Tipografia Portoghese - Altamura Bari
Che ci fa una tipografia portoghese ad Altamura, provincia di Bari?
Niente. Anche se nell’insegna sono state utilizzate tutte minuscole, bisognerebbe metterci qualche maiuscola. Non si tratta di una tipografia portoghese ma della Tipografia Portoghese, fondata nel 1891 da Francesco Portoghese e gestita successivamente dai suoi figli, nel convento di Sant Antonio.
L’azienda era attiva fino al 2000. Dieci anni dopo è stata riconvertita in museo.
L’elenco delle macchine presenti si può trovare sul sito dell’Aimsc, Associazione Italiana Musei della Stampa e della Carta.
C’è una macchina pianocilindrica Arbizzoni di Monza, metà dell’Ottocento, e una Urania 1622, circa la stessa epoca, ma per formati più piccoli.
Un tagliacarte tedesco della ditta Kraus (“antichissimo”), foratrice a pettine a mano, dorsatrice, macchina per stampa a rilievo chimico dei primi del Novecento, una Heidelberg “a stella automatica”, una piano cilindrica degli anni 50, una pedalina Saroglia, e poi banconi di caratteri sia in legno che in piombo.
Il sito fornisce una carrellata di foto delle macchine, dei caratteri, dei manifesti appesi alle pareti.
Il museo ha una pagina Facebook attiva. Pochi giorni fa nei locali della tipografia c’è stata la presentazione di un libro.
Ad aprile invece è stato postato un bel video, di un minuto appena, in cui si mostra il modo in cui veniva composto un testo con i caratteri mobili. “Le sapienti mani di Gennaro Zaccaria” vengono inquadrate mente selezionano i caratteri uno a uno, poi fissano il tutto all’interno della cornice prima di procedere alla stampa.
La macchina utilizzata è la famosa pedalina Saroglia.
Pochi mesi fa l’istituto Tecnico Tecnologico Nervi-Galilei di Altamura è stato in visita al museo, pubblicando un resoconto e qualche foto.
Anche qui si nomina un “tagliacarte Kraus”, come sul sito dell’Aimsc. Ma che cos’è? Come è fatto?
Cercando su internet non trovo niente, fino a quando girando tra le foto pubblicate dall’Aimsc stessa non lo vedo: sopra c’è scritto Krause.
A quel punto è facile trovare le fotografie, anche se le spiegazioni del funzionamento sono più difficili da trovare. È un apparecchio con una ruota, e una barra metallica obliqua.
Una foto in bianco e nero è stata pubblicata accanto all’annuncio della nascita di un Museo della Tipografia a Napoli, a giugno dell’anno scorso.
Un ex tipografo aveva avuto l’idea di donare le sue macchine al Comune, per tramandare alle nuove generazioni le basi di un mestiere che altrimenti andrebbe perduto, essendo stato sostituito da tecnologie completamente diverse. Le procedure burocratiche per permettere il passaggio di proprietà erano state complicate, e non erano ancora terminate: si cercavano ancora fondi per adibire i locali a museo.
Il sito Metaprintart già a ottobre del 2012 aveva pubblicato un articolo sull’idea di aprire il museo a Napoli. Si tratta di una bella intervista all’ideatore del progetto, un tempo titolare della storica tipografia Arti Grafiche Falcone.
Purtroppo a marzo di quest’anno ancora il progetto era in discussione nella Commissione Cultura. “Una storia che non merita altri ritardi”, diceva la presidente. I locali da adibire a museo erano ancora senza corrente elettrica.
Sul sito dell’Aimsc hanno provato a realizzare una cartina dei musei tipografici presenti in Italia. È incompleta (manca perfino il museo di Altamura, di cui si parla sullo stesso sito), ma soprattutto è sbilanciata. Tutti i musei segnalati si trovano al centro-nord (il più meridionale è il museo della carta di Fabriano). Nessuno al sud, con un’unica eccezione: il Museo della Stampa Città di Lecce, quasi sulla punta del tacco dello Stivale, lontanissimo da tutti gli altri.
