Dia

Mi ha sempre colpito il logo della Dia, Direzione Investigativa Antimafia, rimasto concettualmente invariato da anni. La A è composta da due tratti molto spessi, uno obliquo in salita e l’altro verticale, e da un tratto orizzontale obliquo, agganciato a destra. La D è simile alla A ruotata di 90 gradi in senso orario, con la differenza che il tratto sottile (verticale) si trova adesso agganciato al lato obliquo. La i può essere interpretata come una i minuscola a puntino quadrato, ma anche come una I maiuscola sulla quale è stata sovrapposta una fascia tricolore, che invece passa dietro le altre due lettere. Si tratta di un lavoro grafico isolato, o hanno preso ispirazione da un font esistente? Provo a passare un’immagine della A al Font Moose di Luc Devroye, e a What The Font. Il primo servizio restituisce parecchie A accomunate dal fatto di avere il fianco destro in verticale, ma in gran parte si tratta di caratteri serif o handwriting. Il più geometrico di tutti è forse l’Hazmat Oblique, in cui la A segue il perimetro di un triangolo con una interruzione in basso a destra, mentre la D e le altre lettere sono normali, come forma, se si escludono numerosi taglietti bianchi che vanno a frammentarle.
Wtf invece restituisce risultati fin troppo geometrici (forme anziché lettere dell’alfabeto), tra cui spicca il Chromakey, di Typodermic. Qui la A ha il fianco destro spesso e verticale, mentre l’altro fianco, quello obliquo, è sottile. Il tratto orizzontale aggancia sia a destra che a sinistra. La D ha la forma tradizionale (un tratto a sinistra verticale e uno a destra curvo), se non per il fatto che metà dello spazio interno è annerito. Come se fosse la O del Broadway, ma con la linea di separazione tra bianco e nero messa in obliquo anziché in verticale, e il nero a destra. Le altre lettere del carattere hanno forme insolite, originali, talvolta irregolari. Tutte adatte a un contesto informale, niente a che vedere con la freddezza e razionalità del logo dell’agenzia italiana.
La sigla Dia è comune anche ad altre istituzioni. Ad esempio c’è un’agenzia della difesa americana con questo nome, ma il logo non è particolarmente originale dal punto di vista tipografico. Carino invece il logo della catena di supermercati spagnoli Dia. Nella versione più originale la i è senza puntino, con il lato superiore spiovente. La a invece è geometrica stile Bauhaus, ma il tratto verticale a destra non poggia su una base piatta, ma finisce a punta. Dopo essere scesa in verticale fino al vertice sulla linea di base, il profilo esterno della lettera si ricongiunge alla forma circolare dell’occhiello. I software di riconoscimento automatico non portano ad un font identico, né basato sull’identico concetto. Talvolta scambiano la lettera per una q.
Per quanto riguarda i font commerciali chiamati Dia, ce ne sono due. Uno è un senza grazie svizzero, niente di particolarmente originale. È l’unico font chiamato Dia secondo Identifont, disegnato da Florian Schick, pubblicato dalla Schick Toikka nel 2014. Non si trova sui siti di font commerciali, ma solo sul sito dello studio.
L’altro invece si trova solo su Fonts.com, e non è un font, ma due tipi di carattere diversi venduti sotto lo stesso nome. Il Dia 1 è uno strano tentativo di creare qualcosa di originale. Mi ricorda i tubi a neon delle vecchie insegne. Il Dia 3 invece è un tentativo di fare un senza grazie insolito. Un tentativo un po’ rudimentale, mi sembra, con la Q che ricorda un gelato di quelli con la bacchetta di legno al centro, la curvatura della p un po’ imprecisa, gli agganci della m o della b un po’ improbabili. “Alcuni caratteri sono misteriosi”, dice la didascalia, “la loro origine è un enigma” eccetera eccetera, tre righe. Insomma, è una cosa sconclusionata, ma per venderlo si può anche dire che è un raffinato optional per il vostro “arsenale tipografico”.
La fonderia è Mindcandy Studios, che ha ben 148 font in download sul sito. Che puntano, chi più chi meno, sull’originalità. Ai primi posti della lista ci sono il Graphic (senza grazie geometrico con parti di lettera mancanti), il Barok (con varie lettere in dimensioni diverse sovrapposte, talvolta con interno bianco e contorno nero), o il Neck Candy (dove ogni lettera è formata di mattoni affiancati uno all’altro).

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