M medievale
Che forma ha la M maiuscola nei font considerati medievali?Faccio un giro su Dafont.
Al primo posto c’è quella M che ha la prima gamba serpeggiante e le altre due dritte, con un tratto orizzontale sulla gamba centrale che la rende una croce. Come quella che si vede nella testata del quotidiano romano il Messaggero (ma senza la bandierina in alto a sinistra).
La classifica è dominata da Old London e Cloister Black, di Dieter Steffmann (100% gratis), seguiti da Ancient e Olde English (quest’ultimo ancora di Steffmann), che hanno la stessa impostazione a parte per la croce centrale: qui il tratto orizzontale è spezzato in due parti, che si allungano a sinistra delle aste verticali.
Subito dopo troviamo una nuova forma di M, che ricorda la nostra m minuscola: la prima gamba è rettilinea, le altre sono curve. Il font è l’Enchanted Land.
Più in basso arrivano quei font che a me fanno venire in mente la Germania: qui la prima gamba della M è sostituita da due segni strani, una specie di c ribaltata con una sottolineatura curva, a forma di c normale. Questa M sta nello Sketch Gothic School e nel Germanica, ma non so dire così al volo a quale epoca si riferisca. Forse a dopo la fine del medioevo. Comunque né nel Schwabacher né nel Fraktur la M aveva questa forma.
Altre M interessanti sono quelle dell’Augusta (ancora di Steffmann) e del Black Castle. In entrambi i casi solo la gamba centrale è rettilinea: le altre sono curve in direzioni opposte, come le parentesi. Ma se nel primo caso le estremità puntano all’interno, nell’ultimo curvano alla fine verso l’esterno della lettera.
Lo stesso principio sta alla base della M del Westminster Gotisch, che se era molto diffuso tra gli amanuensi non lo è altrettanto nell’epoca della stampa digitale.
Nello Schwabacher cinquecentesco la M è all’incirca come la nostra minuscola, seppure il primo e l’ultimo tratto sono diversamente ondulati e spezzati.
Nel Fraktur tradizionale le prime due gambe sono curve a chiusa parentesi, mentre la terza è un po’ spezzata, e in basso gira verso l’esterno.
Ci stanno vari esempi di M come queste tra i medievali di Dafont, anche se trattandosi di caratteri da stampa non hanno nulla a che vedere col medioevo propriamente detto, che gli storici fanno arrivare fino alla fine del Quattrocento, ovvero alla scoperta dell’America e all’invenzione della stampa.
Un’altra M carina è quella che ha il tratto centrale diviso in due tratti diversi che sembrano avvolgersi a spirale, affiancati magari a quella c capovolta al posto della prima gamba di cui abbiamo già parlato. Qualcosa del genere si vede nel Teutonic di Paul Lloyd e più avanti nel Kanzlei ancora di Steffman. Ho come l’impressione che si tratti di un disegno molto tardo, magari Ottocento, ma non ho verificato (e comunque non è facile).
Sempre il solito Steffman ha realizzato anche la M di Gutenberg, che ha quattro gambe anziché tre: quella che dovrebbe essere la prima è preceduta da uno svolazzo che scende fin sotto la linea di base e che sembra una quarta gamba.
Comunque sappiamo che la classificazione di Dafont è molto grezza. Nella categoria medievale ci rientrano quasi tutti i blackletter, fraktur o textura, non ha importanza che siano manoscritti o a stampa, basta che ricordino in qualche modo i secoli passati. Qualcuno, magari più palesemente stilizzato, può trovarsi nella categoria dei gotici moderni, che comprende anche lettere moderne, squadrate, frammentate o corrose, che possono andare bene per la copertina di un album metal.
Altri caratteri propriamente medievali si trovano invece relegati nella categoria “celtico”, vista la somiglianza coi caratteri usati nei manoscritti dell’Irlanda e zone limitrofe. Parecchie delle scritture che si trovano in questa categoria erano uno standard nel medioevo, almeno in certe regioni europee (il medioevo è durato quasi mille anni, se si fissa la data di inizio al momento del crollo dell’impero romano, nel quinto secolo).
Nella categoria “varie” (sempre sotto gotici), ci si trovano in gran parte rielaborazioni fantasiose che magari non c’entrano niente col gotico, ma ci si può trovare anche qualcosa come il Gothica Bastard, di Manfred Klein, che per certi versi è una ricostruzione molto più accurata di certe scritture medievali rispetto a ciò che si trova nella categoria “medievale”.
