Macchine da scrivere: sovietiche, Mercedes, Visible, Kolibri
Davo un’occhiata alle macchine da scrivere in vendita al momento su Ebay. Le principali marche sono Underwood, Royal, Remington, Smith Corona, a cui si aggiungono Olympia ed Hermes. La Olivetti non compare in alto, ma c’è: una Lettera 32 portatile con tanto di valigetta. Tipico colore blu spento. Mi pare che ci manchi il numero 1, ma non il numero 0. Ci sono invece i simboli ¼ e ½, la chiocciola e la c barrata, simbolo del centesimo. Manca il simbolo della lira o sterlina. Il venditore è spagnolo.
Quattro cose invece mi hanno colpito. Prima di tutto le macchine da scrivere sovietiche. Sulla prima non c’era una marca da nessuna parte. Neanche sulla confezione. Ho pensato che in assenza di concorrenza, non c’è neanche bisogno di marche o loghi. Però su un’altra macchina da scrivere sovietica in vendita c’è scritto Mockba (all’incirca. Tutti caratteri cirillici che hanno la stessa forma dei corrispondenti caratteri italiani, ma significato diverso. La c corrisponde alla s, la b alla v. Il nome è quello della capitale russa, Mosca).
Possibile che fosse il nome del modello, visto che anche lì probabilmente avevano modelli diversi a seconda delle esigenze, non necessariamente numerati?
Mi rendo conto che non ho idea di come potesse funzionare il mercato di macchine da scrivere da quelle parti.
Poi, noto che nell’elenco compare una Mercedes. Non un’automobile, una macchina da scrivere. E anche questa per me è una novità. Non sapevo che la Mercedes avesse lavorato in questo ambito. In effetti mi pare che Wikipedia non dica niente in proposito. Ed è un’ignoranza non da poco da parte mia, tenuto conto che il Typewriter Database elenca un gran numero di modelli dal 1907 al 1961.
Wikipedia fa un solo accenno nella pagina in inglese dedicata alla Daimler, dicendo che durante la crisi tedesca degli anni Venti l’azienda produsse anche biciclette e macchine da scrivere per sopravvivere.
C’è anche qualche accenno ad una calcolatrice elettromeccanica di marca Mercedes risalente agli anni 40, ma se ne sa ben poco.
Tornando alle macchine da scrivere, i due modelli che mi colpiscono di più sono la Pittsburg Visible e la Kolibri Groma.
La prima ha un aspetto abbastanza improbabile: manca completamente la carrozzeria, tutti i meccanismi sono allo scoperto. In effetti si tratta di un modello primitivo, una versione successiva della Daugherty Visible del 1890. La parola Visible non si riferisce però al meccanismo interno, ma alle parole sul foglio. Fino ad allora le macchine da scrivere erano fatte con i martelletti che spingevano dal basso verso l’alto. Non si poteva vedere cosa si era scritto fino a quando non si estraeva il foglio dal rullo. Coi nuovi sistemi inventati alla fine dell’ottocento i martelletti spingevano in avanti, e varie leve rimuovevano il nastro inchiostrato quando non serviva. L’operatore così poteva vedere quali lettere aveva appena battuto. Il sistema rimase in vigore fino alla fine dell’era delle macchine da scrivere.
La Kolibri Groma invece è molto più recente, seconda metà del Novecento, e colpisce perché è molto piatta. È bassissima, e ha una bella linea.
Non conosco neanche la marca, anche se quella K e quella G mi fanno pensare all’Europa dell’est. E infatti: viene dalla Germania Est, ovvero la Repubblica Democratica Tedesca.
Il sito Typewriter Review ironizza: “Se la Apple avesse fatto una macchina da scrivere, sarebbe stata una Kolibri”. Ultra-piatta, ultra-meravigliosa, ultra-chic, dice il sito. Che non considererei troppo attendibile. Inoltre non si pone il problema delle date.
Il blogger Kalachuchi Atbp pubblica belle foto dei dettagli della macchina (anche una vicino ad un cellulare, per mettere in scala le dimensioni), e ci aggiunge qualche data: 1954-1963.
