Olivetti M40, Lettera 31
A casa di mio zio c’è una vecchia Olivetti M40, macchina da scrivere da tavolo abbastanza ingombrante, risalente alla prima metà del 900. Ce n’è un’altra al Museo delle Scritture di Bassiano, dedicato allo stampatore Aldo Manuzio, nato nel piccolo paese del Lazio prima di trasferirsi a Venezia. In esposizione anche altre macchine, manuali ed elettriche, non solo Olivetti.
Solo che la M40 esposta non è come quella che ricordavo io. Anziché avere il nome inserito in un quadrato sulla destra, ce l’ha scritto in basso a sinistra, a lettere separate, non incorniciate. La grafica mi pare precedente, ma di quanto?
Per fortuna che c’è Wikipedia, che con sole tre immagini mette le cose in chiaro.
La versione esposta nel museo di Bassiano è la prima, e risale al periodo che va dal 1931 al 1938.
Quella di mio zio è la seconda, realizzata tra il 1938 e il 1946. Ne esiste anche una terza versione, che però si discosta notevolmente dalle precedenti, e venne prodotta per due anni nel dopoguerra (1946-1948). Qui sparisce la tipica apertura ondulata attraverso cui si vedevano i martelletti, sostituita da una superficie rettangolare (i martelletti si possono ancora vedere da una apertura in alto).
Il sito dell’enciclopedia elenca le minime differenze tra i vari modelli.
La macchina era disponibile con cinque possibili lunghezze di carrello diverse, tra 90 e 250 caratteri per riga.
Il modello prendeva il posto della M20, che era stata fabbricata per tutti gli anni 20, dopo che il decennio precedente era stato dedicato alla produzione della M1, prima macchina da scrivere prodotta industrialmente in Italia.
In tutto quel periodo a dirigere l’azienda c’era il fondatore, Camillo Olivetti. Solo dal 1933 ci fu la nomina del figlio Adriano ad amministratore delegato, ad affiancare e gradualemente sostituire il padre, che morì nel 1943.
Un’altra macchina da scrivere Olivetti a cui sono molto affezionato è di molto successiva. Una delle ultime, tenuto conto che è stata fabbricata nel 1990 (la pagina di Wikipedia non segnala modelli lanciati sul mercato dopo la fine degli anni ottanta, né tra le meccaniche né tra le elettriche).
Il nome del modello non c’è scritto, visto che si trattava di un’edizione speciale, tutta azzurra in occasione dei mondiali che si sarebbero giocati quell’anno in Italia.
Cercando su internet “Olivetti Italia 90” però viene fuori che parecchi modelli diversi dell’industria di Ivrea subirono lo stesso trattamento.
Quella che conosco io dovrebbe essere una Lettera 31, la cui foto nemmeno compare nella pagina che Wiki dedica alla Olivetti.
La carrozzeria è caratterizzata da linee rette, quasi spigolose, che contrastano con le altre Lettera, arrotondate.
A quando risale il disegno? Sembra che nel 1974 la Lettera 31 fosse già in commercio, ma non so da quanto tempo.
Sembra che la carrozzeria esterna era la stessa della Dora, che sta sul mercato dal 1965, ma credo che qualche meccanismo interno fosse diverso. O il cambio di nome deriva solo da motivi commerciali?
Il sito StoriaOlivetti.it dice che è la Dora ad essere conosciuta in certi mercati come Lettera 31, in altri col nome di “Ventura”. Gli appassionati le sanno distinguere dai dettagli (lo spessore dei tasti?), ma non mi pare che qualcuno ci abbia scritto un articolo in proposito.
Per l’enciclopedia online la Lettera 31 praticamente non esiste, altri siti forniscono solo informazioni frammentarie.
Un bel ricordo personale di una Lettera 31 lo ha raccontato un messicano, in inglese, sul sito The Typewriter Database, dopo averla usata per anni.
Solo che la M40 esposta non è come quella che ricordavo io. Anziché avere il nome inserito in un quadrato sulla destra, ce l’ha scritto in basso a sinistra, a lettere separate, non incorniciate. La grafica mi pare precedente, ma di quanto?
Per fortuna che c’è Wikipedia, che con sole tre immagini mette le cose in chiaro.
La versione esposta nel museo di Bassiano è la prima, e risale al periodo che va dal 1931 al 1938.
Quella di mio zio è la seconda, realizzata tra il 1938 e il 1946. Ne esiste anche una terza versione, che però si discosta notevolmente dalle precedenti, e venne prodotta per due anni nel dopoguerra (1946-1948). Qui sparisce la tipica apertura ondulata attraverso cui si vedevano i martelletti, sostituita da una superficie rettangolare (i martelletti si possono ancora vedere da una apertura in alto).
Il sito dell’enciclopedia elenca le minime differenze tra i vari modelli.
La macchina era disponibile con cinque possibili lunghezze di carrello diverse, tra 90 e 250 caratteri per riga.
Il modello prendeva il posto della M20, che era stata fabbricata per tutti gli anni 20, dopo che il decennio precedente era stato dedicato alla produzione della M1, prima macchina da scrivere prodotta industrialmente in Italia.
In tutto quel periodo a dirigere l’azienda c’era il fondatore, Camillo Olivetti. Solo dal 1933 ci fu la nomina del figlio Adriano ad amministratore delegato, ad affiancare e gradualemente sostituire il padre, che morì nel 1943.
Un’altra macchina da scrivere Olivetti a cui sono molto affezionato è di molto successiva. Una delle ultime, tenuto conto che è stata fabbricata nel 1990 (la pagina di Wikipedia non segnala modelli lanciati sul mercato dopo la fine degli anni ottanta, né tra le meccaniche né tra le elettriche).
Il nome del modello non c’è scritto, visto che si trattava di un’edizione speciale, tutta azzurra in occasione dei mondiali che si sarebbero giocati quell’anno in Italia.
Cercando su internet “Olivetti Italia 90” però viene fuori che parecchi modelli diversi dell’industria di Ivrea subirono lo stesso trattamento.
Quella che conosco io dovrebbe essere una Lettera 31, la cui foto nemmeno compare nella pagina che Wiki dedica alla Olivetti.
La carrozzeria è caratterizzata da linee rette, quasi spigolose, che contrastano con le altre Lettera, arrotondate.
A quando risale il disegno? Sembra che nel 1974 la Lettera 31 fosse già in commercio, ma non so da quanto tempo.
Sembra che la carrozzeria esterna era la stessa della Dora, che sta sul mercato dal 1965, ma credo che qualche meccanismo interno fosse diverso. O il cambio di nome deriva solo da motivi commerciali?
Il sito StoriaOlivetti.it dice che è la Dora ad essere conosciuta in certi mercati come Lettera 31, in altri col nome di “Ventura”. Gli appassionati le sanno distinguere dai dettagli (lo spessore dei tasti?), ma non mi pare che qualcuno ci abbia scritto un articolo in proposito.
Per l’enciclopedia online la Lettera 31 praticamente non esiste, altri siti forniscono solo informazioni frammentarie.
Un bel ricordo personale di una Lettera 31 lo ha raccontato un messicano, in inglese, sul sito The Typewriter Database, dopo averla usata per anni.
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