Niente. Anche se nell’insegna sono state utilizzate tutte minuscole, bisognerebbe metterci qualche maiuscola. Non si tratta di una tipografia portoghese ma della Tipografia Portoghese, fondata nel 1891 da Francesco Portoghese e gestita successivamente dai suoi figli, nel convento di Sant Antonio.
L’azienda era attiva fino al 2000. Dieci anni dopo è stata riconvertita in museo.
L’elenco delle macchine presenti si può trovare sul sito dell’Aimsc, Associazione Italiana Musei della Stampa e della Carta.
C’è una macchina pianocilindrica Arbizzoni di Monza, metà dell’Ottocento, e una Urania 1622, circa la stessa epoca, ma per formati più piccoli.
Un tagliacarte tedesco della ditta Kraus (“antichissimo”), foratrice a pettine a mano, dorsatrice, macchina per stampa a rilievo chimico dei primi del Novecento, una Heidelberg “a stella automatica”, una piano cilindrica degli anni 50, una pedalina Saroglia, e poi banconi di caratteri sia in legno che in piombo.
Il sito fornisce una carrellata di foto delle macchine, dei caratteri, dei manifesti appesi alle pareti.
Il museo ha una pagina Facebook attiva. Pochi giorni fa nei locali della tipografia c’è stata la presentazione di un libro.
Ad aprile invece è stato postato un bel video, di un minuto appena, in cui si mostra il modo in cui veniva composto un testo con i caratteri mobili. “Le sapienti mani di Gennaro Zaccaria” vengono inquadrate mente selezionano i caratteri uno a uno, poi fissano il tutto all’interno della cornice prima di procedere alla stampa.
La macchina utilizzata è la famosa pedalina Saroglia.
Pochi mesi fa l’istituto Tecnico Tecnologico Nervi-Galilei di Altamura è stato in visita al museo, pubblicando un resoconto e qualche foto.
Anche qui si nomina un “tagliacarte Kraus”, come sul sito dell’Aimsc. Ma che cos’è? Come è fatto?
Cercando su internet non trovo niente, fino a quando girando tra le foto pubblicate dall’Aimsc stessa non lo vedo: sopra c’è scritto Krause.
A quel punto è facile trovare le fotografie, anche se le spiegazioni del funzionamento sono più difficili da trovare. È un apparecchio con una ruota, e una barra metallica obliqua.
Una foto in bianco e nero è stata pubblicata accanto all’annuncio della nascita di un Museo della Tipografia a Napoli, a giugno dell’anno scorso.
Un ex tipografo aveva avuto l’idea di donare le sue macchine al Comune, per tramandare alle nuove generazioni le basi di un mestiere che altrimenti andrebbe perduto, essendo stato sostituito da tecnologie completamente diverse. Le procedure burocratiche per permettere il passaggio di proprietà erano state complicate, e non erano ancora terminate: si cercavano ancora fondi per adibire i locali a museo.
Il sito Metaprintart già a ottobre del 2012 aveva pubblicato un articolo sull’idea di aprire il museo a Napoli. Si tratta di una bella intervista all’ideatore del progetto, un tempo titolare della storica tipografia Arti Grafiche Falcone.
Purtroppo a marzo di quest’anno ancora il progetto era in discussione nella Commissione Cultura. “Una storia che non merita altri ritardi”, diceva la presidente. I locali da adibire a museo erano ancora senza corrente elettrica.
Sul sito dell’Aimsc hanno provato a realizzare una cartina dei musei tipografici presenti in Italia. È incompleta (manca perfino il museo di Altamura, di cui si parla sullo stesso sito), ma soprattutto è sbilanciata. Tutti i musei segnalati si trovano al centro-nord (il più meridionale è il museo della carta di Fabriano). Nessuno al sud, con un’unica eccezione: il Museo della Stampa Città di Lecce, quasi sulla punta del tacco dello Stivale, lontanissimo da tutti gli altri.
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