Successivamente, fino al decennio successivo, la stessa azienda produsse la Kolibri Luxus, che ha “l’aspetto degli psichedelici Settanta”, dice il blogger. “Più bella da vedere che da usare”, la definisce il Typewriter Database, “la Colibrì è probabilmente una delle ultra-portatili più sexy mai fabbricate”.
Quattro cose invece mi hanno colpito. Prima di tutto le macchine da scrivere sovietiche. Sulla prima non c’era una marca da nessuna parte. Neanche sulla confezione. Ho pensato che in assenza di concorrenza, non c’è neanche bisogno di marche o loghi. Però su un’altra macchina da scrivere sovietica in vendita c’è scritto Mockba (all’incirca. Tutti caratteri cirillici che hanno la stessa forma dei corrispondenti caratteri italiani, ma significato diverso. La c corrisponde alla s, la b alla v. Il nome è quello della capitale russa, Mosca).
Possibile che fosse il nome del modello, visto che anche lì probabilmente avevano modelli diversi a seconda delle esigenze, non necessariamente numerati?
Mi rendo conto che non ho idea di come potesse funzionare il mercato di macchine da scrivere da quelle parti.
Poi, noto che nell’elenco compare una Mercedes. Non un’automobile, una macchina da scrivere. E anche questa per me è una novità. Non sapevo che la Mercedes avesse lavorato in questo ambito. In effetti mi pare che Wikipedia non dica niente in proposito. Ed è un’ignoranza non da poco da parte mia, tenuto conto che il Typewriter Database elenca un gran numero di modelli dal 1907 al 1961.
Wikipedia fa un solo accenno nella pagina in inglese dedicata alla Daimler, dicendo che durante la crisi tedesca degli anni Venti l’azienda produsse anche biciclette e macchine da scrivere per sopravvivere.
C’è anche qualche accenno ad una calcolatrice elettromeccanica di marca Mercedes risalente agli anni 40, ma se ne sa ben poco.
Tornando alle macchine da scrivere, i due modelli che mi colpiscono di più sono la Pittsburg Visible e la Kolibri Groma.
La prima ha un aspetto abbastanza improbabile: manca completamente la carrozzeria, tutti i meccanismi sono allo scoperto. In effetti si tratta di un modello primitivo, una versione successiva della Daugherty Visible del 1890. La parola Visible non si riferisce però al meccanismo interno, ma alle parole sul foglio. Fino ad allora le macchine da scrivere erano fatte con i martelletti che spingevano dal basso verso l’alto. Non si poteva vedere cosa si era scritto fino a quando non si estraeva il foglio dal rullo. Coi nuovi sistemi inventati alla fine dell’ottocento i martelletti spingevano in avanti, e varie leve rimuovevano il nastro inchiostrato quando non serviva. L’operatore così poteva vedere quali lettere aveva appena battuto. Il sistema rimase in vigore fino alla fine dell’era delle macchine da scrivere.
La Kolibri Groma invece è molto più recente, seconda metà del Novecento, e colpisce perché è molto piatta. È bassissima, e ha una bella linea.
Non conosco neanche la marca, anche se quella K e quella G mi fanno pensare all’Europa dell’est. E infatti: viene dalla Germania Est, ovvero la Repubblica Democratica Tedesca.
Il sito Typewriter Review ironizza: “Se la Apple avesse fatto una macchina da scrivere, sarebbe stata una Kolibri”. Ultra-piatta, ultra-meravigliosa, ultra-chic, dice il sito. Che non considererei troppo attendibile. Inoltre non si pone il problema delle date.
Il blogger Kalachuchi Atbp pubblica belle foto dei dettagli della macchina (anche una vicino ad un cellulare, per mettere in scala le dimensioni), e ci aggiunge qualche data: 1954-1963.
Successivamente, fino al decennio successivo, la stessa azienda produsse la Kolibri Luxus, che ha “l’aspetto degli psichedelici Settanta”, dice il blogger. “Più bella da vedere che da usare”, la definisce il Typewriter Database, “la Colibrì è probabilmente una delle ultra-portatili più sexy mai fabbricate”.
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