Prisma
Mi aveva colpito il Prisma, disegnato da Dieter Steffman e disponibile gratuitamente su Dafont con licenza 100% free.
Lì è datato 2011, ma è chiaro che l’idea è precedente. È il revival di qualcosa di più vecchio, che a me ricorda gli anni 70 e la disco music.
Vado a cercare il tag “disco” su Myfonts, e arrivo a qualcosa di simile, ma sempre recente: il Vibro, di Max Philips, datato 2011. Descrizione molto articolata, ma nessuna informazione storica.
Continuo a scendere ed ecco il Prism, di Sascha Timplan, anno 2013. Ispirato dagli schizzi di Rudolf Koch per il Prisma.
Insomma torniamo al punto di partenza, o meglio al nome di partenza. In origine il carattere si chiamava veramente Prisma. Solo che l’epoca non era quella che avevo pensato io: Identifont data il tutto al 1930, e fornisce una lunga serie di font derivati, che hanno nomi simili a dichiarare apertamente la loro ispirazione (a cui ovviamente si aggiungono i tanti che hanno scelto nomi completamente diversi, come ha fatto il Vibro che abbiamo visto prima. Che, tra le altre cose, è taggato anche “drug” , tanto per curiosità).
Avevo notato qualche dettaglio che mi ricordava il Kabel: la forma della Q, per esempio, o la R, o la G, o la M trapezoidale. E infatti Koch è quello che ha disegnato anche il Kabel.
Nel Prisma le lettere sono solo maiuscole, composte da 5 sottili linee nere che si alternano con altrettante bianche.
Dice la biografia di Identifont che Koch era molto religioso, e cercava di unire vita e lavoro in un’unica armonia. Scoprì l’art nouveau e iniziò a fare esperimenti con la calligrafia già dalla fine dell’Ottocento. Era tedesco, e morì nella prima metà degli anni Trenta.
Tra le sue creazioni c’è anche il Neuland, il cui stile è citato come fonte di ispirazione per il logo di Jurassic Park.
Uno degli usi del Prisma segnalati da Fonts In Use è la copertina del singolo dei Pink Floyd Money (il retro, mi pare). Sull’altro lato c’era invece il famoso prisma che sta pure sulla copertina dell’album The Dark Side of the Moon, da cui il singolo era estratto. E il font utilizzato era lo strano Baby Teeth, usatissimo in ambito musicale, dagli anni 60 in poi (un manifesto di Bob Dylan).
Lì è datato 2011, ma è chiaro che l’idea è precedente. È il revival di qualcosa di più vecchio, che a me ricorda gli anni 70 e la disco music.
Vado a cercare il tag “disco” su Myfonts, e arrivo a qualcosa di simile, ma sempre recente: il Vibro, di Max Philips, datato 2011. Descrizione molto articolata, ma nessuna informazione storica.
Continuo a scendere ed ecco il Prism, di Sascha Timplan, anno 2013. Ispirato dagli schizzi di Rudolf Koch per il Prisma.
Insomma torniamo al punto di partenza, o meglio al nome di partenza. In origine il carattere si chiamava veramente Prisma. Solo che l’epoca non era quella che avevo pensato io: Identifont data il tutto al 1930, e fornisce una lunga serie di font derivati, che hanno nomi simili a dichiarare apertamente la loro ispirazione (a cui ovviamente si aggiungono i tanti che hanno scelto nomi completamente diversi, come ha fatto il Vibro che abbiamo visto prima. Che, tra le altre cose, è taggato anche “drug” , tanto per curiosità).
Avevo notato qualche dettaglio che mi ricordava il Kabel: la forma della Q, per esempio, o la R, o la G, o la M trapezoidale. E infatti Koch è quello che ha disegnato anche il Kabel.
Nel Prisma le lettere sono solo maiuscole, composte da 5 sottili linee nere che si alternano con altrettante bianche.
Dice la biografia di Identifont che Koch era molto religioso, e cercava di unire vita e lavoro in un’unica armonia. Scoprì l’art nouveau e iniziò a fare esperimenti con la calligrafia già dalla fine dell’Ottocento. Era tedesco, e morì nella prima metà degli anni Trenta.
Tra le sue creazioni c’è anche il Neuland, il cui stile è citato come fonte di ispirazione per il logo di Jurassic Park.
Uno degli usi del Prisma segnalati da Fonts In Use è la copertina del singolo dei Pink Floyd Money (il retro, mi pare). Sull’altro lato c’era invece il famoso prisma che sta pure sulla copertina dell’album The Dark Side of the Moon, da cui il singolo era estratto. E il font utilizzato era lo strano Baby Teeth, usatissimo in ambito musicale, dagli anni 60 in poi (un manifesto di Bob Dylan).
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