Che rimane di Simoncini
L’italiana Simoncini è stata una importantissima fonderia di caratteri. Produceva matrici per Linotype, realizzava disegni originali, era un punto di riferimento per l’editoria italiana. Poi si è passati al digitale, e la memoria di Simoncini è quasi completamente cancellata, se non tra gli addetti ai lavori, e solo in Italia.
Fonts In Use ha raccolto soltanto quattro segnalazioni di caratteri Simoncini, più due nomi sfusi. Nella pagina dedicata alla fonderia non c’è nessuna nota biografica.
Risultano due segnalazioni per il senza grazie Life (su un lavoro grafico e su una rivista) uno dell’Aster (su una memory card all’inizio degli anni 90), e uno del Simoncini Garamond, (particolarmente amato dall’editoria italiana, qui in uso sull’edizione francese di Grazia).
Il sito conosce poi due nomi: Delia (usato per gli elenchi telefonici) e Selene. Nessun sample disponibile.
Scrive il sito che il Life è stato co-creato da Francesco Simoncini e Wihelm Bilz, all’epoca direttore artistico della Ludwig & Mayer.
Incredibilmente, Francesco Simoncini non ha una pagina dedicata a lui su Wikipedia in italiano. Ma ce l’ha su Wikipedia in inglese, con tanto di elenco dei principali tipi di carattere prodotti.
Scrive l’enciclopedia online che l’azienda venne fondata dopo la seconda guerra mondiale, dopo che il fondatore aveva lavorato con la fonderia Ludwig & Mayer. Nel 1956 viene chiamato dall’editore Giulio Einaudi a disegnare un carattere per i suoi libri. Ne venne fuori il Simoncini Garamond, adottato poi da un gran numero di altri editori. L’Aster risale al 1958, e venne usato su libri e quotidiani. Io sono particolarmente affezionato alla forma della Q. Quando chiuse la fonderia? Fin qui l’enciclopedia non ci arriva.
Le date accanto ai nomi dei caratteri non sono sempre presenti. La più recente è 1970, accanto al nome dell’Armstrong.
La pagina di Wiki linka l’Armstrong a una pagina di disambiguazione che riporta alla pagina della fonderia. Ma esiste sul web uno specimen di come doveva essere fatto questo carattere? I motori di ricerca non ci arrivano. E il fatto che neanche il sito di Luc Devroye contenga qualcosa è preoccupante. Se non sta lì, dove può stare?
Trovo qualcosa alla fine sulla pagina Facebook dell’Anonima Impressori, in possesso di due cataloghi, uno in cui il carattere era chiamato Armstrong, l’altro in cui era chiamato Selene.
Anche Fonts In Use conferma che i due nomi diversi si riferiscono allo stesso carattere.
Devroye dedica due righe alla storia della fonderia, più varie altre ai dati di ciascun carattere prodotto. Seguono numerosi specimen (Garamond, Life e Aster) e una foto di Francesco Simoncini alla scrivania.
L’anno scorso, nell’ambito della rassegna Griffo, la grande festa delle lettere a Bologna si è cercato di riscoprire in grande stile la figura di Simoncini, con una mostra curata da Elisa Rebellato e Antonio Cavedoni.
Se non altro, i comunicati scritti in quei giorni sono stati copia-incollati anche sui siti di informazione mainstream.
La mostra metteva in risalto il “metodo Simoncini”, cioè la tecnica che veniva messa in pratica per ottenere una forma migliore delle lettere sul foglio. Cioè, visto che in fase di stampa l’inchiostro, spargendosi sulla carta, alterava la forma della lettera rispetto al disegno originale, il disegnatore giocava d’anticipo, distorcendo il disegno in previsione dell’effetto finale che si voleva ottenere. Una tecnica che si usa ancora, e che è molto utile specie per scritte in piccole dimensioni, come gli elenchi telefonici o magari le istruzioni di qualche medicinale.
Fonts In Use ha raccolto soltanto quattro segnalazioni di caratteri Simoncini, più due nomi sfusi. Nella pagina dedicata alla fonderia non c’è nessuna nota biografica.
Risultano due segnalazioni per il senza grazie Life (su un lavoro grafico e su una rivista) uno dell’Aster (su una memory card all’inizio degli anni 90), e uno del Simoncini Garamond, (particolarmente amato dall’editoria italiana, qui in uso sull’edizione francese di Grazia).
Il sito conosce poi due nomi: Delia (usato per gli elenchi telefonici) e Selene. Nessun sample disponibile.
Scrive il sito che il Life è stato co-creato da Francesco Simoncini e Wihelm Bilz, all’epoca direttore artistico della Ludwig & Mayer.
Incredibilmente, Francesco Simoncini non ha una pagina dedicata a lui su Wikipedia in italiano. Ma ce l’ha su Wikipedia in inglese, con tanto di elenco dei principali tipi di carattere prodotti.
Scrive l’enciclopedia online che l’azienda venne fondata dopo la seconda guerra mondiale, dopo che il fondatore aveva lavorato con la fonderia Ludwig & Mayer. Nel 1956 viene chiamato dall’editore Giulio Einaudi a disegnare un carattere per i suoi libri. Ne venne fuori il Simoncini Garamond, adottato poi da un gran numero di altri editori. L’Aster risale al 1958, e venne usato su libri e quotidiani. Io sono particolarmente affezionato alla forma della Q. Quando chiuse la fonderia? Fin qui l’enciclopedia non ci arriva.
Le date accanto ai nomi dei caratteri non sono sempre presenti. La più recente è 1970, accanto al nome dell’Armstrong.
La pagina di Wiki linka l’Armstrong a una pagina di disambiguazione che riporta alla pagina della fonderia. Ma esiste sul web uno specimen di come doveva essere fatto questo carattere? I motori di ricerca non ci arrivano. E il fatto che neanche il sito di Luc Devroye contenga qualcosa è preoccupante. Se non sta lì, dove può stare?
Trovo qualcosa alla fine sulla pagina Facebook dell’Anonima Impressori, in possesso di due cataloghi, uno in cui il carattere era chiamato Armstrong, l’altro in cui era chiamato Selene.
Anche Fonts In Use conferma che i due nomi diversi si riferiscono allo stesso carattere.
Devroye dedica due righe alla storia della fonderia, più varie altre ai dati di ciascun carattere prodotto. Seguono numerosi specimen (Garamond, Life e Aster) e una foto di Francesco Simoncini alla scrivania.
L’anno scorso, nell’ambito della rassegna Griffo, la grande festa delle lettere a Bologna si è cercato di riscoprire in grande stile la figura di Simoncini, con una mostra curata da Elisa Rebellato e Antonio Cavedoni.
Se non altro, i comunicati scritti in quei giorni sono stati copia-incollati anche sui siti di informazione mainstream.
La mostra metteva in risalto il “metodo Simoncini”, cioè la tecnica che veniva messa in pratica per ottenere una forma migliore delle lettere sul foglio. Cioè, visto che in fase di stampa l’inchiostro, spargendosi sulla carta, alterava la forma della lettera rispetto al disegno originale, il disegnatore giocava d’anticipo, distorcendo il disegno in previsione dell’effetto finale che si voleva ottenere. Una tecnica che si usa ancora, e che è molto utile specie per scritte in piccole dimensioni, come gli elenchi telefonici o magari le istruzioni di qualche medicinale.
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