Al primo posto c’è quella M che ha la prima gamba serpeggiante e le altre due dritte, con un tratto orizzontale sulla gamba centrale che la rende una croce. Come quella che si vede nella testata del quotidiano romano il Messaggero (ma senza la bandierina in alto a sinistra).
La classifica è dominata da Old London e Cloister Black, di Dieter Steffmann (100% gratis), seguiti da Ancient e Olde English (quest’ultimo ancora di Steffmann), che hanno la stessa impostazione a parte per la croce centrale: qui il tratto orizzontale è spezzato in due parti, che si allungano a sinistra delle aste verticali.
Subito dopo troviamo una nuova forma di M, che ricorda la nostra m minuscola: la prima gamba è rettilinea, le altre sono curve. Il font è l’Enchanted Land.
Più in basso arrivano quei font che a me fanno venire in mente la Germania: qui la prima gamba della M è sostituita da due segni strani, una specie di c ribaltata con una sottolineatura curva, a forma di c normale. Questa M sta nello Sketch Gothic School e nel Germanica, ma non so dire così al volo a quale epoca si riferisca. Forse a dopo la fine del medioevo. Comunque né nel Schwabacher né nel Fraktur la M aveva questa forma.
Altre M interessanti sono quelle dell’Augusta (ancora di Steffmann) e del Black Castle. In entrambi i casi solo la gamba centrale è rettilinea: le altre sono curve in direzioni opposte, come le parentesi. Ma se nel primo caso le estremità puntano all’interno, nell’ultimo curvano alla fine verso l’esterno della lettera.
Lo stesso principio sta alla base della M del Westminster Gotisch, che se era molto diffuso tra gli amanuensi non lo è altrettanto nell’epoca della stampa digitale.
Nello Schwabacher cinquecentesco la M è all’incirca come la nostra minuscola, seppure il primo e l’ultimo tratto sono diversamente ondulati e spezzati.
Nel Fraktur tradizionale le prime due gambe sono curve a chiusa parentesi, mentre la terza è un po’ spezzata, e in basso gira verso l’esterno.
Ci stanno vari esempi di M come queste tra i medievali di Dafont, anche se trattandosi di caratteri da stampa non hanno nulla a che vedere col medioevo propriamente detto, che gli storici fanno arrivare fino alla fine del Quattrocento, ovvero alla scoperta dell’America e all’invenzione della stampa.
Un’altra M carina è quella che ha il tratto centrale diviso in due tratti diversi che sembrano avvolgersi a spirale, affiancati magari a quella c capovolta al posto della prima gamba di cui abbiamo già parlato. Qualcosa del genere si vede nel Teutonic di Paul Lloyd e più avanti nel Kanzlei ancora di Steffman. Ho come l’impressione che si tratti di un disegno molto tardo, magari Ottocento, ma non ho verificato (e comunque non è facile).
Sempre il solito Steffman ha realizzato anche la M di Gutenberg, che ha quattro gambe anziché tre: quella che dovrebbe essere la prima è preceduta da uno svolazzo che scende fin sotto la linea di base e che sembra una quarta gamba.
Comunque sappiamo che la classificazione di Dafont è molto grezza. Nella categoria medievale ci rientrano quasi tutti i blackletter, fraktur o textura, non ha importanza che siano manoscritti o a stampa, basta che ricordino in qualche modo i secoli passati. Qualcuno, magari più palesemente stilizzato, può trovarsi nella categoria dei gotici moderni, che comprende anche lettere moderne, squadrate, frammentate o corrose, che possono andare bene per la copertina di un album metal.
Altri caratteri propriamente medievali si trovano invece relegati nella categoria “celtico”, vista la somiglianza coi caratteri usati nei manoscritti dell’Irlanda e zone limitrofe. Parecchie delle scritture che si trovano in questa categoria erano uno standard nel medioevo, almeno in certe regioni europee (il medioevo è durato quasi mille anni, se si fissa la data di inizio al momento del crollo dell’impero romano, nel quinto secolo).
Nella categoria “varie” (sempre sotto gotici), ci si trovano in gran parte rielaborazioni fantasiose che magari non c’entrano niente col gotico, ma ci si può trovare anche qualcosa come il Gothica Bastard, di Manfred Klein, che per certi versi è una ricostruzione molto più accurata di certe scritture medievali rispetto a ciò che si trova nella categoria “medievale”.
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