Berthold, Intertype, la fotocomposizione

Leggendo del passaggio dalla composizione a caldo a quella a freddo mi erano rimasti impressi due nomi: quello della Berthold e quello della Intertype. Il primo è il nome di una fonderia di Berlino. La quale inizialmente si occupava solo di caratteri per la composizione a caldo, ma non di macchine per la composizione. Nel periodo in cui si iniziò a passare alla fotocomposizione a pellicola, invase anche questo settore, divenendone uno dei leader.
La compagnia venne fondata nel 1858, e chiuse i battenti nel 1993.
La Intertype invece era di New York, fondata nel 1911, acquisita dalla Harris-Seybold nel 1957 (azienda tuttora esistente e attiva nel settore dell’alta tecnologia, anche militare).
La Berthold nel 1896 lanciò l’Akzidenz-Grotesk, uno dei primi senza grazie, la cui influenza arriva fino all’attuale Helvetica e simili.
Nel 1958 la Berthold produsse la Diatype, entrando nel settore della composizione a freddo. Si trattava di uno strumento piccolo, da appoggiare sulla scrivania. La forma dei caratteri era memorizzata su un disco di vetro che veniva inserito nella macchina. Nella parte anteriore non c’era una tastiera, bensì un manubrio con un pulsante, che poteva scorrere su un’etichetta con tutte le lettere disponibili.
Wikipedia in inglese descrive anche il modo bislacco con cui si doveva calibrare lo spazio tra le lettere, al momento in cui si cambiava font.
Sistemi successivi invece erano basati sull’elettronica: il Diatronic aveva una lastra di vetro di forma rettangolare, con una griglia dei caratteri disponibili, e un display.
Il passo successivo fu l’Akzidenz Dialog System, ADS, con schermo a tubo catodico e ottica variabile.
I caratteri della Berthold ora si trovano sul sito della Linotype.
La Intertype invece era già attiva nelle macchine per la composizione a caldo. Che erano simili a quelle della Linotype, e compatibili con le stesse matrici.
Un paio di foto si possono vedere sull’apposita pagina di Wikipedia in inglese, che è abbastanza avara di notizie per quanto riguarda la composizione a freddo.
Un filmato che spiega il funzionamento della Bertold Diatype si può vedere su Youtube. Il materiale inquadrato è conservato al museo Pavillon-Presse di Weimar. Da lontano, il disco sembra quasi un 45 giri di vinile. Però è di vetro, e in trasparenza si vede la forma delle lettere.
Per comporre servivano comunque due mani: una manovrava il manubrio, l’altra doveva girare una leva a sinistra, per passare ad esempio dalle maiuscole alle minuscole.
Il perché questo sistema è stato abbandonato in seguito è facile da capire: fino a quando non veniva sviluppata la pellicola impressionata dalla luce, non era possibile vedere che effetto faceva sulla pagina il testo, né se c’erano degli errori. Cosa che con i sistemi a caldo non succedeva, né avviene con i sistemi successivi (fino al nostro desktop publishing).
Una foto del Berthold Ads Phototypesetting System è visibile sul sito Forgotten Art Supplies. Si vedono un paio di apparecchi alti come una scrivania, e larghi un metro circa. Una tastiera, e due monitor. Uno per visualizzare il codice, l’altro il layout. Gli utenti commentano che quella era già una versione avanzata: inizialmente era previsto solo lo schermo col codice, il risultato finale non si poteva vedere fino al momento della stampa.
Uno degli utenti racconta che la stampante faceva un rumore che sembrava il meccanismo di una mitragliatrice, per scattare una foto di ogni carattere.
Ogni disco era un font diverso, ed era molto costoso: ci volevano migliaia di dollari per avere una famiglia di font.
Il sito Prepressure mostra foto d’epoca dei primi strumenti di fotocomposizione. La prima fotocompositrice Mergenthaler Vip (Variable Input Phototypesetter) era molto ingombrante e costava 20 mila dollari. Per inserire il testo c’era bisogno di un computer, spesso un Datapoint 2200, che memorizzava i dati su striscia di carta.
Una foto d’epoca del Berthold ADS in funzione si può vedere nella pagina dello stesso sito dedicata al 1977, insieme a un paio di foto del Compugraphic EditWriter 7500.
Del Fotosetter della Intertype abbiamo già parlato altrove: era un macchinario simile ad una linotype, con matrici dello stesso tipo, che si muovevano con lo stesso sistema. Solo che invece che essere ricoperte dalla colata di piombo, venivano attraversate da un raggio di luce dal lato largo, in cui c’era una finestrina aperta con la forma della lettera in trasparenza. Una volta composto il testo, le matrici passavano una dopo l’altra davanti alla fonte di luce, impressionando la carta fotografica.
Una pubblicità in tedesco di questo apparecchio è stata pubblicata dall’utente Winkelhaken, su Flickr, insieme a tantissimo altro materiale di interesse tipografico: specimen di caratteri di varie epoche, opuscoli, schede illustrative, pagine di manuali (in tedesco).

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