione manuale, delle macchine per comporre, di quelle per stampare. C’è la trascrizione di una lapide dedicata ad un tale Cola Montano, che promosse l’arte della stampa a Bologna e Milano, prima di morire “travolto nelle congiure troppo allora frequenti” (secondo Wikipedia venne impiccato nel 1482). E c’è una poesia dedicata all’errore di stampa, che finché si esamina la bozza se ne sta nascosto, per poi diventare invece l’unica cosa che si nota una volta che il lavoro è stato realizzato.
Com’è impaginato l’opuscolo? Beh, diciamo che hanno utilizzato qualche accortezza strana, credo per impedire che qualcuno facesse copia e incolla del testo. Comunque un font deve esserci, perché per quanto ingrandisco le lettere non si sgranano, ma il nome non compare nel codice.
È un senza grazie un po’ strano. Mi fa viene in mente il Raleway, ma non è. Noto la forma della Q con coda orizzontale, che è quella del Josephine di Google. Ma, a parte che il Josephine è più pesante, ha la a ad un solo livello, mentre nell’opuscolo c’è una a normale.
Provo a passare la descrizione a Identifont, ma non devo andare troppo lontano. Basta dirgli che è un sans, e già in testa alla lista compare Avenir. Sapevo che non era nulla di ricercato, ma a occhio non sapevo riconoscerlo.
Dice il sito che Avenir, disegnato da Frutiger nel 1988, è basato sul Futura. Avenir significa futuro in francese. Al momento sta nella classifica dei dieci font più popolari sul motore di ricerca.
Dice “basato su Futura”, ma sia la a che la t hanno la forma tradizionale.
L’apposito strumento di Identifont identifica più di dieci differenze, ma mostra solo le prime dieci.
Tra le quali c’è la coda della Q, le verticali della M (che nel Futura sono oblique), il tratto rettilineo a destra nella G (nel Futura non c’è), l’asta della u (nel Futura la lettera è ottenuta con un solo tratto curvo), la gamba della R (che nel Futura tocca quasi la verticale, mentre nell’Avenir è distanziata).
A occhio, noto la vetta della A, che nel Futura regular è appuntita, mentre nell’Avenir è piatta.
E poi ci sono i terminali della C, obliqui nell’Avenir, tagliati in verticale nel Futura.
E il modo in cui chiude il tratto discendente della g...
Insomma, i due font sono come la notte e il giorno, per quanto mi riguarda.

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